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Edilizia, nonostante la crisi aumentano del 16,5% le malattie professionali

Ieri c’è stato l’ennesimo infortunio fatale in un cantiere. In Friuli, a Roveredo in Piano, in provincia di Pordenone, dove un operaio di 53 anni è morto schiacciato da una lastra di metallo pesante alcuni quintali. Un evento che dimostra come, nonostante la crisi del settore delle costruzioni, nei cantieri si continui ad infortunarsi e a morire. E dal 2013 le malattie professionali sono cresciute del 16,4%. L’analisi di Franco D’Amico, consulente ed esperto di Anmil

di Franco D'Amico

L’impatto della crisi economica sul settore delle costruzioni è stato devastante. Mentre in tutti gli altri settori di attività industriale, la crisi è ormai alle spalle e i segni positivi nei livelli produttivi e occupazionali sono iniziati a manifestarsi già a partire dal 2014, segnando poi ritmi sempre crescenti negli anni successivi, nelle costruzioni i primi timidi segnali di risveglio si sono avvertiti soltanto nell’ultimo anno.

Il bilancio complessivo dei posti di lavoro persi a causa della grave crisi economica è di circa 600.000 unità; considerando l’indotto si arriva a quasi 900.000 posti di lavoro. Da quasi 2 milioni di occupati del 2008, anno di inizio della crisi, si è scesi ininterrottamente fino a 1,4 milioni nel 2016 e il dato ritorna finalmente in terreno positivo solo a partire dal primo trimestre 2017, ma i dati più recenti non danno ancora evidenza di una tendenza univoca e ben delineata. Nei primi nove mesi del 2017, il numero di occupati nelle costruzioni si attesta sui bassi livelli dello stesso periodo dell’anno precedente (+0,1%).

Tale risultato deriva da una dinamica altalenante: dopo un inizio di anno lievemente positivo (+0,6% rispetto al primo trimestre 2016), il numero di occupati si riduce nei tre mesi successivi (-2,1%) per poi tornare positivo nel terzo trimestre 2017 (+1,8%). La perdita di posti di lavoro ha riguardato sia i lavoratori dipendenti, sia, in misura ancora maggiore, quelli autonomi.

Come sottolineato dall'ANCE, su tale dinamica ha inciso e, in modo preponderante, il dato ancora fortemente negativo delle opere pubbliche, comparto che invece avrebbe dovuto trainare la ripresa degli investimenti in costruzioni, date le importati misure di rilancio per le infrastrutture previste dal Governo già nella Legge di Bilancio del 2017. Queste misure, tuttavia, non hanno decisamente prodotto gli effetti sperati, a causa dell’incapacità di tradurre in cantieri le risorse disponibili e per l’inefficienza nelle procedure di spesa da parte della Pubblica Amministrazione.

Il 2018 potrebbe comunque rappresentare l’anno di svolta per il settore delle costruzioni. La previsione Ance è di un aumento degli investimenti in costruzioni del 2,4% su base annua. Questo nuovo trend sarà guidato dal prolungamento della crescita del comparto della riqualificazione del patrimonio abitativo, dall’importante e atteso cambio di segno nelle opere pubbliche – dopo oltre un decennio di forti cali – e dall’auspicato recupero dei livelli produttivi nella nuova edilizia abitativa. A ciò si aggiunga il consolidarsi della ripresa del comparto non residenziale privato.

La crisi ha avuto, naturalmente, profonde ripercussioni anche dal lato delle imprese delle costruzioni: tra il 2008 ed il 2015, sono uscite dal settore quasi 120.000 aziende (-18,8%). Un dato ancora peggiore riguarda, nello specifico, l’andamento delle medie imprese (quelle da 10 a 49 addetti): in questa categoria ha cessato l’attività il 41,5% delle imprese. Dal 2016, fortunatamente,si segnala una certa ripresa che è proseguita anche nel 2017 e nell’anno in corso.

Parallelamente al calo del lavoro (sia in termini di occupati che di ore lavorate) e del numero di imprese attive, il numero degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni si è drasticamente ridotto sia nel periodo acuto della crisi (2008-2012) come avvenuto anche negli altri settori del ramo industriale, ma nelle costruzioni è proseguito anche nel successivo quinquennio (2013-2017) facendo segnare una flessione di oltre il 20% a fronte di un più modesto -8% dell’intero sistema produttivo.

Meno intensa, rispetto agli infortuni, è stata la dinamica delle morti sul lavoro nelle costruzioni che dai 145 casi del 2013 fa registrare una crescita nel 2014 fino al picco del 2015 (179 casi) per riscendere nel 2016 e praticamente tornare ai livelli iniziali nel 2017 (140 decessi, dato provvisorio).

In netta controtendenza con l’andamento degli infortuni, ma in perfetta linea con tutti gli altri settori di attività, le malattie professionali nelle costruzioni hanno proseguito la loro corsa al rialzo che era iniziata dal 2008, quando la nuova “Tabella delle malattie professionali” aveva inserito le patologie muscolo-scheletriche tra quelle esentate dall’”onere della prova”, le cui denunce sono così aumentate in misura vorticosa fino al 2016. Nel 2017 la spinta delle patologie “sommerse” sembra essersi esaurita e così in tutti i settori, comprese le costruzioni, si registra un deciso calo. Comunque nelle costruzioni la crescita nel quinquennio è stata pari ad oltre il 16%, passando da meno di 7.000 a 8.000 casi; di questi ben il 70% è rappresentato da patologie dell’apparato muscolo-scheletrico.


*Franco D'Amico è consulente ed esperto di Anmil


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