Welfare & Lavoro

Aumentano i morti sul lavoro: +9,4%

Pesano le tragedie di agosto a Genova (15 morti) e gli incidenti plurimi di Lesina e Foggia in cui hanno perso la vita 16 braccianti. Dai dati emerge che una morte su due ha coinvolto lavoratori di età compresa tra i 50 e i 64 anni. Franco Bettoni (Anmil): «I numeri mostrano chiaramente che se, da un lato, sono i giovani a pagare il prezzo della precarietà e dell’incertezza, dall’altro sono i lavoratori più anziani a sopportare il peso di condizioni di lavoro spesso logoranti»

di Redazione

Tra gennaio e ottobre sono state presentata all’Inail 534.605 denunce di infortunio sul lavoro (+0,2% rispetto allo stesso periodo del 2017), 945 delle quali con esito mortale (+9,4%). Le patologie di origine professionale denunciate sono state 49.760 (+1,9%). Sono numeri che si possono trovare nella sezione “Open data” del sito Inail in cui sono disponibili i dati analitici delle denunce di infortunio – nel complesso e con esito mortale – e di malattia professionale presentate nel mese di ottobre.
L’Istituto avvisa che gli open data pubblicati sono provvisori, perché – sottolinea in una nota stampa «soggetti all’effetto distorsivo di “punte occasionali” e dei tempi di trattazione delle pratiche. Per quantificare i casi accertati positivamente sarà infatti necessario attendere il consolidamento dei dati dell’intero 2018, con la conclusione dell’iter amministrativo e sanitario relativo a ogni denuncia».
Questo non toglie che il segno “più” è purtroppo presente sugli infortuni con esito mortale +9,4%. E questo è dovuto in particolare al peso della tragedia di Genova dello scorso 14 agosto e agli incidenti in cui hanno perso la vita ben 16 braccianti a Lesina e Foggia.

Per quanto riguarda le denunce di infortunio, nei primi 10 mesi del 2018 i casi denunciati all’Inail sono stati 534.605, in aumento dello 0,2% rispetto all’analogo periodo del 2017. I dati rilevati al 31 ottobre di ciascun anno evidenziano a livello nazionale una diminuzione dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati da 454.421 a 454.006 (-0,1%), mentre quelli in itinere, avvenuti cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro, hanno fatto registrare un incremento pari all’1,7%, da 79.231 a 80.599.

L’analisi territoriale evidenzia un aumento delle denunce di infortunio nel Nord-Ovest (+0,7%), nel Nord-Est (+1,3%) e al Sud (+0,2%) e un calo al Centro (-1,5%) e nelle Isole (-2,3%). Tra le regioni con i maggiori incrementi percentuali si segnalano la Provincia autonoma di Bolzano (+5,5%), il Friuli Venezia Giulia (+4,3%) e il Molise (+3,9%), mentre i decrementi maggiori sono quelli rilevati nella Provincia autonoma di Trento (-8,8%), in Valle d’Aosta e in Abruzzo (-3,8% per entrambi).

L’incremento rilevato nel confronto tra i primi 10 mesi del 2017 e del 2018 è legato esclusivamente alla componente maschile, che registra un +0,7% (da 343.302 a 345.631) rispetto al -0,7% di quella femminile (da 190.350 a 188.974). L’aumento ha interessato soprattutto i lavoratori extracomunitari (+8,6%) e in misura minore quelli comunitari (+0,5%), mentre le denunce di infortunio dei lavoratori italiani sono in calo dell’1,0%.

Dall’analisi per classi di età emergono incrementi per la fascia fino a 29 anni (+4,1%) e tra i 60 e i 69 anni (+5,8%). In flessione, invece, le denunce per le fasce 30-44 anni (-3,4%) e 45-59 anni (-0,7%).

Sono stata 945 le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto nei 10 dieci mesi di quest’anno, 81 in più rispetto alle 864 denunciate tra gennaio e ottobre del 2017 (+9,4%). L’aumento è dovuto soprattutto all’elevato numero di decessi avvenuti lo scorso mese di agosto rispetto all’agosto 2017, alcuni dei quali causati dai cosiddetti incidenti “plurimi”, ovvero quelli che causano la morte di due o più lavoratori.

Nel solo mese di agosto, infatti, si è contato quasi lo stesso numero di vittime (37) in incidenti plurimi dell’intero periodo gennaio-ottobre 2017 (38). Tra gli eventi di quest’anno con il bilancio più tragico si ricordano, in particolare, il crollo del ponte Morandi a Genova, con 15 denunce di casi mortali, e gli incidenti stradali avvenuti a Lesina e a Foggia, in cui hanno perso la vita 16 braccianti.

Allargando l’analisi dei dati ai primi 10 mesi, nel 2018 tra gennaio e ottobre si sono verificati 21 incidenti plurimi, che sono costati la vita a 76 lavoratori, rispetto ai 13 incidenti plurimi del 2017, che hanno causato 38 morti.
Gli ultimi incidenti plurimi di settembre e ottobre hanno provocato la morte di due dipendenti dell’Archivio di Stato, vittime di una fuga di gas ad Arezzo, di quattro persone travolte da una frana durante l’esecuzione di alcuni lavori di emergenza a una condotta fognaria danneggiata dal maltempo a Isola di Capo Rizzuto, in Calabria, e di cinque lavoratori coinvolti in due incidenti stradali avvenuti nel Lazio e in Lombardia.
I dati rilevati al 31 ottobre di ciascun anno evidenziano, a livello nazionale, un incremento sia dei casi avvenuti in occasione di lavoro, che sono passati da 619 a 648 (+4,7%), sia di quelli occorsi in itinere, in aumento del 21,2% (da 245 a 297). Nei primi 10 mesi di quest’anno si è registrato un incremento di 89 casi mortali (da 725 a 814) nella gestione Industria e servizi e un decremento di otto casi nel Conto Stato (da 24 a 16), mentre in Agricoltura sono stati denunciati 115 casi mortali in entrambi i periodi.

L’analisi territoriale evidenzia un incremento di 48 casi mortali nel Nord-Ovest (da 212 a 260), di 20 nel Nord-Est (da 215 a 235) e di 15 al Sud (da 188 a 203). Lieve diminuzione al Centro (da 176 a 174), mentre nelle Isole le denunce sono state 73 in entrambi i periodi. A livello regionale spiccano i 25 casi in più del Veneto (da 75 a 100), i 20 in più del Piemonte (da 67 a 87) e i 19 in più della Lombardia (da 114 a 133) e Calabria (da 16 a 35). Seguono Campania (+17), Liguria (+10) e Toscana (+8). Cali significativi si registrano, invece, in Abruzzo (da 47 a 22) e nelle Marche (da 30 a 16).
L’aumento rilevato nel confronto tra i primi 10 mesi del 2017 e del 2018 è legato esclusivamente alla componente maschile, i cui casi mortali denunciati sono stati 81 in più (da 782 a 863), mentre quella femminile ha registrato 82 decessi in entrambi i periodi. L’incremento ha interessato sia le denunce dei lavoratori italiani (da 730 a 787), sia quelle dei lavoratori extracomunitari (da 95 a 114) e comunitari (da 39 a 44).

Dall’analisi per classi di età emerge come quasi una morte su due abbia coinvolto lavoratori di età compresa tra i 50 e i 64 anni, con un incremento tra i due periodi di 75 casi (da 366 a 441). In aumento anche le denunce che hanno riguardato gli under 34 (da 147 a 171) e gli over 65 (da 65 a 71 casi). Sono diminuite, invece, le morti dei lavoratori tra i 35 e i 49 anni (da 286 a 262).

Dopo la diminuzione registrata nel corso di tutto il 2017, in controtendenza rispetto al costante aumento degli anni precedenti, nei primi 10 mesi di quest’anno le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail sono tornate ad aumentare, anche se a un ritmo sempre più decrescente.
Allo scorso 31 ottobre, infatti, l’incremento si è attestato al +1,9% (pari a 911 casi in più rispetto allo stesso periodo del 2017, da 48.849 a 49.760).
L’incremento percentuale maggiore è quello registrato in Agricoltura, pari al +3,3% (da 9.524 a 9.835). Nell’Industria e servizi le denunce di malattia professionale sono aumentate dell’1,6% (da 38.736 a 39.368), mentre nel Conto Stato il numero delle patologie denunciate è diminuito del 5,4% (da 589 a 557).

“Questi sono numeri che ci impongono di rivolgere il massimo impegno alla diffusione della cultura della sicurezza e alla formazione professionale, – commenta il Presidente dell’ANMIL Franco Bettoni – ma non dovrebbe trattarsi di una formazione meramente normativa, quanto piuttosto di una formazione con un approccio metodologico nuovo, basato su un’analisi innovativa del rischio e sul valore e l’efficacia della testimonianza, cioè del racconto diretto di una persona che ha subìto un infortunio. I dati mostrano chiaramente che se, da un lato, sono i giovani a pagare il prezzo della precarietà e dell’incertezza, dall’altro i lavoratori più anziani si ritrovano a dover contrapporre all’esperienza, il peso di condizioni di lavoro spesso logoranti. Dobbiamo saper guardare a queste differenze, accrescere la consapevolezza e la formazione dei giovani e saper accompagnare chi è già da molto tempo nel mercato del lavoro con forme di uscita dignitose e rispettose della loro salute e integrità fisica”.

In apertura photo by Eugene Triguba on Unsplash


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