Attivismo civico & Terzo settore

Miliardari e fondazioni USA. La guida

Un vademecum in tre step con tutto quello ce c'è da sapere per avvicinarsi al mercato della filantropia americana

di Martina Bacigalupi

1. Più ricchi = più generosi? Non è detto

I più ricchi sono anche i più generosi? Purtroppo sappiamo che non è necessariamente così, neanche negli Stati Uniti, paese famoso per la sua cultura filantropica basata sul principio del “give back”. Secondo l’ultima edizione del Forbes 400, l’elenco pubblicato dalla rivista Forbes riguardante le 400 persone più ricche residenti americani, solo ventinove dei quattrocento più ricchi d’America hanno dato almeno 1 miliardo di dollari e/o il 20% del loro patrimonio netto totale a cause filantropiche. Sulla base di una stima della donazione totale nell’arco della vita, escludendo pegni o regali annunciati che devono ancora essere pagati, la lista di quest’anno include un punteggio filantropico da 1, poco generoso a 5, molto generoso. I migliori donatori sono Bill Gates, che ha donato $ 35,8 miliardi – più di chiunque altro in termini di dollari – alla Bill & Melinda Gates Foundation e George Soros, che è in cima alla lista dopo aver trasferito, nel 2017, 18 miliardi di dollari dal suo fondo Soros Management alle Fondazioni Open Society. Gli altri miliardari che hanno ricevuto un punteggio filantropico pari a 5 sono: Paul G. Allen ($ 2,6 miliardi, 11% del proprio patrimonio) e Michael R. Bloomberg ($ 6 miliardi, 10%). Settantasette dei Forbes 400 hanno ricevuto un punteggio pari a 1, compreso il presidente Donald Trump, che ha donato meno di $ 30 milioni (inferiore all’1%) della sua fortuna a cause caritatevoli o filantropiche. È chiaro quindi che i più ricchi non sono necessariamente i più generosi: su tutti l’esempio di Jeff Bezos, il più ricco secondo Forbes 400, che ha ottenuto il punteggio di 2 perché ha preso impegni di donazione senza avere ancora erogato. Questa disparità tra annunci e spesa reale è stata al centro dell’attenzione anche per altri miliardari, dal Presidente Trump a Zuckerberg.

2. Filantropia familiare o strategica? Piccolo non è bello

Il problema principale dei filantropi che decidono di devolvere il patrimonio a cause benefiche è organizzare le erogazioni in maniera strategica. La maggioranza delle fondazioni familiari americane, che ricevono grandi donazioni, ha pochissimi dipendenti (meno di 5) e scarse competenze; per questo difficilmente riesce a organizzare strategicamente il proprio patrimonio. Ecco perché spesso non accettano proposte “non sollecitate” e sono difficili da contattare e da coinvolgere per ottenere finanziamenti. Come dicono gli americani “get on their radar” attraverso i diversi mezzi di comunicazione a disposizione, ottenendo visibilità sui media locali oppure coinvolgendo i membri dei consigli di amministrazione.

La strategia per raccogliere fondi da questi donatori è fondamentalmente farsi conoscere

3. Filantropia solo per organizzazioni americane? Sicuramente no

La domanda per tutti coloro che lavorano nel non profit fuori dagli USA è se questi grandi patrimoni devoluti in beneficenza restino esclusivamente a beneficio di organizzazioni americane. In larga parte questo è vero, ma c’è ancora una buona fetta di finanziamenti provenienti da fondazioni familiari e di impresa americane che va all’estero, tra il 10 e il 15%. Pur essendo un trend in calo, le organizzazioni del terzo settore italiane hanno ancora ottime opportunità in questo mercato del fundraising.


Per approfondire la conoscenza del sistema della Fondazioni Internazionali e fornire strumenti per accedere a questo importante segmento di finanziamenti, The FundRaising School promuove il corso specialistico Fundraising con le Fondazioni Internazionali il 29 ottobre a Roma, all’interno del quale verrà analizzato lo scenario delle donazioni internazionali e le opportunità offerte al terzo settore dal mondo delle fondazioni.


da fundraisingschool.it del 18 ottobre 2018


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