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Ancora morti sul lavoro, assurde e inaccettabili

Per il presidente di Anmil Franco Bettoni: «Non si può continuare ad assistere inerti a queste stragi, ma occorre investire concretamente per proteggere la vita e la salute dei lavoratori, consapevoli che il costo umano è intollerabile». L'ultimo gave incidente nel crotonese ha visto la morte di quattro persone

di Redazione

«È la provincia di Crotone a piangere questa volta per l’ennesima tragedia sul lavoro dovuta all’inosservanza delle misure di sicurezza: ancora morti che si ripetono con una frequenza e una dinamica che non hanno nulla di nuovo ma che sono inaccettabili perché potrebbero sempre essere evitate, eppure a queste morti sembriamo vergognosamente anestetizzati». È questo il commento del presidente dell’Anmil Franco Bettoni per l’evento verificatosi nella notte tra sabato 27 e domenica 28 ottobre: il cedimento del terreno ha travolto quattro persone che stavano intervenendo su un condotto fognario danneggiato da una frana dovuta al maltempo a Isola Capo Rizzuto. A perdere la vita tre operai e un imprenditore della zona.

«Lo scorso mese quando l’Inail ha diffuso, attraverso gli Open data, l’ultimo aggiornamento infortunistico relativo ai primi otto mesi (gennaio-agosto) del 2018, avevamo messo in preventivo un incremento delle vittime del lavoro consapevoli delle conseguenze dei due grandi tragici eventi verificatisi proprio nel mese di agosto: il drammatico crollo del ponte Morandi a Genova e la strage di lavoratori extracomunitari in due gravissimi incidenti stradali verificatisi in Puglia, vittime innocenti della pratica infame del caporalato. Ed infatti», sottolinea Bettoni «nei primi otto mesi del 2018 rispetto allo stesso periodo del 2017, c’era stato un aumento degli infortuni mortali del 4,5% che ha riguardato sia lavoratori nell’esercizio dell’attività (+1,4%) che, soprattutto, in itinere (+12,6%)».

«Quello che invece non ci aspettavamo era che la crescita risultasse ulteriormente accentuata nel bilancio del successivo mese di settembre» prosegue il presidente dell’Anmil. «Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto nei primi nove mesi di quest’anno, infatti, hanno fatto registrare un saldo ancora più pesante e pari a +8,5: le vittime sono risultate 834, vale a dire 65 in più rispetto alle 769 denunciate nel 2017 tra gennaio e settembre. In concreto, nel solo mese di settembre, le morti segnalate sono state 68, ovvero 9 in più rispetto alle 59 dello stesso mese del 2017 e gli incrementi maggiori si sono registrati nelle regioni Lombardia (da 8 a 12), Emilia Romagna (da 4 a7), Lazio (da 4 a 7) e Campania (da 4 a 6). Dunque un risultato che ci preoccupa e che, dopo l’impennata di agosto, giunge del tutto inatteso».

Il presidente Bettoni insiste: «Non si può continuare ad assistere inerti a queste stragi, ma occorre investire concretamente per proteggere la vita e la salute dei lavoratori, consapevoli che il costo umano è intollerabile e quello sociale un onere per tutti i cittadini: la nuova legislatura è ormai avviata da tempo ed è ora di smetterla di proporre ed elaborare piani di azione che vengono del tutto disattesi da anni».

Il presidente Anmil ricorda che «Circa due settimane fa, in occasione della Giornata per le vittime degli incidenti sul lavoro, dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al ministro del Lavoro nonché vicepremier Di Maio e fino al presidente Inail, abbiamo condiviso l’adozione di un impegno comune affinché si dia seguito ad un progetto di ampio respiro con l’obiettivo dichiarato di dimezzare gli infortuni e le morti sul lavoro nell’arco dei prossimi cinque anni, ma ai buoni propositi ed alle convinte intenzioni serve prendersi ciascuno le proprie responsabilità». Bettoni, poi conclude: «Se ci crediamo e vogliamo ridare dignità al lavoro, il rispetto per la salute e la vita dei lavoratori non può che essere considerato al primo posto di ogni azione. Ma è evidente che si tratta di una sfida che deve prendere le mosse da un piano nazionale della sicurezza e solo attraverso un grande patto collaborativo comune tra istituzioni, imprese e parti sociali, possa portare alla concreta diffusione del concetto di rischio come elemento di crescita del sistema Italia utile, oltre che alla sicurezza, anche alla qualità e competitività dell’economia nazionale, e che deve partire dalla scuola e da un sistema formativo non burocratico, ma capace di coinvolgere emotivamente e professionalmente i cittadini per una formazione vera, etica e partecipata, utilizzando anche il valore della testimonianza dell’infortunato come un antidoto esperienziale».

In apertura photo by jesse orrico on Unsplash