Cooperazione & Relazioni internazionali

Libia: la mappa dei contrabbandieri di merci e di uomini

Secondo gli autori di Lost in Trans-Nation, spingendo il Niger a bloccare i migranti in viaggio verso la Libia meridionale gli Stati europei avrebbero contribuito a innescare una serie di dinamiche destabilizzanti. In particolare, le politiche europee nell'area avrebbero contribuito ad accrescere i rischi per i migranti spingendo i trafficanti a concentrarsi prevalentemente su minori

di Marco Dotti

L'Europa contribuisce alle dinamiche di destabilizzazione lungo il confine meridionale della Libia? La questione è al centro di un recente pubblicazione congiunta di Small Arms Survey’s Security Assessment in North Africa (SANA) e Human Security Baseline Assessment (HSBA), in collaborazione con il Conflict Armament Research.

Dopo la caduta di Gheddafi, la Libia è diventata sinonimo di instabilità e illegalità. Per secoli, si legge nel rapporto Lost in Trans-Nation: Tubu and Other Armed Groups and Smugglers along Libya’s Southern Border firmato da Jérôme Tubiana e Claudio Gramizzi, l'area è stata presidiata da gruppi etnici che vedono il confine come un'imposizione ma non come una barriera. Il rapporto studia in particolare i Tubu, uno di questi gruppi, la cui presenza si estende attraverso la Libia meridionale, il Ciad e il Niger.

Durante la rivolta contro Gheddafi, le milizie Tubu si sono schierate con i ribelli, prima di allearsi con Khalifa Haftar. Sebbeme i Tubu abbiano giocato un ruolo chiave durante la rivoluzione del 2011, sono in costante crescita le divisioni interne e la crescente diffidenza rispetto agli ex alleati nel nord. Cio nonostante, il supporto dei Tubu è costantemente ricercato dalle milizie del nord.

Non solo, Ciad, Niger e Sudan hanno cercato di proteggere i propri confini con la Libia costruendo alleanze con loro. E qui nascono i problemi: molti ribelli ciadiani e sudanesi si sono uniti alle milizie libiche per assicurarsi la loro sostegno, sia su base ideologica sia su base pragmatico opportunistica.

Nella rete di queste alleanze, locali e tranfrontaliere, si apre la grande questione del corridoio Agadez-Fezzan, teatro operativo del jihad, ma anche del traffico di migranti, di oro, di droga e di materiale militare. E qui entra in gioco l'Europa.

Secondo gli autori di Lost in Trans-Nation, spingendo il Niger a bloccare i migranti in viaggio verso la Libia meridionale gli Stati europei avrebbero contribuito a innescare una serie di dinamiche destabilizzanti. In particolare le politiche europee nell'area avrebbero contribuito ad accrescere i rischi di viaggio per i migranti, consegnandoli di fatto nelle mani delle milizie transfrontaliere. La tratta è oramai concentrata prevalentemente su minori sequestati dalle milizie libiche, costretti al lavoro forzato, alla prostituzione e ridotti a una schiavitù per debiti.

Le politiche europee hanno generato tensioni non solo tra autorità civili e militari, ma anche tra i governi e la società civile.

Queste politiche di apparente contrasto, ma di crescente tensione hanno indotto i trafficanti a diversificare i carichi, integrando il trasporto di armi, droga, oro e uomini. Non solo, li ha spinti a percorrere vie più pericolose, aprendo nuovi varchi al traffico di persone e di merci. Il problema è di ordine sistemico e alle nuove vie della tratta neoschiavistica si aggiungono quelle rimaste pienamente attive di armi da fuoco, dirottate illecitamente verso la Libia. Per armi, droga e uomini, il il caos è la precondizione necessaria per garantire l'offerta a un mercato è la cui domanda è in crescita costante.


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