Economia & Impresa sociale 

Bandi per il non profit: alziamo la percentuale dei costi indiretti

«Innalzando il limite percentuale dei costi overhead forfettari, l’organizzazione potrà avere risorse sufficienti per una gestione armonica della struttura ed essere più performante nel perseguire gli obiettivi sociali», propone il Ceo di Human Foundation

di Federico Mento

L’articolo di Carola Carazzone, Due miti da sfatare per evitare l’agonia per progetti del terzo settore, ha avviato un dibattito vivace su come affrontare il “paradosso del ciclo di vita” dei progetti. Non torno sull’analisi del segretario generale di Assifero che, come ho scritto in passato, ritengo sia stata assolutamente salutare; vorrei piuttosto provare a prefigurare alcune ipotesi di lavoro che credo possano aiutare il sistema Donatori-Enti del Terzo Settore, in una fase così delicata e critica.

L'iniziativa che in primo luogo i Grandi Donatori, sia Fondazioni d’origine bancaria che d’impresa, potrebbero mettere in campo con relativa semplicità, è collegata al tema dei costi indiretti delle attività progettuali. I costi indiretti o overhead rappresentano quei costi eleggibili che l’organizzazione beneficiaria di un grant non può attribuire direttamente al singolo progetto. Si tratta, quindi, di costi di struttura, di natura amministrativa, tecnica e logistica, strumentali alle attività dell’organizzazione e “trasversali” ai differenti progetti nei quali l’organizzazione è impegnata. Gran parte della bandistica consente alle organizzazioni di rendicontare forfettariamente gli overhead, senza dover produrre giustificativi rispetto ai costi sostenuti.

Nel tempo, il tetto percentuale dei costi indiretti è stato costantemente ridotto, tanto che oggi non supera il 5% dell’intero grant. Se, come giustamente osservava Carazzone, l’approccio della progettazione PCM (Project Cycle Management) “assume che il progetto non copra i salari dei dipendenti ma che dei collaboratori ad hoc vengano assunti per la durata del progetto”, risulta evidente come si vada a determinare uno spostamento di risorse tra la componente “core” dell’organizzazione a vantaggio di figure esterne, ingaggiate ad hoc. La struttura, che a mio avviso determina la qualità dell’organizzazione in termini di efficienza, di processo nel raggiungere gli obiettivi, si trova così costantemente sottofinanziata: la scarsezza delle risorse non può che influenzare negativamente l’implementazione delle attività. Forse la soluzione è proprio “sopra la nostra testa”, o meglio nell’overhead; innalzando il limite percentuale dei costi indiretti forfettari, l’organizzazione potrà avere risorse sufficienti per una gestione armonica della struttura ed essere più performante nel perseguire gli obiettivi sociali.

Supponiamo, ad esempio, che si stabilisca di avere una quota di costi indiretti superiore al 10%, nel caso di un grant da 100mila euro, sarebbero 10mila euro di risorse che andrebbero al rafforzamento della struttura. Certo, si tratta di una soluzione ancora molto distante dall’approdo che prefigurava la dirigente di Assifero, ovvero sostenere la missione di un’organizzazione in luogo di finanziare un’attività specifica e limitata nel tempo, ma potrebbe rappresentare un primo, timido passo verso una differente gestione dei processi di grant, che faccia uscire il Terzo Settore dall'asfissia da progetto.


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