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Decreto fiscale: Help! Penalizzate le donazioni al non profit?

Numerose novità del Decreto riguardano il non profit. Tra queste anche l’emendamento del Governo approvato al Senato che corregge un rigo del Codice del Terzo settore che sembra penalizzare le donazioni in denaro dei cittadini: Sarebbe ovviamente fatto gravissimo. Ecco perchè

di Riccardo Bonacina

Il Decreto fiscale, approvato a Palazzo Madama, passa alla Camera per la seconda lettura a causa delle correzioni apportate. Sempre che governo e maggioranza non pensino, come alcuni rumors fanno trapelare, di far confluire il provvedimento nella legge di Bilancio visto l'ingorgo che si sta creando tra i due rami del Parlamento (la manovra andrà nell'Aula di Montecitorio la prossima settimana e decreto che scade il 22/12/18)).

Tra le numerose novità del Decreto alcune riguardano il non profit (qui il comunicato del Forum del Terzo settore che fa il punto), tra queste anche l’emendamento del Governo approvato al Senato che riguarda l’art. 24 che corregge un rigo dell’art. 83 comma 1 del Codice del Terzo settore sulla detraibilità delle erogazioni liberali che recitava: “Dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche si detrae un importo pari al 30 per cento degli oneri sostenuti dal contribuente per le erogazioni liberali in denaro o in natura a favore degli enti del Terzo settore non commerciali di cui all'articolo 79, comma 5, per un importo complessivo in ciascun periodo d'imposta non superiore a 30.000 euro. L’importo di cui al precedente periodo è elevato al 35 per cento degli oneri sostenuti dal contribuente, qualora l'erogazione liberale in denaro sia a favore di organizzazioni di volontariato.” Ebbene, ora dopo l’emendamento del Governo approvato in Senato, il comma 1 all’articolo del Codice recita così: Dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche si detrae un importo pari al 30 per cento degli oneri sostenuti dal contribuente per le erogazioni liberali in denaro o in natura a favore degli enti del Terzo settore non commerciali….”. Un pasticcio? Una manina? Una correzione scritta male (perché non viene cancellata la “o”)?.

Sembrerebbe uno dei tanti incidenti di mala scrittura delle norme che stanno caratterizzando la ancor breve vita di questo Governo: i tecnici lo sostengono, la relazione di accompagnamento al testo neppure ne fa cenno, i commi seguenti parlano sempre di “erogazioni liberali in denaro o in natura”, si è semplicemente pensato che la specificicazione “in denaro” fosse sovrabbondante ritenendo che “erogazioni liberali” corrispondono a donazioni in denaro? Non si sa, quello che è certo è che se tale norma non verrà corretta si aggiungerà un elemento di incertezza ai già numerosi che stanno caratterizzando questa frangente della vita delle realtà non profit. Incertezza che genererà circolari interpretativi dell’Agenzia delle entrate e sicuri contenziosi.

Di cosa stiamo parlando?

Vale la pena ricordare al legislatore che il totale delle donazioni dei cittadini italiani negli ultimi quattro anni fiscali di cui esiste un rendiconto del Mef, evidenziano come il totale sia passato da un encefalogramma piuttosto piatto, 4,584 miliardi nel 2013, 4,545 nel 2014, 4,588 nel 2015, a un significativo balzo nel 2016 dove è stata superata la soglia dei 5 miliardi (esattamente 5,093) con un incremento dell’11% nel confronto fra con i dati dell’Italy Giving Report che Vita restituisce ogni anno.

Un dato, ottenuto grazie anche alla legge di Stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190), che ha innalzato l’importo massimo delle erogazioni liberali a favore delle Onlus, dal 19% con un tetto massimo di 2.065 euro al 26% con un tetto massimo di 30 mila euro. Tetto che la legge 117 del 3/8/2017 ha innalzato al 30% e addirittura al 35% per le organizzazioni di volontariato. È prevedibile perciò che il trend di crescita delle donazioni dei cittadini cresca ulteriormente perché abbiamo la prova provata che il vantaggio fiscale sulle donazioni è leva per il loro incremento. Più sono le donazioni a Enti riconosciuti e vigilati dallo Stato che perseguono l’interesse generale meno soldi lo Stato spende e più efficaci saranno i servizi grazie ai principi della sussidiarietà e della prossimità. Non lo dimentichi il governo.

Lotteria Filantropica

Tra le novità del Decreto licenziato dal Senato, si segnala anche una nuova possibilità di finanziamento per gli enti del terzo settore: la commissione Finanze aveva approvato un emendamento della Lega che introduce la "lotteria filantropica", finalizzata "a sollecitare donazioni di importo non inferiore a euro 500". La vincita di questa nuova lotteria consiste nel "diritto" di scegliere "un progetto sociale, tra quelli da realizzare, cui associare il nome del vincitore, con relativo riconoscimento pubblico".

Tralasciando il fatto che occorrerà capire il suo funzionamento e chi gestirà il database dei progetti sociali e quali regole per accreditarsi (sappiamo che per il metodo di governo a rate e del “vediamo dopo” sono domande impegnative), ci permettiamo un breve commento.

Le lotterie, da sempre, si sono legate alla “scusa” della filantropia. Ma qui sembra rovesciarsi anche la logica che a Genova – e poi a Napoli e poi ovunque – portò al famoso – o famigerato – “lotto delle zitelle”, quando si dava una dote a 5 ragazze povere. Qui non è più questione di scuse, è ben altro. Non è la sorte buona, in qualche modo, a compensare una sorte avversa: è l’atto del donare a essere messo in gioco sic et simpliciter e, per ciò stesso, deresponsabilizzato. Questo salto logico è, anche, un completo ribaltamento morale. È la gamification del rapporto di dono che, forse, è ancor peggio della sua mercificazione. Con gamification intendiamo l’inserimento in schemi gioco, di ciò che non è un gioco. E il donare non è mai un gioco. Donare è oltre il gioco. Donare è relazione. La lotteria proposta nell’emendamento denota qualcosa di profondo e tragico: la caduta, più che del nostro senso morale, del buon senso che ci dovrebbe ancorare alle cose. A ciò che sono e a ciò che non sono


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