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Rapporto Italiani nel Mondo: dal 2006 al 2018 la mobilità italiana è aumentata del 64,7%

I dati relativi alle partenze dell’ultimo anno ci dicono che a partire dall’Italia sono sicuramente i giovani (37,4% sul totale partenze per espatrio da gennaio a dicembre 2017) e i giovani adulti (25,0%), ma le crescite più importanti le si notano dai cinquant’anni in su: +20,7% nella classe di età 50-64 anni; +35,3% in quella 65-74 anni; +49,8% in quella 75-84 anni e +78,6% dagli 85 anni in su

di Redazione

La presenza strutturale

Dal 2006 al 2018 la mobilità italiana è aumentata del 64,7% passando da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) a più di 5,1 milioni. Al 1 gennaio 2018 gli italiani residenti all’estero e iscritti all’AIRE sono 5.114.469, l’8,5% dei quasi 60,5 milioni di residenti totali in Italia alla stessa data.

La crescita nell’ultimo anno corrisponde a +2,8%, a +6,3% nell’ultimo triennio e al +14,1% negli ultimi cinque anni.

A livello continentale l’Europa accoglie il numero più alto di cittadini italiani (54,1%) e, in particolare, l’UE15 (40,3%) mentre in America si registra una presenza del 40,3% con una maggiore con-centrazione nel Centro-Sud (32,4%).

Le realtà nazionali più consistenti sono l’Argentina (819.899), la Germania (743.799), la Svizzera (614.545). Nell’ultimo anno, il Brasile (415.933) ha superato numericamente la comunità italiana in Francia (412.263).

Il 49,5% è di origine meridionale (Sud: 1.659.421 e Isole: 873.615); del Settentrione è il 34,9% (Nord-Ovest: 901.552 e Nord-Est: 881.940); del Centro il 15,6% (797.941).

Le partenze nell’ultimo anno

Da gennaio a dicembre 2017 si sono iscritti all’AIRE quasi 243 mila italiani di cui il 52,8% per espatrio ovvero 128.193 italiani. Nell’ultimo anno la crescita è stata del +3,3%, considerando gli ultimi tre anni la percentuale sale a +19,2% e per l’ultimo quinquennio arriva addirittura a +36,2%.

Il 37,4% di chi parte (quasi 48 mila persone) ha tra i 18 e i 34 anni. I giovani adulti, ovvero la clas-se tra i 35 e i 49 anni, sono un quarto del totale (poco più di 32 mila persone). Un’attenzione a sé meritano le fasce di età più mature. Infatti, se l’incidenza nel 2018 è dell’11,3% per chi ha tra i 50 e i 64 anni (valore assoluto: 14.500 circa) è il 7,1% dai 65 anni e oltre (valori assoluti: 5.351 persone per la classe 64-74 anni; 2.744 per la classe 75-84 anni e poco più di mille anziani per chi ha dagli 85 anni in poi).

Non si deve pensare che si tratti di una mobilità prevalentemente maschile (anche se i maschi sono il 55% del totale) poiché si rileva il peso importante delle partenze dei nuclei familiari. A sottoli-nearlo, i 24.570 minori (il 19,2% del totale), di cui il 16,6% ha meno di 14 anni e ben l’11,5% meno di 10 anni.

Nell’ultimo anno gli italiani sono partiti da 107 province differenti e sono andati in 193 località del mondo di ciascuna realtà continentale. Milano, Roma, Genova, Torino e Napoli sono le pri-me cinque province di partenza. Si tratta di grandi aree metropolitane a riprova del fatto che le attuali partenze coinvolgono i territori che ospitano importanti università e multinazionali che spingo-no per avere relazioni internazionali.

La prima regione di partenza è la Lombardia (21.980) seguita, a distanza, dall’Emilia-Romagna (12.912), dal Veneto (11.132), dalla Sicilia (10.649) e dalla Puglia (8.816).

La Germania (20.007) torna ad essere, quest’anno, la destinazione preferita distanziando, di molto, il Regno Unito (18.517), la Francia (12.870). Con oltre 6 mila arrivi in meno, il Regno Unito registra un decremento del -25,2%. Il Portogallo, invece, registra la crescita più significativa (+140,4%). Da evidenziare, anche, la crescita del Brasile (+32,0%) e quelle della Spagna (+28,6%) e dell’Irlanda (+24,0%).

I dati relativi alle partenze dell’ultimo anno ci dicono che in questo momento stiamo assistendo ad un cambiamento: a partire dall’Italia sono sicuramente i giovani (37,4% sul totale partenze per espatrio da gennaio a dicembre 2017) e i giovani adulti (25,0%), ma le crescite più importanti le si notano dai cinquant’anni in su: +20,7% nella classe di età 50-64 anni; +35,3% in quella 65-74 anni; +49,8% in quella 75-84 anni e +78,6% dagli 85 anni in su.

Come leggere questi dati?

Sicuramente ci si trova di fronte alle necessità di provvedere alla precarietà lavorativa di italiani dai 50 in su rimasti disoccupati e soprattutto privi di prospettive in patria (definiti nel Rapporto Italiani del Mondo “migranti maturi disoccupati”). Si tratta di persone lon-tane dalla pensione o che hanno bisogno di lavorare per arrivarvi e che, comunque, hanno contem-poraneamente la necessità di mantenere la famiglia. In quest’ultima, infatti, spesso si annida la pre-carietà a più livelli: la disoccupazione cioè può coinvolgere anche i figli, ad esempio, già pronti per il mondo del lavoro o ancora studenti universitari.

In questo stato di cose si inseriscono gli anziani per risolvere o tamponare la precarietà: la famiglia, cioè, si amplia fino a comprendere i nonni. Con il passare del tempo e l’evoluzione della mobilità italiana stanno emergendo nuove strategie di sopravvivenza tra i genitori-nonni che sono inizialmente il trascorrere periodi sempre più lunghi all’estero con figli e nipoti già in mobilità, fino al completo trasferimento di tutto o di buone parti dell’anno solare (si tratta del “migrante genitore-nonno ricongiunto”).

Un altro profilo da considerare è il “migrante di rimbalzo” ovvero chi, dopo anni di emigrazione all’estero soprattutto in paesi europei (Germania, Svizzera e Francia) oppure oltreoceano (Argenti-na, Cile, Brasile, Stati Uniti) è rientrato in Italia per trascorrere la propria vecchiaia “in paese”, ma rimasto vedovo/a, e magari con i figli nati, cresciuti e lasciati all’estero, decide di ripercorrere la via del rientro nella nazione che per tanti anni lo ha accolto da migrante e che oggi, stante le difficili condizioni socio-economiche vissute dall’Italia, gli assicura un futuro migliore.

Un ultimo profilo sul quale porre l’attenzione è il “migrante previdenziale”. Che siano pensionati “di lusso”, colpiti da precarietà o sull’orlo della povertà, si tratta di numeri sempre più importanti. Le traiettorie tracciate da queste partenze sono ben determinate: si tratta di paesi con in corso una politica di defiscalizzazione, territori dove la vita costa molto meno rispetto all’Italia e dove il pote-re d’acquisto è, di conseguenza, superiore. Ma non è solo il lato economico a far propendere o meno per il trasferimento: vi sono anche elementi altri, più inerenti alla sfera privata quali il clima, l’humus culturale, la possibilità di essere accompagnati durante il trasferimento e la permanenza


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