Famiglia & Minori

Adozioni internazionali: Paesi a rischio, uscire o restare?

Emergenze socio-sanitarie e crisi politiche rendono sempre meno sicuri gli iter adottivi. La soluzione? Il dialogo fra Paesi d’accoglienza e d’origine. L'analisi sul numero del magazine in distribuzione a firma di Milena Santerini, ordinario di Pedagogia interculturale dell'Università Cattolica di Milano

di Milena Santerini

Sarebbe fuorviante trovare una sola spiegazione al drastico calo delle adozioni internazionali in Italia e in quasi tutti i Paesi occidentali. Possiamo individuare varie cause di questo fenomeno che non è necessariamente, va detto subito, un buon segnale: non significa, cioè, che ormai tutti i bambini del mondo hanno visto soddisfatto il loro bisogno di famiglia.

Il panorama internazionale
L’aspetto economico può incidere, ma solo marginalmente. C’è anche l’aspetto socio-culturale, con la crescita delle possibilità di tecniche di fecondazione artificiale, l’invecchiamento demografico, la riluttanza ad adottare bambini grandicelli o special needs e non ultimo l’assedio della paura: una visione pessimista che considera quasi impossibile l’adozione.

Un aspetto molto significativo risiede però nel cambiamento del panorama internazionale. Nel giro di due decenni molti Paesi hanno chiuso le adozioni o le hanno rese più di cili (si pensi all’Est Europa), a volte per motivi di conflitto politico (Russia-Usa). Si aggiunga che molti Paesi africani soffrono di instabilità. Crisi politiche, emergenze sociosanitarie o ambientali insorgono a volte all’improvviso e bloccano le adozioni per anni. Più spesso, vari Paesi rallentano o chiudono le adozioni per dimostrare che ormai gli standard del sistema assistenziale al loro interno hanno raggiunto buoni livelli. Da qui la selezione di bambini solo “special needs”. La Convenzione dell’Aja e la legge italiana affermano giustamente il principio di sussidiarietà, ma il fatto è che le adozioni nazionali all’interno dei Paesi d’origine sono ben lontane dall’offrire le stesse garanzie di quella internazionale. Un conto è promuovere le adozioni nazionali, un conto poter dire che siano e effettivamente realizzate nel pieno rispetto del diritto del bambino/a o che si siano forniti servizi domiciliari tali da svuotare gli istituti di accoglienza.

È aumentata giustamente poi la vigilanza da parte delle istituzioni internazionali nei confronti dei Paesi dove le garanzie sono più scarse. Tuttavia, in questi Paesi “difficili” il problema non è soltanto il rischio di corruzione o frode. I casi di mediatori senza scrupoli che guadagnano sulle famiglie povere pur- troppo esistono. Il ruolo del Permanent Bureau dell’Aja – Hcch, accanto a quello di controllo, deve essere soprattutto di prevenzione e di promozione. Le adozioni, prima che essere un possibile campo di abusi, sono una grande strategia di solidarietà tra famiglie del mondo e in quanto tali non devono essere scoraggiate, bensì aiutate.

Le ragioni di chi chiude
Esistono, infatti, fattori più generali che inquinano le adozioni, senza dover pensare in modo superficiale solo a un dolo voluto, a madri scellerate e a corruzione. In molti Paesi l’anagrafe funziona male ed è incompleta, esponendo quindi i bambini all’invisibilità e incertezza sui dati. Inoltre, varie altre procedure amministrative possono essere sommarie anche per carenza di strumenti adeguati (anagrafe informatica).

In altri l’idea stessa di abbandono del bambino non è contemplata, tanto che alcune leggi (ad esempio in Asia) parlano solo di adozione di “orfani” mentre i bambini hanno nella maggior parte dei casi genitori viventi che però non si curano di loro.

In Italia, per determinare l’adottabilità, chiameremmo abbandono da parte dei genitori (non deceduti) la mancanza di assistenza materiale e morale o di relazioni significative. Una nozione così complessa viene determinata caso per caso, nell’interesse del minore (concetto relativo e non assoluto). Altrove, dove rimane quasi esclusiva l’idea di filiazione biologica, questa possibilità non viene contemplata, come se fosse difficile anche solo “pensare” altre possibilità di abbandono che non siano la morte dei genitori. Nei Paesi con alto livello di protezione dell’infanzia deciderebbe un Tribunale (anche con la sospensione o il decadimento della potestà genitoriale), ma in molti Paesi d’origine questo non avviene. La decisione dell’adottabilità, che necessita di un’accurata inchiesta da parte dei servizi sociali e dei giudici, spesso viene presa quasi soltanto a seguito di indagini di polizia, mentre è soprattutto l’aspetto sociale che andrebbe esaminato…


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