Welfare & Lavoro

Il paradosso del Reddito di Cittadinanza

Cristiano Gori, ideatore e coordinatore scientifico dell'Alleanza: «È la più grande distribuzione di risorse mai effettuata in Italia sulla povertà e allo stesso tempo rischia di essere un colpo fatale alla possibilità di costruire moderne politiche contro la povertà. Il nodo è esattamente questo.

di Sara De Carli

Dal 2013 l'Alleanza contro la Povertà lavora per l’introduzione in Italia di una misura nazionale, unica e universale, di contrasto alla povertà assoluta. Fino alla primavera 2017, con l'arrivo del Reddito di Inclusione, l’Italia era l’unico Paese d’Europa a non averla. Quando il decreto approvato giovedì 17 gennaio dal Consiglio dei Ministri verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il Reddito di Cittadinanza andrà a sostituire il REI. Lo farà con una dote estremamente più pesante e con un’impostazione radicalmente differente ma anche (nonostante questa sia la misura-simbolo per il MoVimento 5 Stelle, che l’aveva proposta già nella scorsa legislatura) con una certa fretta. L’Alleanza contro la Povertà ha analizzato il Reddito di Cittadinanza ed espresso le sue osservazioni in documento molto duro, che parla esplicitamente, fra le altre cose, di una «distribuzione a pioggia di risorse». Il professor Cristiano Gori è l’ideatore dell'Alleanza e il suo coordinatore scientifico.

Abbiamo il Reddito di Cittadinanza: questa è o non è una buona notizia per i 5 milioni di poveri assoluti in Italia?
Per questa domanda non c’è una risposta univoca, come indica già il titolo che abbiamo scelto per esprimere la posizione dell’Alleanza: “Maggiori risorse, peggiori risposte”. Questo è il Paradosso del RdC, un intervento che allo stesso tempo è la più grande distribuzione di risorse mai effettuata in Italia sulla povertà e insieme rischia di essere un colpo fatale alla possibilità di costruire moderne politiche contro la povertà. Il nodo è esattamente questo.

Parlate esplicitamente del rischio di una «distribuzione a pioggia» delle risorse. È così?
È la conseguenza della scelta di andare così rapidamente, volendo incrementare le risorse e ampliare l’utenza così tanto in modo immediato. Non a caso come Alleanza abbiamo invece sempre proposto progetti pluriennali, di sviluppo graduale, perché chi lavora nel territorio sa bene che costruire risposte adeguate richiede tempo.

L’Alleanza in questi mesi di discussione attorno all’ipotesi di Reddito di Cittadinanza ha sempre messo l’accento sul rischio di incentrare tutto sul lavoro e anche di voler tenere insieme politiche per l’occupazione e politiche contro la povertà. Perché questa impostazione è un punto debole?
Come abbiamo scritto, il Reddito di Cittadinanza si rivolge ai poveri ma gli interventi previsti si concentrano sulla ricerca del lavoro. Tuttavia, numerosi poveri non sono in condizioni di lavorare o non lo sono immediatamente e comunque le offerte di impiego debbono effettivamente esistere: in assenza di adeguate politiche finalizzate alla crescita dell’occupazione, attraverso forti investimenti, quest’ultimo è un presupposto molto fragile. L’errore di fondo consiste nel fare dell’incremento dell’occupazione un obiettivo che non compete primariamente alle politiche contro la povertà, anzi di farne quasi la ragion d’essere. Sovraccaricare le politiche contro la povertà di un obiettivo che non è loro da una parte vuol dire perdere di vista la multidimensionalità della povertà, dall’altra vuol dire creare aspettative irreali, che queste politiche non potranno soddisfare e che nel tempo si ritorceranno contro il Reddito di Cittadinanza stesso e contro i poveri. Sono due “di cui” della focalizzazione su lavoro.

È questo che intendere quando scrivete che «i danni causati dalla fretta ricadranno sul funzionamento del RdC – e quindi sui poveri – più a lungo di quanto oggi non si pensi»?
C’è un esempio molto chiaro: pensiamo ai navigator. Per partire così in fretta, tu assumi persone con contratti inadeguati e che difficilmente potranno avere le competenze necessarie. Poi però queste persone rimangono e sono quelle che devono aiutare i poveri. Il nostro timore è che il Reddito di Cittadinanza, come modello, non consenta di valorizzare l’opportunità che per la prima volta c’è di disporre di un ampio finanziamento. C’è il rischio che il RdC si riveli la strada sbagliata per rispondere alle esigenze dei poveri, senza peraltro raggiungere gli obiettivi di incremento occupazionale. Quando lo si comprenderà, tornare indietro sarà complicato. E a farne le spese saranno i poveri.

È già stato messo in evidenza, in questi giorni, che i “vincitori” del Reddito di Cittadinanza sono i single, mentre a perdere sono i bambini.
È una conseguenza logica del modello: se il modello è concentrato sul lavoro, per definizione dedicherà poca attenzione alla categoria non occupabile. È questione di modello. C’è il tema delle scale di equivalenza, meno favorevoli alle famiglie con più figli, ma anche il fatto che la scelta delle risposte dipende dalla condizione occupazionale dei genitori, non dalle esigenze dei bambini. Ci saranno molti bambini che seguiranno i genitori al Centro per l’Impiego: se nella scelta se indirizzare i richiedenti al Comune o al Centro per l’impiego la decisione è legata alla condizione occupazionale del genitore, la realtà del bambino non è considerata.

Nella bozza di decreto, nel passaggio relativo al Patto di inclusione sociale, si rimanda esplicitamente al REI e al patto per l’inclusione, che cambierà nome ma rimarrà. C’è anche chi dice che in fondo le due misure alla fine si somigliano. Quali sono invece le differenze?
La prima è che il REI prevede che il primo punto di approdo siano i Comuni, che sono gli unici che hanno la strumentazione per guardare alla povertà in tute le sue facce. Il REI è un sistema integrato basato su una concezione multidimensionale della povertà, mentre il RdC è sistema duale con prevalenza del centri per l’impiego rispetto. Detto altrimenti, con il REI si parte da uno sguardo multidimensionale sulla tua condizione e in base a questo si decide la risposta adatta a te, con il RdC lo sguardo è sulla condizione di lavoro degli adulti della famiglia e la risposta viene decisa in base a questo. Spiace peraltro che non sia stato valorizzato tutto lo sforzo e il percorso compiuto dagli operatori in questi mesi, che non sia stato dato peso importante a quanto gli operatori hanno costruito con il REI in parte con SIA.

Che cosa farete ora?
Continueremo a offrire il nostro contributo, stiamo elaborando puntuali proposte di miglioramento del Decreto, con lo spirito costruttivo che ci ha sempre contraddistinto e ci auguriamo di poter avviare un approfondito confronto con il Governo e con il Parlamento. Il tema del futuro è fondamentale, perché quando tra sei mesi o un anno si capirà che questa non è la strada giusta, ci sarà stato il caos della partenza della nuova misura, le persone non avranno le risposte, non ci sarà lavoro… sarà difficile tornare indietro. Esiste il pericolo che tutto ciò faccia crescere la schiera di chi si oppone alla lotta contro la povertà, temiamo che il malfunzionamento del Reddito di Cittadinanza porterà molti ad affermare che “il RdC ha fallito, quindi sostenere i poveri è sbagliato”.

Roberto Rossini, portavoce dell’Alleanza, aveva espresso i dubbi sulla “sovraesposizione” dei Centri per l’Impiego e sulla contestuale "sottoesposizione" del non profit e del Terzo settore…
È anche questa una conseguenza del modello, innanzitutto perché gli attori pubblici che fanno rete a livello locale sono i Comuni, non i Centri per l’Impiego. È chiaro che questo modello contrasta col lavoro di rete a livello locale. Se tu hai una concezione monodimensionale della povertà, tutto il lavoro locale per la coesione sociale viene molto ridotto.

Non la preoccupa, dopo tanta advocacy per i poveri, questa convinzione diffusa e spesso esplicitata per cui le persone che attendono il Reddito di Cittadinanza sarebbero quelli che vogliono vivere “sul divano”? Persino Di Maio ha parlato di “norme anti-divano”.
Questo è uno dei danni di questi mesi. Tra l’altro le cosiddette “norme anti-divano” sono perlopiù inapplicabili, sono inefficaci sul piano pratico ma dannose su quello culturale. Il pericolo di comportamenti scorretti esiste ma riguarda l’intera società italiana, questi non sono un’esclusiva dei poveri.

In allegato, la posizione dell'Alleanza contro la Povertà.

Foto Unsplash


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