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La via belga alla filantropia

Un esempio di intermediazione multilivello, a fianco di realtà pubbliche, donatori privati, imprese e associazioni in cerca di soluzioni per migliorare la società. La Fondation Roi Baudouin, come spiega intervistato da Civic, nel primo dei Quaderni di Fondazione Italia Sociale, il suo amministratore delegato Luc Tayart de Borms, risponde a vecchie e nuove esigenze filantropiche

di Redazione

Con un budget di 75 milioni di euro nel 2018, la Fondation Roi Baudouin è la più grande fondazione di pubblica utilità del Belgio. Con l’amministratore delegato Luc Tayart de Borms, analizziamo le leve strategiche dell’istituzione e la sua pluridecennale esperienza nella filantropia, oggi sempre più orientata alla dimensione transfrontaliera.


La Fondazione dà il suo contributo all’innovazione sociale attraverso una modalità di intervento combinata: il sostegno finanziario, l’attività culturale ed editoriale, i partenariati. È questa diversificazione la chiave per essere più incisivi?
Sì, questa pluralità di azione è uno degli elementi che differenziano la Fondation Roi Baudouin da altre fondazioni. Siamo profondamente convinti che sia la combinazione dei diversi strumenti della nostra “cassetta degli attrezzi” a permetterci di massimizzare l’impatto. Non per questo utilizziamo sempre tutti i metodi: adattiamo il nostro modus operandi ai progetti e alle tematiche.

Stimolare la generosità di imprese, associazioni e società civile è uno degli obiettivi della Fondazione. Quali sono le politiche di coinvolgimento più e caci?
L’efficacia risiede nella molteplicità delle soluzioni proposte. La nostra filosofia è inclusiva, basata sul “e… e” piuttosto che sul “o… o”. Per questo, molti filantropi hanno fiducia in noi: ci adattiamo al loro profilo e sottoponiamo loro le soluzioni più efficaci per realizzare obiettivi di impegno sociale.

Con il suo Centro di Filantropia, la Fondation Roi Baudouin aiuta a concretizzare l’interesse al bene comune. In quali ambiti specifici interviene il Centro?
I consulenti di questo settore della Fondation intervengono presso i filantropi per aiutarli a chiarire i loro obiettivi, pianificare i progetti, assisterli a livello giuridico, fiscale e amministrativo, gestire i budget e valutare l’impatto. E i filantropi sono numerosi: l’ultimo Barometro della Filantropia pubblicato nel 2017 conferma la propensione dei belgi a sostenere le buone cause, che si tratti di piccole donazioni o di cedere una parte di eredità. Sono le iniziative consacrate alla salute e alla ricerca medica a ricevere più donazioni, seguite da azioni umanitarie, sostegno allo sviluppo e ancora lotta alla povertà e giustizia sociale.

Quali vantaggi vi offre il radicamento nella capitale dell’Unione Europea, così come l’inserimento nell’attuale politica Ue in materia di economia sociale e filantropia?
La Fondation Roi Baudouin è una fondazione europea che, da Bruxelles, è attiva a livello nazionale, europeo e internazionale. Siamo ben consapevoli che gli attuali problemi sociali sono interconnessi, superando le frontiere del singolo paese. Come affrontare il massiccio arrivo dei migranti fornendo una risposta umana? Tale problematica – come molte altre – non può essere gestita da un solo stato: per darvi una risposta collaboriamo con soggetti terzi e altre fondazioni europee. Inoltre, la posizione nel cuore della capitale europea ci consente la vicinanza con partner privilegiati come l’European Policy Center. Beneficiamo a volte anche di un cofinanziamento della Commissione europea per accrescere l’impatto dei progetti.

La Fondation si muove sul fronte internazionale attraverso la King Baudouin Foundation United States e KBF Canada. Qual è lo scenario in questi paesi rispetto all’Europa per quanto riguarda la filantropia e le sue prospettive di sviluppo?
Le persone devono poter avere la libertà e la flessibilità di sostenere le cause a loro care, ovunque nel mondo. Ma la filantropia transfrontaliera può essere complessa e le regole fiscali variare da un paese all’altro. A questo riguardo, Stati Uniti e Canada sono profondamente diversi. Il Canada è più vicino all’Europa in materia di legislazione fiscale, mentre il sistema americano è organizzato in tutt’altro modo: negli Stati Uniti si pagano meno tasse, si hanno quindi più margini di manovra. In Canada, come in Europa del resto, si paga la solidarietà attraverso il sistema fiscale. Nonostante la presenza di situazioni differenti, si osserva un incremento generale del numero di donazioni transfrontaliere. Gli attori della filantropia sono anche meglio interconnessi».

Quali sfide per favorire la filantropia internazionale?
«La prima è che le persone si rendano conto dell’opportunità di fare una donazione oltre le frontiere del proprio paese. Molti non hanno consapevolezza del fatto che una filantropia transfrontaliera fiscalmente vantaggiosa è un’opzione e che esistono soluzioni per renderla possibile. A livello europeo, abbiamo creato Transnational Giving Europe (Tge), una rete transfrontaliera sicura e fiscalmente efficace che permette ai donatori di sostenere cause in qualsiasi paese membro e di beneficiare degli stessi incentivi fiscali che avrebbero avuto all’in- terno dei propri confini nazionali. Tge copre 20 paesi, Italia inclusa: beneficiari italiani potrebbero, ad esempio, ricevere donazioni da tutta l’Europa e – via Kbf Us e Kbf Canada – da Stati Uniti e Canada».


L'intervista è tratta da Civic. I quaderni di Fondazione Italia Sociale – Numero 1


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