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Mario Giro: Democrazia solidale una forza politica che nasce dal basso

«Stiamo facendo un percorso inverso da quello solito: non sono i partiti che vanno a cercare ogni tanto qualche specchietto per le allodole dalla società civile per metterlo in lista e poi farlo sparire, ma si tratta di fare emergere questa dinamicità dal basso. Felici per l'adesione di Pietro Bartòlo»

di Paolo Biondi

«Basta con la politica che parla a sé stessa e di sé stessa; basta con uno stile gridato, allarmista e contrapposto. Noi abbiamo bisogno di una politica che torni ad occuparsi dei bisogni concreti delle persone e che abbia ragionevolmente la volontà di risolverli. Basta anche con la contrapposizione continua: noi vogliamo una forza politica ecumenica che parta dal basso. Per questo siamo interessati alle prossime amministrative, creando delle alleanze cittadine attorno alla vitalità della società civile che, come sappiamo, in Italia è plurima e molto dinamica e siamo interessati ad amministratori locali che esprimano queste esigenze per portare in una rete nazionale queste esperienze. Quindi si fa un percorso inverso da quello solito: non sono i partiti che vanno a cercare ogni tanto qualche specchietto per le allodole dalla società civile per metterlo in lista e poi farlo sparire, ma si tratta di fare emergere questa dinamicità dal basso».

Mario Giro, viceministro agli Esteri con delega alla cooperazione nei governi Renzi e Gentiloni, spiega così ai lettori di Vita perché ora è fra gli animatori dell’esperienza politica in Demos-democrazia solidale, un'esperienza che ha riaperto, fra l’altro, il dibattito sul rapporto fra i cattolici e la politica.

«Deve riportare in prima linea piuttosto il rapporto fra i cittadini e la politica, inclusi quelli cattolici ovviamente. Oggi spezzare l’elettorato secondo le appartenenze, di qualunque tipo siano, mi sembra una cosa retriva. Per questo noi facciamo un partito ecumenico, non solo di cattolici, ma di protestanti, ebrei, agnostici… Io penso che i valori cattolici, che nella mia vita incarno anche come militanza personale venendo dalla società civile, abbiano un valore perché presenti nella Costituzione. Noi stiamo cercando di fare un nuovo partito».

Nei giorni scorsi avete presentato Pietro Bartòlo, il medico di Lampedusa in prima fila nell'accoglienza ai migranti, che ha aderito a Demos. Si tratta dell’uomo che ha ispirato l’opera Fuocoammare, documentario del 2016 diretto da Gianfranco Rosi, premiato nello stesso anno con l'Orso d'oro per il miglior film al Festival di Berlino. È l’esempio di un movimento che vuole partire dal basso?

«Si inserisce in questo percorso, evidentemente. Per tornare al discorso sui cattolici, se io penso alla vivacità del mondo dell’associazionismo e del terzo settore penso che c’è tanto di quel mondo ma anche tanto che non ha quelle radici».

Ci saranno altri ingressi in Demos con provenienza dal terzo settore e dalla società civile?

«Io lo spero. Stiamo lavorando per questo nei territori, senza cercare vecchio ceto politico di nessun tipo, ma si parte dalla realtà che c’è, dalla vita vera».

Niente riciclati?

«Mi fanno sempre la domanda: chi è il leader? Ma è una domanda stupida, secondo me. Il partito non nasce dal leader. Poi, se la forza politica si struttura esprime un leader naturalmente».

Quali i contenuti? Un programma a partire dal Terzo settore?

«Terzo settore a 360 gradi con due temi molto importanti: il sociale incluso il lavoro e l’ambientale che dovrebbe stare per primo perché oggi se c’è da riformare il sistema bisogna partire dalla sostenibilità».

Qual è la prima battaglia?

«L’abbiamo già fatta in questi giorni nella Regione Lazio. Molto concreta: il governo ha tolto i sussidi alle famiglie che hanno un malato di Sla al loro interno, la Regione Lazio grazie al nostro gruppo li ha rimessi. Per dire che noi ci interessiamo dalla A di Alzheimer alla Z di zona montana e di zingari, dei problemi che toccano la vita quotidiana dei cittadini».


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