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Noi e gli altri, tredici ragazzi raccontano i migranti

Il Cepell, Centro per il libro e la lettura, dal 2015 ha istituito il premio “Scriviamoci”, rivolto ai ragazzi delle scuole secondarie, in tutta Italia e negli istituti italiani all’estero. Il tema scelto per l’edizione 2018 è stato “Noi e l’Altro”. Sono stati presentati in tutto 263 elaborati, i 13 racconti più significativi sono stati raccolti in un libro pubblicato da Città Nuova. «Ci siamo accorti che nella maggior parte degli elaborati», spiega Carlo Albarello, curatore del testo, «gli unici temi davvero sentiti dai giovani erano l'immigrazione e l'integrazione».

di Anna Spena

Apro gli occhi, e mi ritrovo ancora una volta in quella situazione. Non era un brutto sogno, e neanche uno di quei brutti scherzi che mi faceva sempre Aamir. Chiedevo spesso alla mamma cosa stesse succedendo, ma lei mi rispondeva solo che presto sarebbe finito tutto. Piange tanto, in questi giorni. Di solito non piange. È forte, la mamma. Lo era anche quando ci ha svegliati, giorni fa, e ci ha tirato fuori dai nostri letti, dicendoci che dovevamo andare. «Andare dove, e perché?», ha chiesto Aamir, ma lei non ha risposto. Ci ha portato lungo delle strade buie, prima che sorgesse il sole, e ci ha fatto salire su una barca. A me è sembrato strano. Alla mamma non piacciono neanche, le barche. E poi, non eravamo soli… eravamo talmente tanti che neanche riuscivo a contarci, e così gliel’ho chiesto, alla mamma, perché non fossimo saliti su un’altra barca, magari più carina, soltanto noi tre. Ma lei non ha risposto”, così inizia Alqarib, di Giulia Quinzi, tra le vincitrici 2018 del premio “Scriviamoci”.

Il Cepell, Centro per il libro e la lettura, dal 2015 ha istituito il premio “Scriviamoci”, rivolto ai ragazzi delle scuole secondarie, in tutta Italia e negli istituti italiani all’estero. Il tema scelto per l’edizione 2018 è stato “Noi e l’Altro”. Sono stati presentati in tutto 263 elaborati, provenienti da 111 scuole partecipanti, di cui 50 Licei e 61 Istituti superiori, distribuite in 18 regioni italiane e in Croazia (due istituti).
«Ci siamo accorti che nella maggior parte degli elaborati», spiega Carlo Albarello che con Assunta Di Febo ha curato il libro nato dall’iniziativa “Noi e gli altri, tredici ragazzi raccontano i migranti”, edito da Città Nuova, «gli unici temi davvero ricorrenti erano immigrazione e integrazione».

Com’è nata l’idea del “Noi e gli altri – 13 ragazzi raccontano i migranti”?
Il libro raccoglie i racconti che sono stati considerati più interessanti che nel 2018 hanno vinto il premio “scriviamoci” istituito dal Cepell.
Il tema del 2018 è stato l’altro. Ci sembrava giusto focalizzare l’attenzione su un fenomeno così attuale per capire come i giovani realmente vivono il dramma e la concretezza dei fenomeni migratori. Volevamo anche capire come attraverso la scrittura i ragazzi sono in grado di restituire la percezione del problema con una voce diversa rispetto a quella della cronaca.

Chi sono gli “altri”, e chi siamo “noi” per i ragazzi?
“Credo che l’umanità sia oggi in cammino. Sta tornando nel luogo in cui non è ancora stata. Per molti anni questi uomini sono stati dimenticati. Ma loro no, non hanno dimenticato il loro essere perpetuamente altri. Non basta la verità della loro storia, deve vestirsi di parole giuste, altrimenti suona artefatta o ipocrita. Balbettare lo considero un difetto. Il mio è solo un reiterato tentativo di avvicinarsi e toccare ciò che è occultato nella parola di coloro che oggi sono percepiti nelle nostre vite come altri”. Ho scritto in un saggio “Mai senza l’altro” pubblicato nella postfazione del libro. Noi siamo sempre l’altro. La nostra dimensione soggettiva desidera e prevede sempre la presenza dell’altro. Soprattutto dipende da lui. Oggi sembra che la tendenza voglia essere quella di vedere l’altro come un pericolo, come qualcosa da estromettere. Ma in realtà è solo la presenza dell’altro che ci permette di dire chi siamo. E questo i ragazzi lo capiscono meglio di certi adulti.

E i ragazzi come percepiscono il fenomeno migratorio dopo la comunicazione diffamatoria degli ultimi mesi?
Viene percepito come dramma e tragedia. E cercano risposte vere e umane. La maggior parte dei racconti che ci sono arrivati, ed anche i tredici che sono stati pubblicati, si focalizzano sulla scelta di vita che porta queste persone a lasciare la loro casa. La storia si sofferma sul momento drammatico della separazione dalla terra d’appartenenza. I ragazzi percepiscono la difficoltà di descriverli all’interno della loro stessa società che li vorrebbe reclusi e “sempre più profughi”.

Quale dovrebbe essere il ruolo della scuola?
La scuola dovrebbe garantire ai ragazzi tutti gli strumenti che servono per interpretare il fenomeno migratorio in maniera adeguata. I docenti dovrebbero creare momenti di riflessione affinché le notizie non corrano come l’acqua nel mare sui cadaveri di questi uomini.


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