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Cooperazione & Relazioni internazionali

«Nel 2019 metteremo la povertà estrema con le spalle al muro»

Gayle E. Smith, presidente e Ceo di One Campaign, illustra le opportunità che offre il 2019 per la lotta contro la povertà estrema: dal G7 ad agosto, occasione per costruire una nuova alleanza con l’Africa, alla conferenza di rifinanziamento del Fondo Globale per la lotta all’Aids, la tubercolosi e la malaria ad ottobre, all’aumento esponenziale della popolazione africana entro il 2050, «un’enorme opportunità per la crescita economica globale»

di Gayle E. Smith

Gennaio è in genere un periodo di nuovi inizi, ma per mezzo milione di bambini questo mese potrebbe essere l’ultimo che trascorrono sulla Terra. Oltre 500.000 bambini di età inferiore a cinque anni, molti dei quali vivono nei paesi in via di sviluppo, muoiono ogni mese per malattie e cause evitabili. Una situazione al contempo straziante e intollerabile. Che non deve essere per forza così.

Il 2019 dovrebbe essere ricordato come l’anno in cui abbiamo messo alle corde la povertà estrema, ma perché questo avvenga, i leader mondiali devono sostenere idee coraggiose con una forte leadership e azioni immediate. Per capire quanto sia urgente affrontare questa crisi e le opportunità che il 2019 ci offre per contribuire a risolverla, è importante conoscere i fatti.

Negli ultimi tre decenni, oltre un miliardo di persone sono sfuggite a condizioni di estrema povertà. Si è trattato di uno dei maggiori esempi di cooperazione globale del secolo scorso, e di un risultato misurato non in dollari spesi, bensì in vite salvate. Il nostro compito, tuttavia, è lungi dall’essere concluso. Più di 700 milioni di persone continuano a vivere con meno di 1,90 dollari al giorno, e oltre la metà di queste si trova nell'Africa sub-sahariana.

Aiutare il primo miliardo di persone ad affrancarsi dalle condizioni di estrema povertà in cui versavano è stato difficile. Raggiungere il prossimo miliardo sarà persino più arduo. E ci stiamo rapidamente avvicinando allo scoccare dell’ora zero senza un piano preciso.

Entro il 2050, la metà degli Africani avrà meno di 25 anni. Si tratta di un’enorme opportunità per la crescita economica, ma questa popolazione giovane e in aumento deve anche essere istruita, avere un lavoro, poter accedere a strumenti per il potenziamento delle proprie capacità e responsabilità. Abbiamo di fronte una scelta semplice: investire oggi e ottenere un dividendo demografico domani, oppure rischiare di sprecare la migliore occasione che abbiamo per eradicare, una volta per tutte, la povertà estrema.

Uno dei modi più efficaci per fare la differenza in questa battaglia è assicurarci che le donne e le ragazze non vengano lasciate indietro, che abbiano finalmente pari opportunità nell’accedere all’assistenza sanitaria, all’istruzione, ai servizi finanziari e a un’occupazione di qualità – e possano vivere la propria vita senza essere vittime di violenza o discriminazione. Aumentando di soli 5 dollari pro capite l'importo speso annualmente in interventi chiave destinati a donne e bambini, possiamo ottenere benefici economici e sociali pari a nove volte tale valore.

Quando i governi africani stilano i propri bilanci per il 2019, i paesi donatori promettono nuovi impegni e le aziende private che si espandono nel continente devono chiedersi, in ogni fase del processo, quale sarà l’incidenza delle loro scelte sulle donne e sulle ragazze. Questi investimenti andranno a vantaggio di donne e ragazze, o non faranno altro che accentuare le attuali disuguaglianze? Immaginiamo per un attimo quanti futuri medici, insegnanti e operatori umanitari il mondo guadagnerebbe se dessimo a donne e ragazze l’istruzione, le opportunità economiche e le risorse di cui hanno bisogno, e che meritano, per crescere e sviluppare appieno le loro potenzialità!

Anche i paesi africani devono svolgere un ruolo significativo nel processo decisionale e trovarsi in una condizione migliore per decidere del proprio futuro. Il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato di volere che il G7 di agosto definisca un “quadro di riferimento internazionale per la lotta contro le disuguaglianze” e costituisca una nuova “alleanza con l’Africa”. Per conseguire tale risultato, i leader africani dovrebbero partecipare attivamente a tutte le riunioni del G7, apportandovi contributi preziosi, e non solo figurare nelle foto di gruppo. Troppi paesi africani vengono meno agli impegni assunti circa la quantità di risorse da investire in settori come sanità, istruzione e agricoltura. Il G7 di quest’anno potrebbe portare a concreti partenariati reciproci, fondamentali per incoraggiare i paesi africani a investire maggiormente nei propri cittadini.

Da ultimo, i Grandi della Terra devono dare priorità agli investimenti nel campo della salute globale, di cui si ha così disperatamente bisogno. Ascoltando i telegiornali o i discorsi dei politici, chi potrebbe pensare che l’Aids non sia una malattia del passato, ma una crisi ancora attuale ai giorni nostri? Gli incredibili progressi nel contrastare l’Hiv/Aids hanno determinato un falso senso di sicurezza nei confronti di un'epidemia che ancora oggi miete oltre 2.500 vite al giorno. Le straordinarie scoperte mediche hanno dato speranza a molte persone contagiate, facendo passare in secondo piano la cruda realtà: una diagnosi di Hiv è tuttora una sentenza di morte per chi non ha accesso ai trattamenti salvavita.

In ottobre ci sarà la conferenza di rifinanziamento del Fondo globale per la lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria, un partenariato mondiale che ha contribuito a salvare decine di milioni di vite. È una delle più efficaci ed efficienti organizzazioni internazionali in materia sanitaria e uno degli strumenti più potenti sul pianeta per la lotta contro l’Aids. I leader mondiali, in particolare quelli dei paesi più duramente colpiti dall’Aids come la Nigeria e il Sud Africa, dovrebbero recarsi alla conferenza di rifinanziamento del Fondo globale in Francia con solidi impegni.

Quest’anno è ricco di opportunità per aiutare le popolazioni più povere del pianeta, ma l’inazione e la crescente ondata di nazionalismo continuano a essere i nostri peggiori nemici. Spetta a ognuno di noi contribuire ad amplificare la voce di coloro che si adoperano alacremente e duramente per affrancarsi dalla condizione di povertà estrema.

Incoraggiati dai progressi compiuti e dalle opportunità che abbiamo di fronte, abbiamo veramente la possibilità di mettere la povertà estrema con le spalle al muro. Non deve essere il luogo in cui vivi a determinare se puoi vivere. Il 2019 dovrebbe essere l’anno in cui possiamo fare in modo che ciò accada.

*Gayle E. Smith è Presidente e CEO di ONE Campaign, organizzazione globale che combatte la povertà estrema e le malattie prevenibili, soprattutto in Africa, ed è stata funzionaria di USAID e consigliera sulle questioni relative allo sviluppo del Presidente Obama

Foto di apertura: quentcourtois0/pixabay


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