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Educatore, due formazioni e due professioni. E adesso?

«Al termine del processo normativo che si è dipanato nello scorso anno e mezzo, prendiamo atto che le definizioni normative dell’educatore sono due, con ambiti di attività diversamente delineati: sanitario da un lato, pedagogico dall’altro», scrive l'associazione di pedagogisti ed educatori Apei

di Alessandro Prisciandaro e Gianvincenzo Nicodemo

Da separati in casa, a sentenza definitiva di divorzio, gli educatori diventano professionali. La Legge di bilancio 2019, il cui testo è entrato in vigore il primo gennaio ha concluso un dibattito storico nel mondo delle professioni sociali sulla figura e il ruolo dell’educatore. Da un decennio contestiamo l’idea che la risoluzione al pasticcio introdotto nel 1998 dal Decreto 520 sia l’eliminazione dell’educatore SDE e la sua naturale prosecuzione nel Pedagogista, o almeno contestiamo l’educatore unico nella visione per cui, esistendo una sola professione sanitaria (quella del 520/98) tutti i professionisti dell’educazione dovrebbero essere ricondotti all’educatore professionale socio sanitario.

Contestavamo l’educatore unico, così inteso per due motivi. In primo luogo ritenevamo che incardinare la formazione degli educatori nelle facoltà di medicina fosse un grave errore sul piano operativo e disciplinare in quanto le sedi naturali delle scienze pedagogiche erano e sono le facoltà di scienze della formazione prima, e i dipartimenti relativi poi. In secondo luogo ritenevamo che questa versione dell’educatore unico fosse non praticabile (la lettera e la sostanza delle norme sulle professioni sanitarie non lo avrebbero consentito) e non sensata (in quanto non si accorpa una professione da 200.000 educatori socio pedagogici, a quella di educatore socio sanitario di poche migliaia, semmai si fa il contrario).

Questa visione sanitarizzante dell’educatore formato a medicina, propagandata per anni dai pochi sparuti EP sanitari, è stata sconfitta dalla storia e definitivamente sancita dalla 205/17 frutto delle lotte dei pedagogisti per il loro riconoscimento professionale che ha avuto il suo apice nella manifestazione del 4 dicembre 2016 a Roma.

Uno sguardo sereno sulla realtà normativa alla data odierna dovrebbe consentire di prendere atto che al termine del processo normativo che si è dipanato nello scorso anno e mezzo (DLgs 65/2017, L.3/2018, L.205/2017 e L.145/208) le definizioni normative dell’educatore sono due, con ambiti di attività diversamente delineati: sanitario da un lato, pedagogico dall’altro.

Nella definizione della normativa vigente siamo in presenza di un Educatore Professionale Socio Pedagogico che lavora in tutti gli ambiti, dal sistema 0-6 al sociale al socio assistenziale, al socio sanitario e della salute. Permane la professione di Educatore Socio Sanitario, dentro le classi delle lauree in professioni sanitarie e della riabilitazione, che continua un suo autonomo percorso. A nostro modo di vedere il doppio canale formativo e la diversa caratterizzazione dei due profili, sia relativamente alla preparazione accademica che alle norme legislative, non conducono alla medesima professione con pari opportunità sul sociosanitario ma a due professioni diverse, con una declinazione della mission differente e con un corpo teorico professionale diverso per storia e per approccio disciplinare. Questo di fatto pone fine al disastro prodotto dal 520/98 venti anni fa.

Sul versante dell’Educatore Socio Sanitario va rilevato come il 520/98 e la Legge 3/2018 non facciano riferimento all’ambito sociale. Il 520/98, in particolare, nasce da una delega che riguarda esclusivamente le professioni sanitarie contenuta nel Dlgs 502/92, e pertanto non può riguardare le professioni sociali al di fuori del socio sanitario. D’altro canto, nel caso dell’Educatore Socio Pedagogico si è definita una professione che può operare nel sociosanitario e nel sanitario ma non è ricompresa tra le professioni sociosanitarie ai sensi della Legge Lorenzin. Ciò porta a qualche problema in alcune regioni per i servizi più spinti sul versante sanitario, e resta da chiarire in che modo possano essere assunti gli educatori socio pedagogici e i pedagogisti nei ruoli sanitari, stante le attuali definizioni del comparto. A tale problema potrà mettere mano il processo che sta portando alla ridefinizione dei contratti collettivi di lavoro.

Resta da capire che senso abbia mantenere in piedi una professione come l’Educatore Professionale Socio Sanitario con un ingiusto balzello (oltre 350 € tra formazione obbligatoria e costi di iscrizione), quando esistono altre professioni sociosanitarie, come i sociologi, che di tale obbligo sono privi. Le università di medicina formano una professione sociosanitaria che potrebbe essere tranquillamente formata, stante l’attuale quadro normativo, dalle facoltà di scienze della formazione, che lo fanno già da molto prima del 1998 e i cui costi per unità di laureato professionista formato sono dieci volte più bassi a causa del numero chiuso e dei vincoli delle professioni sanitarie.

Basterebbe a questo punto chiudere il costoso canale formativo Snt2 integrando Scienze dell’educazione con un certo numero di crediti di ambito sociosanitario per completarne la formazione, visti i futuri compiti che lo attendono. Si potrebbe allo scopo approfittare del fatto che il CUN sta mettendo mano proprio in questo momento alla manutenzione straordinaria del corso di laurea in scienze dell’educazione, per adeguarlo ai nuovi compiti previsti dalla 205 e dalla 145.

In ogni caso, ai laureati Snt2 vista la loro particolare formazione nelle classi di laurea riabilitative, il piccolo numero di professionisti, i vincoli del numero chiuso, le 1500 ore di tirocinio in ospedale e alla prevalenza delle materie sanitarie, resta un percorso e uno sbocco occupazionale certo tra le professioni sanitarie e della riabilitazione.

Come è facile intuire, sono tanti i problemi, gli interrogativi e gli scenari possibili. Nelle scorse settimane abbiamo avviato un confronto con i sindacati confederali, perché ad alcuni dei problemi più significativi si po' mettere mano con la contrattazione collettiva. Siamo ad ogni modo disponibili a partecipare ad un confronto pubblico con tutti i soggetti imprenditoriali, politici, sindacali e accademici che fossero interessati a condividere un percorso sulla figura dell’educatore e del pedagogista nei servizi educativi, sociali e sanitari.

Gli autori
Alessandro Prisciandaro, Presidente Nazionale Apei
(Associazione Pedagogisti ed Educatori Italiani)
Gianvincenzo Nicodemo, Consigliere Nazionale Apei con delega alle questioni normative

Photo by Kelli Tungay on Unsplash


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