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La riforma del Terzo settore? Sia una nuova visione del futuro

Stefano Zamagni, Luigi Bobba e Claudia Fiaschi hanno incontrato gli studenti dell'Università di Siena alla vigilia dell'inizio del corso professionalizzante “Let’s go” per lavorare nel Terzo settore. «La riforma cambierà il nostro linguaggio, ma c’è il rischio che i nuovi ETS si comportino secondo la vecchia logica», ha ammonito Zamagni

di Sara De Carli

«Il Terzo settore deve essere consapevole degli elementi di novità contenuti nella riforma, perché c’è il rischio che i nuovi enti di Terzo settore si comportino secondo la vecchia logica»: così il professor Stefano Zamagni ha rilanciato al Terzo settore la sfida dell’innovazione, nella cornice della riforma. Lo ha fatto il 26 ottobre all’Università di Siena, all’interno del convegno “L’innovazione del Terzo settore. Nuove professionalità per il futuro”, che ha lanciato anche il nuovo corso professionalizzante “Let’s go” dell’Università di Siena (Dipartimento di Scienze Politiche e Internazionali) in rete con Confcooperative Sud Toscana e Banca Etica, di cui è referente scientifico la professoressa Maria Vella. Tre ore sono bastate – grazie alla competenza dei relatori – a tracciare con chiarezza le sfide e le opportunità contenute nella riforma, offrendo una cornice di senso estremamente più utile di tanti dettagli tecnici.

La novità principale della riforma per Stefano Zamagni è il passaggio dal regime concessorio al riconoscimento: «dovremo cambiare tutti linguaggio, non ci sarà più un mondo bipolare diviso in pubblico e privato, finalmente entra in campo il civile. Il Terzo settore da “quella cosa dei bravi ragazzi, di cui però si può fare a meno” diventerà qualcosa di cui non si può fare a meno, perché i beni relazionali – quelli di cui oggi c’è massima richiesta – non li sa produrre né lo Stato né il mercato». Due le sfide cruciali per il Terzo settore: «diminuire gli appalti e aumentare gli accreditamenti», perché «gli appalti non sono altro che una ri-statalizzazione del Terzo settore» e la digitalizzazione sociale, dal momento che oggi «servirebbe una sorta di Convenzione di Ginevra non sui diritti umani ma sulla digitalizzazione democratica».

Luigi Bobba, ex sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’uomo che ha seguito la complessa partita della riforma, ha presentato la riforma nel suo insieme come «la messa a disposizione di un sistema di opportunità», con almeno «una dozzina di appigli per generare innovazione sociale, di processi e di prodotti», a cominciare ovviamente dall’impresa sociale. L’innovazione attesa deve però servire – ha concluso Bobba – a «rendere gli ETS più pronti ad affrontare le due sfide cruciali di oggi, le diseguaglianze che erodono le stesse istituzioni democratiche, rispetto a cui il Terzo settore può essere al contrario un produttore di anticorpi» e la sfida rappresentata «dai cittadini disorientati, che guardano al passato con nostalgia, con il rischio di non farci vivere il futuro».

Claudia Fiaschi, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore, ha sottolineato come «la riforma non è pulizia e riorganizzazione del Terzo settore, bensì una visione di futuro, per accompagnare il progresso sociale e un nuovo modello di sviluppo». Quattro i punti toccati da Fiaschi: le sfide sociali per l’inclusione delle persone (bambini, giovani, povertà non autosufficienze); diseguaglianze territoriali; tecnologie, evoluzione dei lavori, nuove diseguaglianze; i lavori del futuro. Se il nuovo modello di sviluppo è sociale e l’innovazione è una open innovation, con le reti quale principale strategia trasformativa della società, quali strumenti dà la riforma? Almeno cinque: il riconoscimento della funzione sussidiaria e concorrente degli ETS; l’impresa sociale vista come «strumento per far sedere per la prima volta allo stesso tavolo soggetti di natura diversa, strumento per consolidare le alleanze territoriali, come modo in cui nella comunità si adotta uno sguardo di cambiamento»; il ruolo delle reti, «attraverso cui produciamo un cambiamento più efficace, più veloce e meno costoso»; la modifica del rapporto tra PA e ETS; l’espressione «altri ETS, che c’è nella riforma e che trovo una categoria bellissima, quella di ciò che ancora non c’è: sappiamo che qualcosa si sta muovendo, ma non sappiamo ancora la forma che prenderà. Meno male che l’hanno messa».

Molto originale l’intervento di Stefano Marini, priore della Selva e referente del Magistrato delle Contrade per le commissioni solidarietà, che ha illustrato il nesso tra Contrade e Terzo Settore, raccontando una storia poco nota ma che davvero merita di essere conosciuta. «C’è una differenza tra Palio e Contrade. Dall’esterno si vede soltanto la punta dell’iceberg, cioè il Palio, con la sua spettacolarità, i suoi eccessi, la sua carica di violenza, la sua corruzione alla luce del sole. Ma sotto ci sono migliaia di persone che lavorano per la propria Contrada lontano dai riflettori. E in Contrada c’è bisogno di tutti: di quello che fa il sugo e di quello che scrive i libri. Il Palio non potrebbe esistere senza le Contrade, ma le Contrade potrebbero esistere senza il Palio. Fuori dal Palio tra le Contrade non c’è competizione ma collaborazione», ha detto l’avvocato. L’associazionismo all’interno delle Contrade ha una lunga storia: la nascita delle Società di Contrada risale alla seconda metà dell’Ottocento, con le Società di Mutuo Soccorso e le Società del Palio. «La Contrada è una scuola di volontariato».

A seguire, gli interventi di Mario Marchi (presidente di Confcooperative Sud Toscana) e di Nazareno Gabrielli (vicedirettore generale di Banca Etica), più le testimonianze di tre professionisti del Terzo settore: Paola Cutaia (ex direttore Agesci e ex direttore generale di Amnesty International), Tommaso Fabbri (capo missione di Medici Senza Frontiere) e Andrea Delfini (fondatore di Il Melograno, mutua sanitaria integrativa). Il corso Let's go si articola in 3 moduli formativi di 100 ore comprensivi di formazione, visita in azienda, testimonianze, business game ed iniziative formative. Il corso è gratuito e le iscrizioni sono ancora aperte.

Foto di Mario Llorca


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