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Economia & Impresa sociale 

Le coop sociali non hanno nulla da dimenticare, ma tutto da immaginare

Il mondo della cooperazione sociale in occasione dell’Assemblea dei delegati svoltasi a Roma ha fatto il punto sul proprio impegno. Per la presidente di Legacoopsociali Eleonora Vanni «per evitare che la cooperazione diventi un soggetto da consegnare alla storia non dobbiamo rinnegare i nostri valori e trovare nuovi sistemi di comunicazione»

di Paolo Biondi

Il mondo della cooperazione sociale si interroga su cosa debba abbandonare e cosa invece portare avanti: «Noi non riteniamo la cooperazione un soggetto da consegnare alla storia, ma per evitare questo non deve rinnegare i propri valori e trovare nuovi sistemi di comunicazione. Non abbiamo niente da dimenticare ma tutto da immaginare».

La presidente di Legacoopsociali Eleonora Vanni ha aperto l’Assemblea dei delegati svoltasi a Roma con un forte richiamo alle motivazioni ed ai valori dell’agire cooperativistico in un momento di forte crisi sociali. «La nostra matrice valoriale è chiara e condivisa, ma si fatica a condividere le priorità. Siamo stati vittime spesso di luoghi comuni e l’innovazione sociale è diventato così un campo che abbiamo talvolta lasciato ad altri. Il nostro erogare servizi sta in un ambito ben più ampio del nostro agire imprenditoriale», ha aggiunto Eleonora Vanni lasciando al presidente della Legacoop, Mauro Lusetti, il compito di ribadire questo concetto: «I cooperatori rispetto al resto della società dovrebbero essere meno spaesati perché abbiamo una base valoriale che non è cambiata, semmai può essere cambiata l’interpretazione». Proprio per questo «non si tratta di rispondere semplicemente ai bisogni della comunità, ma fine della cooperazione è proprio costruire nuove comunità», ha detto nel corso di una tavola rotonda che ha introdotto l’Assemblea Paolo Venturi, direttore di Aiccon. E il direttore del Censis, Massimiliano Valeri, ha spiegato le motivazioni dello spaesamento sociale: «Si sono infrante le narrazioni post ideologiche: il sogno di un’Europa unita senza frontiere, la globalizzazione pensata come benefici per tutti, l’idea che internet sarebbe stata una leva universale per la democrazia e la conoscenza. Quello che rimane è ora un grande spaesamento e bisogna ricostruire il legame fra le persone e i loro bisogni».

Lusetti ha analizzato in generale il momento che sta attraversando il mondo della cooperazione: «Il tema più insidioso è quello della tenuta economica delle cooperative. Le piccole e medie cooperative stanno dimostrando di sapere affrontare e superare la crisi, ma la nuova caratteristica è che ci stanno abbandonando le grandi cooperative, la cooperazione edile e la cooperazione del consumo, quelle storiche. Il tema delle costruzioni e della Cmc è devastante dal punto di vista economico, sociale e del peso che quelle cooperative avevano nel sistema. Visto però che sono ottimista penso che una delle caratteristiche della cooperazione è la curiosità verso l’innovazione, avere attenzione verso nuovi settori e nuovi bisogni».

“Niente da dimenticare, ma tutto da immaginare” è così diventato il leit motiv di tutta la giornata. Secondo l’ultimo rapporto Istat sulla cooperazione, sono proprio le cooperative sociali ad avere segnato il maggiore valore aggiunto: 8,1 miliardi pari al 73,4% del valore aggiunto dell’intero settore cooperativo. Ma nel corso dell’assemblea romana sono stati sottolineati anche gli aspetti critici. Giancarlo Rafele ha ricordato come esista ancora una “questione meridionale”: «L’87% del valore delle cooperative sociali viene realizzato nelle regioni del Centro-Nord mentre solo il 17% al Sud».

Come affrontare il futuro? Nel corso dell’assemblea è stato svolto un sondaggio fra i delegati su alcune questioni. Interessanti le risposte sulle cose da custodire e portarsi dietro: i valori, la partecipazione, l’inclusione. Netta la risposta su cosa invece buttare: l’autoreferenzialità, la paura, lo sfruttamento.


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