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Cooperazione & Relazioni internazionali

Agire è stata uccisa dalla politica e dall’avversione tutta italiana ai network

La rete delle ong per la gestione delle emergenze internazionali ha chiuso. «Siamo stati abbandonati dalla Rai la cui governance cambia ad ogni cambiamento al Governo e dalla diffidenza da parte delle aziende nei confronti del lavoro di network», sottolinea la ex presidente Sandy Sandall

di Lorenzo Maria Alvaro

Nel 2007 nasce l'agenzia Agire. Un network delle nove principali organizzazioni non governative italiane «che hanno scelto di rispondere insieme alle più gravi emergenze internazionali», come recitava il sito. Recitava perché è di queste settimane la notizia che Agire non c'è più, è stata chiusa. Per capirne il motivo abbiamo chiesto alla ex presidente Sandy Sandall. L'intervista


Perché nel 2007 nasce Agire?
È stata creata da alcune ong che avevano una lunga esperienza in cooperazione e sviluppo e gestione grandi emergenze. Pe ridurre la complessità che c'è in Italia negli appelli per le emergenze internazionali. Ci sono centinaia di associazioni, un settore frammentatissimo. Quindi si è immaginato di dare una voce unica e parlare in modo univoca al pubblico. Un modo per evitare la confusione del donatore e superare i limiti nella trasparenza. Un meccanismo che non è stato inventato dal nulla ma che è stato mutuato dall'estero. Un modello molto efficace in molti Paesi. Ma che a quanto pare in Italia non ha funzionato.

Nel senso che è non ha mai attecchito?
No, al contrario. All'inizio è andato molto bene. Con l'appoggio e la collaborazione della Rai nel 2010 affrontammo il terremoto di Haiti, nel 2011 le alluvioni del Pakistan e poi lil Corno d'Africa. Dal 2012 la Rai ci ha abbandonato e ritirato il suo appoggio preferendo al network di ong italiane le Agenzie delle Nazioni Unite. A quel punto Agire è finito in un circolo vizioso: per ottenere l'sms solidale dalle case telefoniche bisogna avere l'appoggio media, ma i media per darti gli spazi chiedono di avere la campagna sms. A quel punto Agire è stata tagliata fuori. Possiamo dire che per il network l'avvento di Gubitosi in Rai con il riordino del Segretariato sociale dell'azienda è stato l'inizio della fine.

Potrebbe condensare in numeri la differenza tra l'avere e non avere la Rai come partner?
Per Haiti abbiamo raccolto intorno ai 16 milioni. Per emergenze simili senza la Rai siamo arrivati a raccogliere solo 2 milioni. In Italia, purtroppo, la televisione è ancora il media principale. Non è come in altri paesi in cui il digitale funziona.

Lei come si spiega la scelta della Rai?
Non saprei. Quello che è certo è che in Rai a seconda di come cambia il Governo cambiano i dirigenti del media pubblico. Un continuo cambio di governance che non aiuta a creare accordi strategici e di lungo termine. Ad ogni cambio cambierà anche la politica aziendale e quindi gli accordi.

Quindi tutta colpa della Rai?
Non solo. In Italia è molto difficile far riconoscere il valpore aggiu8nto di un network. Io da presidente ho parlato con tante organizzazioni e aziende. A parole l'idea piace a tutti. Poi però quando si tratta di sostenerlo non si arriva a un dunque. Acneh se i donatori invece ha sempre riconosciuto la bontà dell'idea con le proprie donazioni.

Tutto questo vi ha portato alla scelta di chiuderla…
Si con grande rammarico. Ma non c'erano alternative. Agire non era solo frutto di grandi sforzi, impegno e lavoro. Ma aveva anche un costo. Niente di gigantesco, intorno ai 20/30 mila euro. Ma quei soldi venivano sostenuti dalle ong. Ognuna di queste ong deve giustificare con i propri donatori quel denaro speso per tenere in piedi un'agenzia che non era più in grado di fare quello per cui era stata pensata. Come spiega una ong ai propri donatori che parte dei fondi vengono usati per tenere in piedi il segretariato di una Agenzia che non riesce più a fare gli appelli per le emrgenze.

Quindi è stato solo un fallimento questa esperienza?
No il contrario. È un modello validissimo per il futuro. Per funzionare servirà prima fare un lavoro culturale. Sono sicura che quando i tempi sono maturi arriverà qualcuno che deciderà di investire e riprovare a costruire qualcosa di simile. È chiaro che ci deve essere anche un supporto e un riconoscimento a livello sia politico che sociale.


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