Education & Scuola

Essere adolescenti al tempo dei like

Alessia Cruciani, autrice del romanzo per ragazzi "La guerra dei like", ne parlerà oggi a Bari a “Parole a scuola”, la giornata di formazione sulle competenze digitali organizzata dall'Associazione Parole O_Stili. «La dipendenza dai like mi spaventa anche più del cyberbullismo», dice l'autrice

di Sara De Carli

«Essere adolescenti a colpi di like»: si intitola così uno dei 30 workshop che si terranno oggi a Bari all'interno di “Parole a scuola”, la giornata di formazione sul tema delle competenze digitali e dell’ostilità nei linguaggi organizzata da Associazione Parole O_Stili, Università Cattolica, Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con MIUR e Corecom Puglia. Perché fra i compiti degli insegnanti oggi c’è anche quello di capire se uno studente ha bisogno di aiuto, ottenere la sua fiducia e convincerlo a parlare. Ne parleranno Alessia Cruciani, giornalista de La Gazzetta dello Sport e autrice del romanzo per ragazzi La guerra dei like e Daniele Manni, insegnante di informatica al liceo Galileo-Costa di Lecce, candidato nel 2015 al Global teacher prize, ispiratore del movimento studentesco MaBasta contro il bullismo.

La guerra dei like, uscito a febbraio per Piemme, è un romanzo basato su fatti realmente accaduti. Un libro davvero consigliatissimo, adatto a ragazzi dai 10 anni. Leggerlo è un’immersione in un mondo che per noi adulti è difficile da immaginare, con un realismo assolutamente palpabile. Cristiana e Ruggero sono due 13enni che frequentano la stessa scuola. Sono amici, nella loro diversità. Lei sogna di fare la ballerina alla Scala e piace ai ragazzi (facendo ingelosire le invidiose e fashion compagne), lui è il più basso della scuola, sempre vestito di nero ed è il più bravo della classe (infastidendo quelli con poca voglia di studiare). Due figure positive e solari, pulite. Ma basta un attimo e inspiegabilmente Cristiana e Ruggero diventano il bersaglio dei bulli: Divina Faina, Wrestler, Moviola, Never Repper… Con genitori e professori (Mamma Ologramma, La Sconnessa, Lo Sceriffo, La Bussola…) incapaci (o ostinatamente impegnati a evitare) di accorgersi di alcunché. Quali sono le regole del gioco? Chiedere aiuto o provare a farsi accettare da chi ti tortura? Lottare o arrendersi, scegliendo la soluzione più estrema?

Nel libro emerge con forza la dipendenza dai like degli adolescenti, questo contare ossessivo quanti like ricevono con ciò che postano su Instagram…
Questo mi spaventa anche più del cyberbullismo. Per loro i like sono la misura del loro essere accettati, dobbiamo rassegnarci: a noi sembra quasi assurdo, ci chiediamo come possano contare così tanto dei rapporti anonimi, di like messi da interlocutori che nemmeno conosci, ma per loro è così. Per noi il giudizio sulle persone era soggettivo, oggi invece si contano i like: chi ha più like è il migliore. Nella realtà l’empatia esiste sempre, i ragazzi si frequentano, si vedono, le amicizie nascono e si mantengono al di là dei like, però è vero che ci fanno molto caso e questo li porta a mettersi nei guai anche al di là del bullismo.

Cosa intendi?
Magari si fanno un selfie proprio per conquistare più like, ad esempio una ragazzina che si faccia un selfie troppo sexy a 13 anni, lo posta e arrivano insulti anonimi che nessuno avrebbe mai pensato né scritto se lei non li avesse suscitati con quella foto fattasi da sola. Oppure le challenge o il farsi selfie in luoghi pericolosi.

Leggendo si ha molto la sensazione di immergersi in un mondo che è proprio come lo racconti, non l’hai solo immaginato o sfiorato superficialmente. Come hai fatto?
Ho parlato con tanti ragazzi, che si sono raccontati con una spontaneità che in effetti che mi ha disarmato. Io fingevo di non stupirmi troppo per quello che mi raccontavano, ma devo aver fatto delle facce eloquentissime… per loro invece era tutto normalissimo. E parlo di ragazzi con genitori molto presenti, con un buon livello istruzione… Raccontavano "lui mi ha scritto e questo quest’altro allora io ho fatto questo"… mi passavano davanti reati, ma per loro era tutto normale. E poi il materiale che mi ha fornito la Polizia postale.

Oggi parlerai a studenti e prof: da dove ripartire?
Credo che si debba insistere molto sul tema della legalità. Fino a 16 anni per legge non potrebbero usare né Whatsapp né Instagram e invece ce l’hanno tutti. E standoci commettono reati senza nemmeno accorgersene. Vorrei che questo a scuola spiegasse ai ragazzi quanto è importante fare attenzione a alle parole, poi loro spesso dicono “scherzavo”. No state trasgredendo la legge, state commettendo reati. Io quando incontro i ragazzi parto da qui, spiegando ai ragazzi come anche nel nostro lavoro – e siamo professionisti – scriviamo, rileggiamo, poi c’è ancora qualcun altro che legge ciò che abbiamo scritto… Loro invece scrivono senza nessun filtro. Bisogna dargli innanzitutto questa consapevolezza, che non possono scrivere tutto ciò che vogliono e che l’anonimato non esiste.

Photo by Elijah O'Donnell on Unsplash


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