Politica & Istituzioni

Il reddito di cittadinanza renderà insostenibile welfare e immigrazione

Non è il milione di nuovi cittadini italiani a preoccupare per la tenuta del cosiddetto "reddito di cittadinanza", ma l'inevitabile estensione di un sussidio che, Costituzione alla mano, la magistratura nei prossimi mesi garantirà anche agli immigrati. Proprio loro rappresentano, soprattutto al Nord, i nuclei famigliari maggiormente esposti alla povertà assoluta. Conseguenza inevitabile: rendere inconciliabile immigrazione e assistenza pubblica. Con ripercussioni sociali e culturali che non possiamo prevedere

di Marco Dotti

A criticare l’etichetta era stato già Domenico De Masi, non certo astioso negli anni scorsi nei confronti del M5S. Il sociologo, infatti, commentando il disegno di legge depositato in Senato il 29 ottobre 2013, con prima firmataria Nunzia Catalfo, spiegava: «questo disegno di legge ha il difetto di chiamare “reddito di cittadinanza” ciò che, anche da una lettura superficiale, risulta essere semplice reddito di inclusione». Ma, proseguiva De Masi, quel disegno di legge «ha il merito di aver posto il problema con una consapevolezza e una completezza encomiabili».

Nel disegno di legge del 2013 c’era già tutto. C’era l’idea di una banca dati di un sistema informatico nazionale per l’impiego e c’era, soprattutto, l’idea che i beneficiari del reddito di cittadinanza (che, di cittadinanza, non era e non è) seguano corsi di formazione e si impegnino a trovare un lavoro. C’era, però, anche una diversa visione del futuro. Apocalittica e da jobless society, se vogliamo legata a distopie tecnologiche ("i robot ci toglieranno il lavoro, dobbiamo attrezzarci"). Oggi, il passaggio dalle intenzioni ai fatti, oltre a reggersi sulla stessa confusione di fondo, non ha più visioni apocalittiche alle spalle. Le ha davanti. Il sussidio spacciato per reddito di cittadinanza può essere, infatti, l'innesco del caos.

Il problema, infatti, non è il milione e passa di nuovi cittadini italiani a cui il reddito verrà esteso. L’Italia, ricordiamolo, è un Paese a maglia larga (molto larga) nella concessione delle nuove cittadinanze: 224mila sono stati i "nuovi" italiani nel 2017, secondo la Fondazione Ismu. Anche se un terzo di loro ha meno di 15 anni.

Fondazione Ismu rimarca come il numero dei nuovi cittadini è cresciuto in modo costante in questi anni, passando dai 65mila del 2012 ai 101mila del 2013, ai 130mila del 2014, per arrivare ai 178mila nel 2015, fino ai 202mila nel 2016. In totale, negli ultimi sei anni, i nuovi cittadini sono stati 900mila, cifra che sale a 1,1 milioni se consideriamogli ultimi dieci anni. Il problema, però, non è questo "milione". Il problema o, meglio, l'innesco della miccia è altrove, tra gli immigrati non cittadini che faranno ricorso per ottenere un diritto che, inevitabilmente, verrà loro esteso. Lo dice la Costituzione.

Natale Forlani – già segretario confederale della Cisl, grande esperto in tema di migrazioni e sistema sociale, nonché ex direttore generale dell'Immigrazione del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali – ci spiega che la condizione di povertà assoluta in cui versano i nuclei famigliari composti da immigrati: si calcola siano il 40%m con un’incidenza 8 volte superiore agli italiani. Dati Istat.

Una stima fatta da esperti mostra dunque che oltre il 40% dei nuclei famigliari presenti nell’Italia settentrionale e potenziali aventi diritto al sussidio sono di origine straniera.

Quindi, prosegue ancora Forlani, la previsione di riservare unicamente ai cittadini italiani la partecipazione al sussidio va contro le direttive europee e i pronunciamenti della Corte Costituzionale. Un caso? Il recente “bonus bebè” esteso anche ai “non a lungo soggiornanti”. Conseguenza? Catastroficamente chiara: nel giro di qualche mese, anche senza nuovi pronunciamenti della Corte Costituzionale, la magistratura estenderà l’istituto del “reddito di cittadinanza” a tutti gli immigrati. Sarà un disastro. Anche tenendo conto che gli immigrati hanno meno patrimonio ai fini Isee.

Ma, aggiunge Natale Forlani, il disastro non sta nell’estensione ai migranti e nemmeno – forse – nelle tensioni sociali che un provvedimento promosso come fonte di inclusione genererà. Il disastro sarà prodotto dalla logica interna, profondamente asimmetrica e sballata, del provvedimento. Un provvedimento che renderà inconciliabile welfare e immigrazione.


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