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Economia & Impresa sociale 

86 italiani su 100 puntano sul risparmio

Resi noti i risultati dell’indagine Acri – Ipsos che quest’anno ha dedicato un focus al tema “Etica del risparmio e sviluppo”. Ne emerge il ritratto di una popolazione che vive un momento di incertezza che spinge a risparmiare per il futuro, anzi l’80% degli italiani ritiene che sia utile per lo sviluppo sociale e civile del Paese. Consumi guardinghi, ma donazioni costanti, anche se il 16% ne ha ridotto l’importo

di Redazione

Anche quest’anno alla vigilia della 94° Giornata mondiale del risparmio, Acri (l’Associazione che rappresenta le Fondazioni di origine bancaria e le Casse di Risparmio Spa) presenta i risultati dell’indagine sugli Italiani e il Risparmio, che da diciotto anni realizza insieme a Ipsos per questa occasione. Alle celebrazioni del 31 ottobre organizzate – sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica – da Acri interverranno il presidente di Acri, Giuseppe Guzzetti, quello di Abi Antonio Patuelli, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e il ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria.

I risultati dell’indagine sono suddivisi in due macroaree: la prima, comune a tutte le rilevazioni (dal 2001 al 2018), che consente di delineare quali siano oggi l’atteggiamento e la propensione degli Italiani verso il risparmio, evidenziando i cambiamenti rispetto al passato; la seconda focalizzata sul tema specifico della Giornata, che quest’anno è “Etica del risparmio e sviluppo”.

Gli italiani – si legge in un nota – stanno vivendo una fase di incertezza. Consapevoli di elementi di miglioramento rispetto al passato sperano in una situazione più positiva per il futuro, anche se in maggioranza ritengono che la crisi durerà ancora qualche anno. Più positivi risultano i giovani fino ai 30 anni nel Centro Sud, molto meno i 31-44enni del Nord Est, per i quali si registra un calo di fiducia. In questo contesto – viene sottolineato – “la tensione al risparmio rimane molto forte, con segnali di ulteriore rafforzamento, soprattutto in un’ottica cautelativa. Cresce anche il valore sociale che al risparmio viene attribuito: l’80% degli italiani ritiene, infatti, che sia utile per lo sviluppo sociale e civile del Paese”. In un presente che appare complesso e contraddittorio, le scelte di consumo diventano più guardinghe e accorte, frenando la tendenza al recupero dei consumi che si era registrata negli ultimi anni.
Le prospettive dell’Italia sembrano fortemente legate all’Europa: se da una parte è forte la delusione per i progressi del processo di unificazione europea (il 53% ha una bassa fiducia), dall’altra ancor più che in passato si ritiene fondamentale la scelta europeista del Paese (il 66% ritiene che l’uscita sarebbe un danno per il Paese, in crescita rispetto al 61% del 2017; chi ritiene l’uscita un vantaggio scende dal 17% al 14%). Allo stesso tempo sempre più italiani sono convinti che – in una prospettiva di medio periodo – rimanere nell’euro sia la scelta più idonea (il 56% ritiene che sarà un vantaggio, contro il 29% che preferirebbe non avere l’euro in futuro).

Per molti italiani, il 2018 sembra essere un anno di attesa. Sospesi tra un passato recente, rispetto al quale si rendono conto dei miglioramenti, e grandi aspettative per il futuro, vivono la situazione attuale con incertezza, anche perché la crisi non sembra mai definitivamente superata (si attendono in media ancora 4 anni di crisi); il presente appare complesso e contraddittorio. Altro elemento di contraddizione è l’aumento delle famiglie che non hanno avuto nessuna difficoltà a mantenere il proprio tenore di vita (sono il 37%, erano il 35% nel 2017, il 32% nel 2016) e parimenti la crescita di quelle che che dichiarano di essere state colpite direttamente dalla crisi riguardo al lavoro: nel 2017 erano il 19%, nel 2018 salgono al 24%.

L’incertezza che stanno vivendo gli italiani ha degli effetti evidenti sulle decisioni di risparmio e di consumo: la tensione al risparmio, ovvero il desiderio di risparmiare, è molto forte e riguarda l’86% degli italiani, come lo scorso anno, ma ben il 38% addirittura non vive tranquillo se non mette da parte dei risparmi (+1 sul 2017), e il 39% delle famiglie afferma di essere riuscito effettivamente a risparmiare (+2 punti percentuali sul 2017), mentre diminuiscono coloro che consumano tutto il reddito: sono il 37% contro il 41% del 2017. Al contempo aumentano lievemente le famiglie in saldo negativo di risparmio: dal 21% del 2017 al 22% attuale; in quest’ambito decresce il numero di coloro che intaccano il risparmio accumulato (dal 16% dello scorso anno al 14% attuale), ma aumentano coloro che ricorrono a prestiti (sono l’8% contro il 5% del 2017). L’aumento del risparmio lordo delle famiglie (+18% rispetto allo stesso periodo del 2017) è riscontrato anche dall’Istat (che rileva lo stock di risparmio, non il numero dei risparmiatori).

Gli italiani sono piuttosto soddisfatti (13% molto soddisfatti e 54% abbastanza soddisfatti) di come gestiscono i propri risparmi. L’investimento ideale non esiste più: gli italiani si dividono in 3 gruppi quasi omogenei: il 30% ritiene che l’investimento ideale proprio non ci sia (-3 punti rispetto al 2017), il 32% lo indica negli immobili (+1 punto sul 2017), il 31% indica gli investimenti finanziari reputati più sicuri. Ultimi, con il 7%, sono coloro che indicano come ideali gli strumenti finanziari più rischiosi (con una percentuale stabile rispetto all’anno passato).

Cosa rappresenta per gli italiani il risparmio? Risparmiare è tranquillità, saggezza, pensare al futuro, ma anche un sacrifico. Per il 64% significa attenzione alle spese superflue ed evitare gli sprechi (pensionati 69%). Risparmiare – emerge quindi dalla ricerca – è qualcosa alla portata del quotidiano, un atteggiamento di vita, un’attenzione continua che parte dalle piccole cose e arriva alle più grandi, piuttosto che una costante rinuncia o una rincorsa allo sconto. La sensazione è che si faccia un po’ meno di ciò che si dovrebbe: si pensa che le generazioni passate abbiano risparmiato assai più di quella presente (85%).

Inoltre, quando gli italiani pensano al risparmio i rimandi sono soprattutto positivi (82%), legati all’idea della tranquillità (39%), della tutela (21%) o della saggezza (19%). Però il risparmio è anche sacrificio per il 30%, cioè una rinuncia a consumare oggi, o una situazione che ricorda la crisi (7%) e a volte mette un po’di tristezza (4%). Il risparmio è anche molto legato all’idea di futuro (27%), al pensiero di cosa succederà, a farsi trovare pronti per il domani, bello o brutto che sia.

Cresce la quota di italiani che attribuiscono al risparmio una valenza che va oltre la sfera privata. Basti osservare come l’80% ritenga che il risparmio sia utile per lo sviluppo sociale e civile del Paese e sono sempre più coloro che, quando risparmiano, percepiscono di fare – oltre ai propri interessi – anche quelli del Paese: erano un quarto nel 2017 (24%), sono circa un terzo adesso (32%).

Nel complesso, considerando l’andamento dei vari indicatori rilevati (personale, territorio, Italia, Ue e mondo) si assiste a una ripresa di ottimismo (il saldo tra ottimisti e pessimisti è positivo di 5 punti contro il +2 dello scorso anno), trainata, oltre che dalla percezione legata al futuro personale, da una rinata fiducia nella crescita dell’economia mondiale (+7 nel 2018, +1 nel 2017). Stazionaria la percezione del futuro del proprio territorio (saldo +2), del Paese (-3) e dell’Europa (+2).

La lenta ripresa della fiducia sul futuro la si coglie anche guardando la tendenza di lungo periodo dell’indagine Ipsos Global@dvisor: in un clima di generale miglioramento internazionale, l’Italia mostra segnali di ripresa. L’Europa prosegue il trend positivo già evidenziato negli ultimi due anni, il Nord America e l’area dell’Asia-Pacifico crescono confermandosi come aree più ‘positive’, mentre il Sud America inverte il dato in calo del 2017 con una crescita sensibile.

Sul fronte dei consumi dopo anni di migliore disposizione verso i consumi, per la prima volta osserviamo un diffuso rallentamento. L’italiano torna ad essere più attento, e ciò riguarda soprattutto i beni che più erano cresciuti nel recente passato: in primis gli investimenti semi-durevoli e poi alcuni beni di prima necessità, quali alimentari e casalinghi. Farmaci, fuori-casa e divertimento vengono invece ridotti lievemente rispetto al 2017, mentre è sostanzialmente costante la spesa per la cura di sé. Da notare anche che si riduce la disponibilità al dono.

La ricerca analizza le diverse tipologie di famiglie che sperimentano situazioni differenti: da una parte quanti sono stati effettivamente colpiti in modo serio dalla crisi: continuano ad adottare una forte razionalizzazione delle proprie spese, quando non una vera e propria austerità. C’è poi chi ha sperimentato qualche difficoltà ha una forte virata verso la razionalizzazione dei consumi: riduce quelli legati al fuori casa, abbigliamento, elettronica ed elettrodomestici e spese per l’auto. Chi invece non ha difficoltà aumenta i propri consumi di elettronica, telefonia, prodotti alimentari, spostamenti e veicoli; tende a rimanere più cauto sul fuori-casa e riguardo alle spese di abbigliamento. E infine chi sta bene incrementa quasi tutte le spese, tranne cinema, teatro e concerti.

Osservando da vicino le donazioni ad associazioni caritatevoli, ambientali, culturali, medico-scientifiche sono sostanzialmente costanti, anche se coloro che dichiarano di averle ridotte (16%) sopravanzano quelli che le hanno aumentate (10%) con un saldo di -6.

In apertura photo by rawpixel on Unsplash


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