Cooperazione & Relazioni internazionali

Russia-Ucraina. Generale Morabito: «Il dialogo diplomatico raffredderà i focosi nazionalisti di Kiev»

«La mia opinione - spiega il generale Giuseppe Morabito - è che tutto questo attivismo russo e conseguenti reazioni dall’Occidente siano in relazione con le elezioni presidenziali che si terranno in Ucraina del 31 marzo 2019»

di Filippo Romeo

Lo scontro navale avvenuto nello stretto di Kerch domenica scorsa ha alzato nuovamente il livello di guardia tra Russia e Ucraina. Il Parlamento di Kiev, infatti, a seguito dell’incidente ha approvato la legge marziale per 30 giorni nelle regioni al confine con la Russia e nell’area del Mar Nero; decisione questa che potrebbe rappresentare per il Cremlino un rischio di escalation.

Sulle vicende del Mar di Azov abbiamo chiesto di esprimere un’ opinione al Generale dell’Esercito Giuseppe Morabito, docente presso il NATO Defense College Foundation.

Qual è la sua opinione circa questa crisi?
E’ troppo presto per definire i termini in modo chiaro. Bisogna partire dal fatto che fino ai fatti dell’altro giorno i movimenti reciproci sembravano sotto controllo anche se l’Ucraina appariva determinata a giocare fino alla fine la carta della disputa marittima. Importante è che l’Unione Europea e la NATO abbiano immediatamente chiesto moderazione da entrambe le parti e invitato Mosca di ripristinare l’accesso allo stretto di Kerch necessario all’Ucraina per consentire i movimenti delle sue navi verso i porti su entrambi i lati della penisola.
In sintesi la mia opinione che tutto questo attivismo russo e conseguenti reazioni dall’Occidente sono in sistema con le elezioni presidenziali in Ucraina del 31 marzo 2019. La parola chiave è “Moderazione”.

Quali sono stati i motivi scatenanti?
Nell’ ambito della controversia sulla Crimea, la Russia persevera nella sua politica di controllo dei mari prossimi al suo territorio cercando di interdire l’accesso dell’Ucraina al Mare di Azov. Dopo la formidabile mossa strategica dell’ annessione della Crimea del 2014 (ritenuta illegittima alla luce della Risoluzione 68/262 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite), la Russia aveva cercato di consolidare il suo possesso anche sugli spazi marittimi adiacenti. In particolare sul Mare di Azov, un bacino interno spartito con l’Ucraina dall’accordo del 2003 e passato quasi interamente sotto controllo russo.
Punto strategico è lo Stretto di Kerch nella cui prossimità è avvenuto l’ incidente. Sebbene l’Ucraina ne reclami il libero passaggio per poter accedere all’importante porto di Mariupol, la Russia non è di questo avviso.

Che conseguenze si prevedono?
Come detto l’Unione Europea e la NATO hanno immediatamente chiesto moderazione da entrambe le parti. Atteso che il portavoce dell’Unione Europea ha “solamente” dichiarato:

“As clearly stated by the High Representative at the European Parliament recently, the events in the Sea of Azov are a demonstration of how instability and tensions are bound to rise when the basic rules of international cooperation are disregarded. The construction of the Kerch Bridge took place without Ukraine’s consent and constitutes another violation of Ukraine’s sovereignty and territorial integrity. It has led, in parallel with the militarisation of the Azov Sea, to tougher controls on naval traffic in the strait. The European Union expects Russia to stop the inspections. The EU does not and will not recognise the illegal annexation of the Crimean peninsula by Russia” .

A seguito dell’incidente è stata, inoltre, convocata una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sul pericoloso sviluppo della situazione.
Ritengo, pertanto, che dopo alcuni giorni di “dichiarazioni bellicose anche ad uso interno ( vedi le citate elezioni di marzo), l’ Ucraina passi nuovamente al dialogo diplomatico in quanto il paese dipende quasi interamente dalle forniture di gas russo e “mezzo giro di manovella” da parte di Putin in questo inverno equivarrebbe a “tanto freddo” per i pur “focosi” nazionalisti di Kiev.

Filippo Romeo è analysts di Vision and Global Trends Internationa Institute for Global Analysis, da cui riprendiamo l'intervista.


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