Politica & Istituzioni

Cooperazione internazionale, legge Bilancio 2019 deludente

La manovra mortifica le aspettative in merito all’insieme dell’aiuto pubblico allo sviluppo. Si tratta di un’occasione mancata, di una rinuncia di fronte ad altre supposte priorità, proprio nel momento in cui la cooperazione allo sviluppo assume importanza strategica nelle relazioni internazionali del nostro paese, in particolare con l’Africa e il Medio Oriente

di Nino Sergi

La manovra triennale di finanza pubblica contenuta nel disegno di legge di bilancio in discussione alla Camera delude le aspettative suscitate un mese fa dalla nota di aggiornamento del Def, documento di economia e finanza, in merito all’insieme dell’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps). Il Governo fa un passo indietro, subito dopo averci dato l’evidenza di farlo avanti. Ciò non significa che l’Italia non possa continuare a sviluppare una cooperazione internazionale di qualità ed efficace. Si tratta di un’occasione mancata, di una rinuncia di fronte ad altre supposte priorità, proprio nel momento in cui la cooperazione allo sviluppo assume importanza strategica nelle relazioni internazionali del nostro paese, in particolare con l’Africa e il Medio Oriente.

La Nota di aggiornamento del Def, documento di economia e finanza, approvata dal Consiglio dei ministri il 27 settembre scorso, stabiliva che per il triennio 2019-2021 gli obiettivi di spesa per l’Aps, aiuto pubblico allo sviluppo, fossero pari allo 0,33% del Rnl nel 2019, allo 0,36% nel 2020 e allo 0,40% nel 2021, partendo dallo 0,30% raggiunto nel 2018. L’avevamo considerata una buona notizia e un reale cambiamento di marcia, da tempo atteso, verso il riallineamento con la media dei paesi europei (0,50% del Rnl). La cooperazione allo sviluppo è ormai da tutti considerata come un investimento per il futuro delle relazioni politiche ed economiche del nostro paese, per uno sviluppo sostenibile condiviso e per affrontare in modo complessivo e integrato il tema dei movimenti migratori e del loro governo, basato su accordi con i paesi di provenienza, nella reciproca fiducia e nel rispetto dei diritti umani, con una visione lungimirante ad interesse e beneficio reciproci.

Vorrei essere smentito ma una prima lettura delle tabelle del Tomo III del disegno di legge (Ddl) di bilancio sembra non lasciare dubbi. Non vi è alcuna progressione degli stanziamenti, alcun adeguamento alla media europea, alcun cambiamento di marcia. Come se la Nota di aggiornamento del Def, di un mese fa, non fosse mai esistita. L’impegno complessivo dell’Aps italiano rimarrà nel 2019 sostanzialmente flat, piatto, lontano dal programmato 0,33% e con la probabilità di perdere punti rispetto allo 0,30% del 2018. Il Ddl prevede due significativi incrementi: di 130 milioni di Euro sul capitolo “Cooperazione allo sviluppo”, in particolare per la partecipazione alle attività di cooperazione in ambito europeo e multilaterale; di circa 100 milioni sul capitolo “Politica economica e finanziaria in ambito internazionale”, con riferimento alla partecipazione a banche, fondi ed organismi internazionali di sviluppo. Però essi riescono solo ad equilibrare i tagli, pur limitati, in altre voci di bilancio.

È bene soffermarci anche su un secondo punto di rilievo. Le regole del Comitato per l’aiuto allo sviluppo dell’Ocse (Ocse-Dac), di cui l’Italia è membro, permettono di considerare aiuto pubblico allo sviluppo le somme gestite dal ministero dell’Interno a copertura dei costi relativi alle persone che hanno fatto richiesta di protezione (rifugiati, beneficiari di protezione internazionale, protezione temporanea o sussidiaria, richiedenti asilo), limitatamente a 12 mesi a partire dalla presentazione della domanda. Nonostante la riduzione delle richieste di asilo e protezione, il Ddl mantiene per il triennio 2019-2021 gli alti stanziamenti dell’anno precedente. Si tratta di circa due miliardi di euro, il 30% dell’Aps dell’Italia.

La riduzione delle domande di protezione permetterà quindi di utilizzare parte di tali somme per la migliore dignitosa integrazione dei rifugiati e beneficiari di protezione. Stando ai ripetuti annunci del ministro dell’Interno potrebbero anche essere utilizzate “per intensificare i rapporti con i Paesi africani, non solo per risolvere il problema dei flussi ma anche dal punto di vista economica e sociale, con precisi progetti di sviluppo ed investimenti mirati al sostegno dell’economia e del lavoro di centinaia di migliaia di persone”. In proposito, è bene ricordare ed evidenziare che la legge 125/2014 attribuisce la responsabilità politica della cooperazione internazionale “al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che ne stabilisce gli indirizzi e assicura l'unitarietà e il coordinamento di tutte le iniziative nazionali di cooperazione”. Occorrerà quindi che l’eventuale utilizzo di risorse del ministero dell’Interno per attività di cooperazione allo sviluppo avvenga in modo coerente con quanto stabilito inequivocabilmente da tale legge.


*Nino Sergi è presidente emerito di Intersos e Policy Advisor di Link 2007


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