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Cooperazione & Relazioni internazionali

Centrafrica: trovato accordo tra Governo e gruppi armati

Mauro Garofalo, responsabile esteri della Comunità di Sant’Egidio: «È necessario effettivo disarmo del Paese per dialogo politico»

di Dario Caputo

Dopo innumerevoli trattative e numerosi stop, il Governo centrafricano e i rappresentanti di 14 gruppi armati sono giunti ad un accordo di pace che sarà sottoscritto a Khartoum in Sudan. Il conflitto, che dal 2013 ha costretto alla fuga un milione di persone e ha causato migliaia di morti, era stato generato da questioni economiche, politiche e sociali di cui si è parlato al vertice che ha riaperto la porta alla pace. I quattordici gruppi armati si sono impegnati a un immediato “cessate il fuoco” in tutto il territorio, sotto il controllo di un comitato di sorveglianza composto dagli stessi miliziani e dalla comunità internazionale, a garanzia del processo di pace. Ne abbiamo discusso con Mauro Garofalo, responsabile esteri della Comunità di Sant’Egidio che ha avuto diversi ruoli nel raggiungimento dell’accordo.


Dopo oltre dieci giorni di trattative, il Governo centrafricano e i gruppi armati sono riusciti ad arrivare ad un accordo di pace. Quali sono i vantaggi che deriveranno dalla firma?
L’accordo che verrà diffuso domani durante una cerimonia è un accordo che è stato duramente negoziato tra le parti con la facilitazione di molti soggetti; dopo 17 mesi di durata della iniziativa africana, in cui la Comunità di Sant’Egidio ha avuto diversi ruoli, l’accordo permetterà di raggiungere importanti obiettivi e discutere di diverse tematiche come la giustizia, un Governo di larghe intese e di certe forme di autonomie territoriale che sicuramente porranno le basi ad un processo di pacificazione.

Quali sono state le maggiori difficoltà riscontrate durante il percorso della trattativa?
Le difficoltà sono dovute ai punti che, ormai da molto tempo, sono sulla scena di questa negoziazione: essenzialmente la giustizia e in particolare la sorte dei capi dei gruppi armati e dei loro elementi. Nel Paese è anche attiva la Corte penale internazionale che ha recentemente arrestato uno dei capi delle milizie anti-Balaka e che ha reso necessario trovare delle formule nuove, soprattutto sul tema della giustizia ma anche sul governo di larghe intese. Sicuramente la presenza della Comunità internazionale, dei Paesi della Regione, dell’Unione Africana, delle Nazioni Unite e la Comunità degli Stati dell’Africa Centrale ha facilitato la nascita del suddetto accordo, sostenendolo fortemente.

Il Governo centrafricano che aveva bloccato il negoziato poiché aveva escluso la possibilità di concedere un’amnistia per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, come è riuscito a superare e far conciliare le sue posizioni con quelle dei gruppi armati?
Questo punto sarà ampiamente discusso domani durante la divulgazione dell’accordo; c’è da dire che il Governo Centrafricano non è responsabile delle inchieste della Corte penale internazionale che è un organo indipendente. Di fatto esiste però un richiamo ad una pacificazione immediata anche attraverso forme di giustizia tradizionale che abbiamo visto anche in altri conflitti nel continente africano. C’è stata, come si può ben capire, una discussione molto accesa ma si è arrivati ad individuare delle formule adatte; bisogna vedere adesso quanto e come questo accordo permetterà una stabilizzazione effettiva e quindi un disarmo del Paese. La questione del disarmo, mi preme particolarmente perché va di pari passo con il dialogo politico: bisogna permettere al Governo centrafricano, ma anche alla Comunità Internazionale, di cominciare un vero e progressivo disarmo che è già cominciato tempo fa grazie ad un progetto pilota.


da farodiroma.it a cura di Dario Caputo


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