Politica & Istituzioni

Bruni: «Non è un partito di cattolici il luogo dell’innovazione per l’Italia»

Cento anni fa, con un appello “ai liberi e ai forti” nasceva il Partito Popolare. Ma l'attualità di don Luigi Sturzo non può declinarsi in un partito dei cattolici, deve partire da un'ispirazione profetica. Ne parliamo con il professor Luigino Bruni

di Marco Dotti

«L’Appello ai Liberi e Forti di Luigi Sturzo fu un atto autenticamente profetico e come tale», spiega il professor Luigino Bruni, «è ancora capace di ispirare la lettura del nostro tempo e l’azione. Ma quando si attinge acqua dal pozzo profondo della storia, occorre tornare alle domande non alle risposte».

L'Appello, redatto il 18 gennaio del 1919, nasceva da una profonda visione e da un'altrettanto profonda capacità. Capacità di «ascoltare le vibrazioni morali e spirituali profonde», spiega il professor Bruni. Don Sturzo conosceva le istituzioni, ma ancor più conosceva i processi di che, dal sociale, fanno e creano comunità nel segno dell' “esperienza umana”, Un'esperienza umana che Sturzo riuscì a elevare ad una dignità culturale tale da essere capace di comunicarsi all’intero Paese.

Nel rapporto tra le parti e il tutto, Sturzo non perse mai di vista il tutto (il bene comune), senza mai trascurare le parti. Il cristianesimo dell’Italia di oggi è profondamente diverso da quello dell’Italia di Sturzo. Ma è ancora vivo. La minaccia oggi viene soprattutto dal suo interno. da una fece, ci spiega il professor Bruni, «vissuta come consumo emotivo», incapace di ascoltare il grido dei poveri.

Professor Bruni, Sturzo era capace di cogliere i movimenti di un sociale visto come forza istituente, non come mero apparato di gestione di problemi.​ Oggi?
Nell’Appello, nelle opere, ma direi in tutta la vita di Sturzo c’è una vocazione dell’Italia, una vera idea di Paese. In questa idea, che ruolo può avere la tradizione cattolica e sociale? Questa è la domanda cruciale da cui ripartire.

La risposta può essere un partito dei cattolici?
In un momento di innovazione fatta dai grandi partiti di massa che nascevano in quegli anni, Sturzo ha fatto a sua volta nascere un partito. Ma non possiamo pensare di rispondere alle domande dell’Italia di oggi creando un nuovo partito di cattolici…

Perché?
Innanzitutto dovremmo aver chiaro che cos’è l’Italia di oggi. Il tema dell’Europa, delle migrazioni, il web… Già su questo punto mi pare che la confusione sia grande. Poi c’è da ricordare che le innovazioni, oramai, si muovono su altri fronti rispetto a quello dei partiti. Se ci fosse Sturzo, oggi, farebbe qualcosa di molto diverso rispetto a dar vita a un partito politico. Darebbe forse vita a un movimento per tutti.

C’è chi pensa che la politica sia un’arte che si apprende senza preparazione, si esercita senza competenze, si attua con furberia. E anche opinione diffusa che alla politica non si applichi la morale comune, e si parla spesso di due morali, quella dei rapporti privati, e l’altra (che non sarebbe morale né moralizzabile) della vita pubblica. Ma la mia esperienza, lunga e penosa, mi fa concepire la politica come statura di eticità, ispirata all’amore del prossimo, resa nobile dalla finalità del bene comune

Luigi Sturzo – Il Popolo, 16 dicembre 1956; Politica di questi anni (1954- 1956)

E i cattolici?
In Italia, i cattolici hanno bisogno di più profezia sui grandi sociali. Questa profezia dovrebbe diventare un luogo che viene prima di tutti, per tutti. Ma, soprattutto, che viene prima dei partiti. Si tratta di fare voice e protesta, chiedendo in modo forte a chi è al governo di fare una politica secondo certi principi. Oggi il movimento cattolico è l’unico movimento che è rimasto vivo in Italia, dopo il Novecento e dopo il crollo delle grandi narrazioni. Il movimento cattolico ha una dimensione di idealità che deve creare terreno comune. Se invece esprime una parte, che alle elezioni prenderà il 2 o il 3%, chiaramente entrerà nella logica dei voti e del “presentismo”. Una logica che inevitabilmente ne annullerà la carica profetica.

Come vede un luogo prima dei partiti…
Lo vedo come un luogo dinamico, profetico, carico di prospettive. Un luogo da cui proporre istanze e fare coscienza civile. Le domande di Sturzo erano esattamente queste. Nell’Appello ai liberi e forti, Sturzo parla della riforma fiscale, della scuola, delle pensioni, del lavoro. Sono i nostri temi, che sono peraltro i grandi temi di sempre. Ciò che dobbiamo fare è capire come tradurre questi temi e queste domande in risposte attuali. Non credo sia facile. E, soprattutto, non credo possa essere un partito dei cattolici a farlo. La dimensione del nostro agire è più ampia..

L’eredità di Sturzo va anche nella linea delle opere…
Esattamente: dobbiamo fare opere. Dobbiamo operare. L’innovazione avviene sul piano del civile, non sul piano del partitico. Dobbiamo rilanciare opere: università, imprese, banche. Questo fecero i cattolici nel Novecento con le banche cooperative e con le cooperative stesse. I cattolici con Sturzo e nella linea di Sturzo “scrissero, pensarono e fecero opere”.

Noi, oggi?
Non scriviamo in modo originale. Pensiamo poco in profondità, storia e teorica. Ma, soprattutto, non facciamo opere importanti. E vorremmo fare un partito? Questa dimensione del civile, come luogo delle innovazioni di oggi, innovazioni che hanno effetto sul politico, è fondamentale. Il mondo cattolico non produce più società civile organizzata. Siamo sparpagliati su mille fronti, tutti molto piccoli.

Eppure, il suo nome spesso circola come fra i possibili impegnati in un possibile partito cattolico…
Non è un partito il luogo dell’innovazione per l’Italia.


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