Welfare & Lavoro

La solidarietà che fa bene (anche) al portafoglio

Il Villaggio Solidale del Consorzio Famiglie e Accoglienza (Fa) a Lurano in provincia di Bergamo è un caso scuola di imprenditorialità sociale

di Diletta Grella

«Il Villaggio Solidale è come un gol al 90° minuto. Un luogo che ti ribalta la partita, cioé la vita, quando sei in difficoltà» racconta Francesco Fossati, con il piglio deciso di chi questo progetto l’ha voluto con tutte le sue forze.

Siamo a Lurano, in provincia di Bergamo. Un paese di 3mila anime, immerso nel verde. Qui, il Consorzio Famiglie e Accoglienza (Fa), che fa parte del gruppo cooperativo Cgm, ha dato vita al Villaggio Solidale, inaugurato l’estate scorsa.

«Da sempre, attraverso la nostra rete di cooperative, ci occupiamo di bambini e adolescenti, oltre che di madri con figli che attraversano situazioni di grave disagio» continua Fossati, che è presidente del consorzio. «Nel 2012, insieme a cinque famiglie di volontari, abbiamo pensato di dare vita ad un posto dove accogliere queste persone e aiutarle a reinserirsi nella società. Un posto che ricordasse un po’ le vecchie corti bergamasche, dove ci si dava sempre una mano». Il Villaggio comprende 18 appartamenti. Cinque sono destinati alle famiglie di volontari, gli altri 13 a chi ha bisogno. Al momento, di questi 13, 8 sono occupati. In totale le persone accolte sono 24. Il più giovane è un bambino di sei mesi, il più anziano è un papà di 56 anni. Gli ospiti sono neomaggiorenni che escono da comunità-alloggio di tutela minori, ma anche mamme e papà in difficoltà economica o personale. Arrivano al Villaggio Solidale attraverso i Comuni di residenza o attraverso altre comunità. Presto verranno accolti anche dei rifugiati.

Tre cicli da sei mesi

«Il nostro obiettivo non è semplicemente quello di mettere un tetto sopra la testa di queste persone» chiarisce Fossati. «Noi vogliamo aiutarle a inserirsi nella società e soprattutto a trovare un lavoro, e qui sta l’innovatività. Per questo abbiamo previsto un percorso di 18 mesi (più altri 18 in caso di difficoltà). Nei primi 6 mesi le persone si ambientano, nei successivi 6 iniziano ad integrarsi con il territorio e a lavorare, negli ultimi 6 cerchiamo di aiutarle ad organizzarsi una vita indipendente fuori da
qui». Gli ospiti trovano lavoro attraverso la rete di cooperative che compongono il consorzio Fa, ma anche attraverso altri canali. Il Villaggio si sta inoltre trasformando in un incubatore lavorativo e sociale: si stanno infatti predisponendo un punto vendita di ortaggi, un centro cottura, una stireria e una sartoria, che presteranno il loro servizio a privati, negozi ed aziende, e dove potranno lavorare le persone accolte. «Ognuna delle cinque famiglie di volontari che vivono qui ha l’incarico di prendersi cura di alcuni ospiti», continua Fossati. «Grazie al loro lavoro gratuito e alle attività retribuite che gli ospiti svolgeranno, riusciremo ad abbattere di circa il 40% le rette che sono a carico dei Comuni invianti e delle famiglie di origine».

Angela Ravasio e il marito Domenico sono una delle cinque famiglie di volontari che oggi vivono nel Villaggio e che hanno partecipato alla sua progettazione. «Io e mio marito abbiamo due figli, di 28 e 24 anni», racconta «ma da molti anni accogliamo in affido diversi bambini e ragazzi, come Sara che ha dieci anni e che è con noi ormai da tre anni e mezzo. Quando Francesco Fossati ci ha parlato del progetto del Villaggio, ormai sei anni fa, ci siamo subito entusiasmati. Questo è un posto speciale, fatto di abbracci, di incontri, di emozioni. Qui si impara a convivere, ad andare incontro all’altro. Qui si comprende il valore dell’accoglienza, su cui io e mio marito abbiamo sempre cercato di impostare la nostra vita. Certo, non è sempre facile, è una sfida continua, ma per noi è il sale della vita». Ad aiutare le cinque famiglie che hanno deciso di vivere al Villaggio, c’è anche una rete di circa 25 volontari, coordinati da Angela. «Il loro aiuto per noi è molto importante:» continua, «insieme a loro stiamo organizzando un calendario di eventi (mostre, cene, feste…) aperti a tutti. Queste sono occasioni, che ci aiutano a integrare sempre di più questo luogo e i nostri ospiti nel territorio».

L’autonomia è fondamentale
Nel Villaggio ha sede anche un Servizio di Formazione all’Autonomia (Sfa). «Ci troviamo qui quattro mattine alla settimana, con una dozzina di ragazzi con disabilità, dai 18 ai 35 anni, che provengono dai paesi vicini» spiega Stefano Passoni, educatore.

«Svolgiamo attività come la preparazione di bomboniere e regali per aziende. I nostri ragazzi sono una presenza costante del Villaggio, gli ospiti interagiscono tra loro, ma anche con le persone che vengono a ordinare gli oggetti regalo. Pian piano si sta creando quindi una comunità viva. Noi vorremmo proprio che il Villaggio diventasse un punto di riferimento importante per il territorio». «Sono arrivata qui a luglio, prima vivevo in una comunità», ci dice Sofia, 19 anni, mentre prepara il pranzo per lei e per Yasmine, la sua vicina di casa, che ormai è un’amica. «Sto seguendo un percorso verso l’autonomia, che per me è fondamentale. Presto inizierò un tirocinio in un’impresa di pulizie. Sto imparando come si tiene una casa, e presto imparerò che cosa vuole dire lavorare e gestire il denaro. Rispetto ad una comunità, c’è il vantaggio che qui ho la mia casa: quando preferisco stare da sola posso farlo, quando ho voglia di vedere gli amici, apro la porta ed esco in cortile».

Paolo, 27 anni, ha alle spalle un brutto incidente, che gli ha procurato un trauma cranico e qualche difficoltà motoria: «Qui non sono mai solo, perché mi coinvolgono in mille attività», racconta. «Come vedo il Villaggio tra dieci anni? Io vorrei che diventasse un simbolo a cui altri possano ispirarsi» conclude Fossati.

In apertura foto di Elisa Di Carlo


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