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Il Reddito di Cittadinanza va in aula ma senza accordo

Si è concluso ieri sera in commissione Lavoro del Senato l'esame del Reddito di cittadinanza, che andrà in Aula lunedì mattina. Pochissimi le modifiche apportate. Nessun intervento sulle scale di equivalenza, sui minori, sulla disabilità, sulla rete territoriale dei servizi, su cui pure era stata promessa attenzione: tutto rimandato alla Camera, in attesa di un accordo dentro la maggioranza che ancora non c'è

di Sara De Carli

Si è concluso ieri sera in commissione Lavoro del Senato l'esame dell’ A.S. 1018 sul Reddito di cittadinanza. Una manciata gli emendamenti approvati, sui 1.629 che erano stati presentati. Tutti correggono dettagli minuti, solo tre le modifiche di contenuto (a costo zero): la prima per controllare le “false separazioni” (se la separazione o il divorzio è avvenuto successivamente al 1° settembre 2018, il cambio di residenza deve essere certificato da apposito verbale della polizia locale), la seconda per complicare ulteriormente la vita ai cittadini non italiani (sulla falsariga di quel che era successo a Lodi, già giudicato «discriminatorio e illegittimo» dal Tribunale di Milano) e una terza prevede che «Il Patto di formazione può essere altresì stipulato dai Fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua». I cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea «devono produrre apposita certificazione rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, tradotta in lingua italiana e legalizzata dall'Autorità consolare italiana» comprovare la composizione del loro nucleo familiare, fatta eccezione per chi ha lo status di rifugiato politico e per quei Paesi dove «è oggettivamente impossibile acquisire le certificazioni» (la lista la farà entro tre mesi il Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro degli affari esteri). La Lega ha ritirato tutti i suoi emendamenti, «segno che non c’è accordo su alcune questioni o non ci sono le coperture», commenta Edoardo Patriarca. Il decreto è all’ordine del giorno dell’Aula del Senato per lunedì 25 febbraio alle 10,30.

Patriarca è capogruppo Pd in Commissione Lavoro. «Il reddito di cittadinanza prometteva attenzione alle famiglie, in particolare alle famiglie con minori, ma ciò che è accaduto in Commissione Lavoro al Senato dimostra che si tratta solo di propaganda, perché il provvedimento va esattamente in direzione opposta, premia le singole persone e non si fa carico delle famiglie con minori che sono notoriamente quelle più povere nel nostro Paese». Quello in Commissione è stato «un lavoro inutile, perché non hanno accolto nessun emendamento, non c’è stata alcuna apertura e francamente molti emendamenti andavano nella direzione di un miglioramento del testo», spiega Patriarca. «Avevano accantonato una cinquantina di emendamenti e questo lasciava ben sperare, ci si aspettava che una parte di essi sarebbe stata accolta, invece alla fine sono stati tutti bocciati. Una strana melina. Hanno ripetuto più volte, soprattutto il sottosegretario, che accoglieranno le sollecitazioni – in particolare sulle scale di equivalenza, famiglie numerose e con persone con disabilità – alla Camera, ma questo vuol dire andare in terza lettura e quindi – immagino – che il testo in Senato tornerà con la fiducia». Insomma, un iter «deludente», in particolare «per emendamenti che mi stavano molto a cuore e che provavano, ricalibrando le risorse date, a sostenere maggiormente i servizi territoriali dal momento i dati dell’Ufficio di bilancio hanno ribadito che l’impatto maggiore della misura sarà sui servizi territoriali e non sui Centri per l’impiego, quindi quella rete dei servizi territoriali va ulteriormente potenziata, non smantellata per investire tutto su una struttura, quella dei Centri per l’Impiego, che ha bisogno di anni per essere portata a piena efficienza. Emendamenti respinti devo dire con un po’ di stupore».

Patriarca cita anche alcuni paradossi emersi: «L’apparato sanzionatorio utilizza forme penali pesanti, il carcere per una dichiarazione mendace, con l’idea che dei poveri bisogna sempre diffidare. Il Garante per la privacy ha dato giudizio pesantissimo, si mettono a disposizione delle piattaforme dati delle famiglie, loro consumi, addirittura dei loro comportamenti… è inaccettabile, perché dei poveri si può controllare tutto? Alla fine il punto di caduta sarà un sussidio dato a persone che sono certamente in disagio ma non sono i più poveri, senza presa in carico dei problemi di una famiglia».

Fra gli emendamenti bocciati, anche quello che prevedeva di rafforzare la sicurezza per gli assistenti sociali e gli operatori in prima linea, quelli che dovranno gestire aspettative e delusioni dei cittadini. Un emendamento nato dalla documentazione del fatto che in Italia oltre l’88% delle e degli assistenti sociali ha sperimentato aggressioni gravi o gravissime fino a temere per l’incolumità fisica propria o dei propri familiari. Una petizione lanciata ieri su Change.org dal CNOAS ha già raccolto più di 2mila firme.

Foto Senato/Instagram


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