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Accreditamento e nuovo assetto territoriale dei Csv: si entra nel vivo

I dirigenti dei Centri di servizio per il volontariato soci di Csvnet si sono confrontati a Roma con l’Organismo nazionale di controllo sulla procedura che, entro il 2019, porterà il loro numero a 49, con una nuova strutturazione in base al Codice del Terzo settore

di Redazione

Con una due-giorni a cui hanno partecipato i dirigenti di quasi tutti i 62 Centri di servizio per il volontariato soci di CSVnet (sui 63 oggi operanti), è entrata decisamente nel vivo la procedura per il loro nuovo accreditamento e per la loro riorganizzazione territoriale. In due identiche sessioni svoltesi presso un albergo romano, Csvnet ha fornito tutte le delucidazioni in merito all’iter predisposto dall’Onc (Organismo nazionale di controllo dei Csv) secondo le disposizioni del Codice del Terzo settore (Dlgs 117/17). A entrambi gli incontri ha partecipato il segretario generale dell’Onc Massimo Giusti.
L’accreditamento – La procedura è divisa in due fasi. L’Onc ha appena inviato ai Csv la modulistica per la “manifestazione di interesse all’accreditamento”. I centri dovranno compilarla entro il 15 luglio 2019, candidandosi alla prosecuzione della gestione del Csv in base a quanto previsto dal Codice.
Sono quattro gli elementi principali che saranno considerati in questa prima fase: la forma giuridica; le previsioni dello statuto; l’adeguatezza gestionale (andranno presentate tra l’altro le linee progettuali sull’erogazione dei servizi e sulla rendicontazione); la rappresentatività degli enti candidati, espressa anche dal numero e dall’esperienza degli enti associati (oggi sono oltre 9 mila in totale gli enti di terzo settore che partecipano alla gestione dei centri).
Esaurita questa prima fase della procedura inizierà la seconda, al termine della quale, dopo ulteriori verifiche, l’Onc deciderà per l’accreditamento finale.

Il nuovo assetto territoriale
Lo scorso ottobre l’Onc, l’Organismo nazionale di controllo ha definito il nuovo assetto territoriale stabilendo che i Csv dovranno diventare 49.
La nuova distribuzione, basata sul rapporto tra strutture e numero di abitanti, ha essenzialmente lo scopo di rendere i centri di servizio più efficienti per svolgere il nuovo ruolo che la riforma del terzo settore assegna loro, quello di “promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari” in tutti gli enti del terzo settore (e non più solo nelle organizzazioni di volontariato individuate dalla abrogata legge 266/91).


Va sottolineato che il nuovo assetto:
non inciderà sulla presenza capillare e sul radicamento raggiunti dai Csv
nei loro primi 21 anni di attività (386 “punti servizio” in tutta Italia);
è volto ad aumentare la qualità e la quantità dei servizi erogati gratuitamente agli enti del terzo settore (216 mila nel 2017, di cui 25 mila iniziative di promozione/orientamento/animazione sul volontariato, 2 mila di formazione pari a 33 mila ore, 93 mila consulenze, 78 mila servizi logistici, 18 mila servizi di comunicazione).

Le “fusioni”
In 7 regioni sono previste nel corso di quest’anno 10 fusioni, che coinvolgeranno 25 Csv.

In Liguria saranno uniti i Csv di Imperia e Savona, mentre non cambierà nulla per Genova e La Spezia.
In Veneto i centri passeranno da 7 a 5: si uniranno Belluno con Treviso e Padova con Rovigo; Venezia, Verona e Vicenza restano inalterati.
In Emilia-Romagna si passa da 9 a 4: resterà immutato il Csv di Bologna, mentre saranno uniti Ferrara con Modena, Forlì-Cesena con Ravenna e Rimini, Parma con Piacenza e Reggio Emilia.
In Abruzzo, ci sarà un solo centro regionale come risultato della fusione tra gli attuali 4, coincidenti con le province di Chieti, L’Aquila, Pescara e Teramo.
In Puglia ci sarà la fusione tra i Csv di Brindisi e Lecce; nessun cambiamento per Bari, Foggia (entrambi comprendono anche una parte della provincia di Barletta-Andria-Trani) e Taranto.

In Campania quello risultante dalla fusione tra Avellino e Benevento si affiancherà agli attuali Csv di Caserta, Napoli e Salerno.
La Calabria passerà da 5 a 3 Csv: si uniranno Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia, niente cambia per Cosenza e Reggio Calabria.

In 11 regioni non vi saranno cambiamenti.

Il Piemonte mantiene i suoi 5 Csv: Asti-Alessandria, Cuneo, Novara e Verbano-Cusio-Ossola, Torino, Vercelli-Biella. La Sicilia mantiene i suoi 3: Catania (che include anche le province di Enna, Ragusa e Siracusa), Messina, Palermo (che include Agrigento, Caltanissetta e Trapani)

Nelle altre 9 regioni esiste già un centro unico a carattere regionale: si tratta di Valle D’Aosta, provincia autonoma di Trento, provincia autonoma di Bolzano (dove il Csv ha avviato le proprie attività da solo da un mese e dovrà sottoporsi all’accreditamento tramite uno specifico bando), Friuli Venezia Giulia, Molise, Toscana, Marche, Basilicata e Sardegna.
Nelle 3 regioni restanti, 16 centri hanno già concluso il processo di riorganizzazione tra la fine del 2017 e il gennaio 2019.

In Lombardia si è passati da 12 a 6 Csv: Bergamo, Brescia, Insubria (Como-Varese), Lombardia Sud (Cremona, Lodi, Mantova, Pavia), Milano e Monza-Lecco-Sondrio.

Lazio e Umbria (in ciascuna delle quali operavano 2 centri) hanno dato vita a 2 ulteriori Csv regionali.


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