Famiglia & Minori

I bambini di “Bim bum bam”? Genitori fragili e iperemotivi

Mai nella storia l'azione educativa dei genitori è stata così fragile. Non è una colpa individuale ma una questione generazionale: i trentenni di oggi sono stati i primi bambini privati dell'esperienza dell'infanzia, con il gioco soppiantato dalla tv. Il convegno del CPP quest'anno è dedicato a loro ed è apertamente schierato dalla loro parte. Un'intervista a Daniele Novara

di Sara De Carli

I genitori di oggi? Hanno una fragilità educativa mai vista prima nella storia. «Non ci sono colpevoli, noi siamo dalla parte dei genitori e lo dichiariamo. Non c’è nemmeno nostalgia dei genitori di una volta, perché non è vero che quelli erano migliori… Il punto però è che la storia in questo momento ci pone dinanzi al fatto che i genitori sono molto fragili: non è una questione di responsabilità individuale ma di storia. C’è quindi la necessità di aiutare i genitori, perché con tutto quello che oggi sappiamo, è possibile fare molto meglio in campo educativo». A parlare così è Daniele Novara, pedagogista, fondatore e direttore del Centro PsicoPedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti. L’appuntamento con il convegno annuale del CPP, dal titolo “Dalla parte dei genitori”, è per il 13 aprile a Piacenza.

Qual è la ragione di questa fragilità educativa dei genitori trentenni?
È generazionale. I genitori di oggi sono i bambini degli anni Ottanta, i primi ad aver avuto un’infanzia completamente diversa rispetto a tutte le generazioni precedenti: per la prima volta nella storia la televisione ha preso il posto del gioco spontaneo con i coetanei. I bambini degli anni ’80, che sono i genitori trentenni di oggi, sono la prima generazione ad aver avuto un’infanzia non infantile, cioè non basata sul gioco, sulla natura e sul gruppo. Queste tre cose sono state per millenni i pilastri dell’infanzia: anche in termini etologici, di studio del comportamento degli animali, cosa accade? Che i cuccioli fanno vita sperata dagli adulti e agiscono una componente sociale specifica basata sul gioco. Negli anni ‘80, improvvisamente, tutto questo si è interrotto e i bambini sono stati fatti rientrare in casa, tolti “alla cucciolata”, cioè al gruppo spontaneo di amici e cugini, per “bloccarli” davanti alla tv commerciale. Tutti i bambini degli anni 80 si sono fatti due ore al giorno davanti alla tv.

I bambini degli anni ’80, che sono i genitori trentenni di oggi, sono la prima generazione ad aver avuto un’infanzia non infantile, cioè non basata sul gioco, sulla natura e sul gruppo. Tutti i bambini di allora si sono fatti due ore al giorno davanti alla tv

Siamo genitori fragili perché siamo stati troppo davanti alla tv?
Non ho detto questo, ovviamente è più complesso. La tv è stato lo strumento, ma la tendenza sociologica è stata quella del ritiro del figlio dentro casa, del narcisismo che da malattia è divenuto uno stato psicologico collettivo, una dimensione sociale. Questo, dal punto di vista neurocognitivo, ha creato nei bambini una situazione di gravi carenze sul piano emotivo, in particolare nell’autoregolazione emotiva. Parliamo di una generazione che ha avuto un’infanzia meno attiva e più passiva, con molte meno esperienze di quelle relazioni spontanee con altri bambini che permettono lo sviluppo delle capacità autoregolative, specialmente sul piano emotivo. Due cose quindi: si è persa la fiducia nell’autoregolazione dei bambini e i bambini sono stati sottratti alla dimensione sociale, alla comunità educativa, per una privatizzazione del figlio, diventato una proprietà assoluta. La tv negli anni ’80 piuttosto che il tablet o lo smartphone oggi sono lo strumento per esercitare questa proprietà. I genitori di oggi, avendo avuto grossi deficit nella propria infanzia, gestiscono i figli secondo una logica che non corrisponde ai bisogni infantili semplicemente perché gli manca la memoria di cos’è l’infanzia.

Quindi in realtà il problema dei genitori di oggi è che ci è stata sottratta l’infanzia…
E a fronte di questa mancanza c’è stato un eccesso di immedesimazione emotiva, una mancanza di quella distanza che invece permette di educare un figlio. Oggi i litigi fra bambini generano un inedito allarme emotivo nei genitori. Abbiamo ogni giorno la mamma che chiede “chi ha graffiato mio figlio?”, “chi gli ha preso la gomma?”. I genitori oggi urlano, tutti, ma urlare è legato a un eccesso emotivo: tu vuoi che tuo figlio ti ascolti, che però è una richiesta impropria perché nessun figlio ascolterà mai del tutto un genitore, e allora tu urli. Il tema è l’autoregolazione. Per secoli i genitori si sono fidati dell’autoregolazione infantile, mentre a un certo punto – l’ha analizzato Neil Postman ne La scomparsa dell’infanzia – è venuta meno la fiducia nella capacità autoregolativa dei bambini tant’è che oggi i genitori si sostituiscono continuamento a loro. Ma queste mosse sbagliate generano patologie, come è evidente a tutti… Se non ti fidi dell’autoregolazione emotiva ti sostituisci, ma siccome questo meccanismo è fallimentare, il bambino si blocca, riduce la sua autostima e le sue potenzialità e finisce nelle braccia del neuropsichiatra infantile. Per questo occorre restituire ai genitori la fiducia nell’autoregolazione dei bambini, ad esempio con le regole educative.

Si è persa la fiducia nell’autoregolazione dei bambini e i bambini sono stati sottratti alla dimensione sociale, alla comunità educativa, per una privatizzazione del figlio, che è diventato una proprietà assoluta. I genitori di oggi, avendo avuto grossi deficit nella propria infanzia, gestiscono i figli secondo una logica che non corrisponde ai bisogni infantili semplicemente perché gli manca la memoria di cos’è l’infanzia

Ci fa tre esempi della fragilità educativa di noi genitori di oggi?
Far dormire il figlio nel lettone dopo i 3 anni: è la supposizione che il bambino non sappia avere autoregolazione in una autonomia di base come il sonno, mette in discussione l’autostima del bambino. A Milano c’è questa meravigliosa iniziativa di “Scuola Natura”, promossa dal Comune: lo sa che tanti bambini di terza elementare non ci vanno perché le mamme sostengono che non sono in grado di addormentarsi da soli? Se legge un po’ le chat vedrà che questo tema sta diventando un tabù, come se fosse un diritto della mamma quello di tenersi il figlio nel lettone… e noi tecnici non ne potessimo parlare. Poi i litigi, il pensare che i litigi fra bambini siano una violenza mentre i bambini sono benissimo in grado di gestirli fra loro. E le autonomie: che ci fa un bambino di 4 anni nel passeggino? Che senso ha il passeggino con lo spazio per il tablet?

Perché la condivisione dell’esperienza educativa dei figli è importante?
Perché a volte i genitori per il figlio sono impegnativi. Il fatto che il figlio possa essere “condiviso” gli permette di avere sponde, altre possibilità che non sia solo l’inquietante dominanza possessiva dei genitori. La condivisione funziona come riduzione dell’incombenza nascisistica genitoriale, la diluisce.

C'è una sensibilità positiva, ma non è lineare. Si cercano tante informazioni ma si trovano anche tante informazioni sbagliate. Sono rari i genitori che seguono una linea pedagogica, più che altro sono sballottati a destra e sinistra tra una suggestione e l’altra, agiscono su una base emotiva sostenuta da informazione sbagliate. C'è il rischio del genitore-fai-da-te.

C’è da dire però che questa generazione di genitori sembra più sensibile, più interessata ai temi educativi… C’è tutto un fiorire di serate e corsi per essere genitori, di blog dedicati…
È vero, però è una sensibilità contraddittoria. È positiva, ma non è lineare. Si cercano tante informazioni ma si trovano anche tante informazioni sbagliate, se una trentenne che segue un’influencer pensa di imparare lì a fare la mamma, si trova nei guai. C’è una sensibilità, ma sono rari i genitori che seguono una linea pedagogica, più che altro sono sballottati a destra e sinistra tra una suggestione e l’altra, agiscono su una base emotiva sostenuta da informazione sbagliate. C'è il rischio del genitore-fai-da-te.

Cosa troveremo al convegno?
Il convegno è una necessità, come le scuole genitori e gli sportelli di consulenza pedagogica. L’esperienza del CPP in questo campo ci aiuta ad avere fiducia nella possibilità di liberare le risorse che ogni genitore ha, di ritrovare il proprio compito educativo. Non è impossibile, però serve una organizzazione educativa.

Il convegno "Dalla parte dei genitori" si svolgerà a Piacenza sabato 13 aprile, dalle 10 alle 17, nel Teatro Politeama (via San Siro 7). Qui il programma dettagliato. La quota di iscrizione, per il lettori di VITA, è di 50 euro (per info e iscrizioni: convegno@cppp.it – 331.6190707 – cppp.it). Relatori durante la giornata saranno Daniele Novara, Silvia Vegetti Finzi, Alberto Pellai, Michele Zappella, Susanna Mantovani, Paolo Ragusa, Bruno Tognolini, Marta Versiglia, Paola Cosolo Marangon, Lorella Boccalini, Emanuela, Cusimano, Elisa Mendola.


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