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Dialoghi per il benessere a scuola

Presentati i primi risultati del progetto Family Star, esperienza innovativa che utilizza il metodo dei Family Group Conference (Riunioni di famiglia) come forma partecipata di contrasto al rischio di dispersione scolastica. Il progetto dopo la prima esperienza pilota nel Garbagnatese ha coinvolto i territori del Sud-Est Milano, Lodi, della provincia di Salerno e Valtellina

di Antonietta Nembri

Un modello di intervento sociale nato in Nuova Zelanda negli anni ottanta e pensato per contrastare lo sproporzionato allontanamento dalle famiglie dei minori Maori. Questo in origine le Family Group Conference (Fgc) o Riunioni di famiglia, che dalla Nuova Zelanda si sono diffuse a livello internazionale trovando diversi campi di applicazione come quello scolastico, come ha illustrato Gale Burford dell’Università del Vermont. Ed è proprio a questo modello che si rifà il Progetto Family Star, rivolto agli studenti a rischio che è stato realizzato in cinque territori italiani (Garbagnatese, Sud-Est Milano, Lodi, provincia di Salerno e Valtellina) nel corso degli anni scolastici 2016-17 e 2017-18. A realizzarlo l’Azienda speciale consortile Comuni insieme per lo sviluppo sociale di Bollate (capofila dell’intervento), il consorzio La Rada di Salerno, l’azienda speciale consortile del Lodigiano per i servizi alla persona di Lodi. Un progetto finanziato a livello europeo nel bando Easi Progress che si conclude a fine 2018, Fondazione Peppino Vismara di Milano e Fondazione Con il Sud e che in questi giorni ha presentato i risultati che sono stati valutati in merito a efficacia e metodologia da Asvapp di Torino e Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Il Progetto Family Star rappresenta un’esperienza innovativa applicata a quella che Francesca Maci dell’Università Cattolica di Milano definisce “zona grigia”, ossia quegli studenti della secondaria di primo grado che non sono in carico ai servizi sociali e non sono neppure tra quelli che vivono un disagio severo «a muoverci», ha detto Maci nel corso del convegno “Dialoghi per il benessere a scuola” che si è tenuto alla Cattolica di Milano, «è stata una logica preventiva così da evitare la dispersione scolastica anche nel contesto lombardo». Il modello utilizzato – le Fgc – tra le sue caratteristiche ha il fatto di essere un processo volontario e partecipativo e soprattutto di essere Child e Family centered, ossia centrato su bambini e famiglie. Secondo Maci, inoltre l’utilità del progetto sta nella promozione del protagonismo e della responsabilizzazione dei ragazzi, oltretutto le Riunioni di famiglia favoriscono relazioni positive tra genitori e insegnanti costruendo alleanze educative, offrono soluzioni pratiche per affrontare le difficoltà e incoraggiano il coinvolgimento della rete di sostegno. In pratica, sentendosi maggiormente accolti e compresi gli studenti migliorano il loro rapporto con compagni e professori e vanno più volentieri a scuola.

La particolarità della valutazione è stato l’aver applicato a un progetto di tipo sociale una metodologia più usata in sanità: il trial randomizzato. Come ha illustrato Gian Paolo Barbetta dell’Università Cattolica riferendosi al fatto che in caso di sperimentazioni sociali è difficile misurare «Dopo la prima annualità nelle scuole del garbagnatese non sono emerse differenze nelle prestazioni scolastiche, mentre si è notato un risultato positivo sulle scelte scolastiche per le superiori. Per questo nella seconda annualità del progetto si è chiesto alle scuole partecipanti di selezionare almeno 600 ragazzi così da avere un gruppo di controllo».
Tra gli studenti selezionati la maggioranza sono maschi, il 20% non sono italiani e il 34% arrivano da famiglie monoparentali. A partecipare effettivamente al progetto è stato un numero inferiore: 540 ragazzi da 34 scuole dei diversi territori. Di questi 274 sono stati inseriti nel gruppo di controllo e altrettanti in quello che avrebbe seguito il Progetto Family Star. In realtà i Colloqui di famiglia attuati hanno riguardato solo 162 soggetti «alcune famiglie hanno rifiutato di partecipare per diverse ragione, alcune hanno negato che il figlio avesse dei problemi, altre temevano di essere stigmatizzate, alcune ancora avevano paura di essere segnalate ai servizi sociali», ha continuano Barbetta che ha fatto notare come si siano registrati comunque degli effetti positivi soprattutto nei ragazzi provenienti da famiglie con una certa soglia culturale. Secondo Carole Torgerson, dell’Università di Durham quello che è stato fatto nelle scuole italiane è un «progetto pioneristico», ha definito poi come molto positivo l’aver adottato il trial randomizzato per la valutazione oggettiva del progetto, ha inoltre suggerito di ampliare la sperimentazione e di inserire anche i ragazzi con maggiori difficoltà e di non limitarsi a quelli della cosiddetta zona grigia «Il progetto è un ottimo apripista per chi si occupa di politiche sociali. Uno dei suoi successi principali è l’aver concettualizzato la sua operatività».

Al convegno in Università Cattolica gli esperti internazionali presenti come Rob Van Pagee dell’Op Kleine Schaal, ong olandese ha apprezzato l’applicazione del progetto Fgc partendo dall’area grigia all’interno del mondo scolastico «è futuristico». In Olanda, ha ricordato, le Family Group conference sono state applicate con i profughi siriani. Per van Pagee tra gli aspetti positivi delle Fgc è l’essere un metodo che «promuove la democrazia in quanto sono un luogo in cui le persone si possono incontrare e pianificare gli interventi», ma soprattutto «tutti possono far sentire la propria voce».

Francesco Tarantino e Lisa Zaquini dell’Asvap (Associazione per lo Sviluppo della Valutazione e l’Analisi delle Politiche pubbliche) hanno presentato gli effetti a breve termine che si sono potuti registrare e che vanno dalla soddisfazione dei genitori e dei ragazzi che hanno partecipato alla Fgc (84 e 81%) alla volontà di rifare l’esperienza. Alcune criticità hanno riguardato il fatto che solo il 59% delle scuole contattate ha aderito al progetto «per la scarsa fiducia nella partecipazione delle famiglie da una parte, ma anche il sorteggio per la scelta del gruppo di controllo ha suscitato delle resistenze», ha rimarcato Zaquini. In sintesi tra le difficoltà nel processo di implementazione del progetto è stata rimarcata da parte delle istituzioni scolastiche un certo scetticismo e timore nei confronti dei modelli partecipativi e relazionali soprattutto se condotti da personale esterno alla scuola. Dove le paure iniziali sono state superate con l’adesione al progetto la partecipazione alle Fgc ha permesso alle persone coinvolte di conoscersi meglio e ha aumentato la fiducia reciproca, ha inoltre facilitato l’elaborazione di progetti educativi utili ad affrontare le difficoltà e il mantenimento degli impegni presi da parte dei partecipanti.

Peter Marsh, dell’Università di Sheffield ha sottolineato l’importanza dell’innovazione sociale rimarcando che ai progetti sociale viene dedicato il 30% del Pil Europeo «Occorre spendere bene questi soldi», ha detto richiamando la necessità di riuscire a utilizzare le risorse esistenti per ottenere più risultati. Nel Regno Unito, ha aggiunto, su 60 progetti sociale tre prevedevano le Fgc. I primi risultati del programma italiano Family Star secondo Marsh forniscono dati che richiedono riflessioni più approfondire, come il fatto della preponderanza di studenti maschi.

In apertura photo by NeONBRAND on Unsplash


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