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«Cure palliative: ancora dati parziali e scarse risorse»

Fondazione Ant ha accolto con favore il Rapporto al Parlamento sull'attuazione della legge 38/2010 ma, come osserva il presidente Raffaella Pannuti «è ancora scarsa l'attenzione e le risorse dedicate dal Servizio Sanitario Nazionale e dalle Regioni a quest'ambito strategico». Il commento di Pannuti sul documento

di Redazione

Fondazione Ant Italia Onlus, oggi la più ampia realtà non profit italiana per l’assistenza medico-specialistica gratuita e domiciliare ai malati di tumore, ha accolto con favore l’atteso Rapporto al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge 38, che con la sua recente pubblicazione fornisce dati aggiornati sulla situazione delle cure palliative (CP) in Italia, ma restano alcuni punti su cui fare chiarezza.

«Attendevamo questo documento da più di tre anni – commenta il presidente di Ant Raffaella Pannuti – tuttavia riteniamo che il panorama delineato dal documento sia purtroppo ancora parziale, e non riesca a descrivere in modo esaustivo il livello di sviluppo attuale delle cure palliative nel nostro territorio. In particolare siamo rimasti perplessi nel leggere i dati relativi alle cure palliative domiciliari, che seppur per alcuni parametri migliorati rispetto agli anni precedenti, rimangono lontanissimi da standard accettabili, a dimostrazione di quanto scarsa sia ancora l’attenzione, e le risorse, dedicate dal Servizio Sanitario Nazionale e dalle Regioni a questo ambito strategico. Il nostro rammarico non è tanto legato ai dati in quanto tali, ma al fatto che a questi numeri non si accompagni una lettura critica e realistica del contesto, in grado di darne una spiegazione e di conseguenza di proporre soluzioni concrete. In questo senso, i dati indicano come criticità le “forti disomogeneità a livello regionale e locale”, come più volte viene ribadito, ed evidenziano la necessità di adottare “modelli organizzativi uniformi”. Ma rispetto a questo problema, che è ormai noto da anni, non ci sembra vengano neppure suggeriti tentativi efficaci di soluzione … figuriamoci attuati!»

«D’altro canto, i dati sarebbero senza dubbio più funzionali al miglioramento degli indicatori se fossero ragionati sulla base dei differenti modelli organizzativi che ne sono responsabili, e che non vengono presi in considerazione nonostante siano direttamente correlati ai risultati prodotti. Siamo ancora lontani da un’effettiva presa di coscienza di come esistano progetti assistenziali efficaci e sostenibili, sui quali poter investire le necessarie risorse in modo mirato e che possano costituire modelli di riferimento per un più armonico sviluppo delle reti di cure palliative» – prosegue Pannuti – «Per citare solo alcuni esempi a tal proposito, in Puglia tra il 2016 ed il 2017 emerge una riduzione sia delle giornate di cure palliative erogate, sia del numero annuo di giornate con accesso del medico esperto in cure palliative. E questo peggioramento dei dati si registra proprio contestualmente alla scelta della Asl di Brindisi di affidarsi ad un global service senza alcuna competenza specifica nel settore delle cure palliative, in una provincia dove Ant nel 2016 aveva assistito 614 pazienti dei quali 389 in regime di convenzione con la Asl stessa. Non che questo dato possa spiegare da solo l’indebolimento delle cure palliative in Puglia, ma se pensiamo a un numero di decessi a domicilio, sempre da bilancio Ant a Brindisi nel 2016, pari all’87% con 132 giornate di cura in media per assistito e un medico ogni 12 pazienti convenzionati in media sicuramente un impatto è da tenere in considerazione».

A dimostrare che le cure palliative domiciliari rimangono il nodo più complesso e disomogeneo c’è poi il fatto che le giornate di cura e gli accessi del medico palliativista hanno subito un calo anche in molte altre regioni come, per citare un altro esempio, in Lombardia, dove la Regione ha deliberato criteri di erogazione per le cure palliative domiciliari con standard così elevati da risultare molto difficili da rispettare», spiega Raffaella Pannuti. «Per quanto riguarda le regioni più virtuose infine, come l’Emilia-Romagna, è molto positivo come la rete di cure palliative riesca ad intercettare ben il 46% dei deceduti per causa di tumore, con un numero sempre crescente di giornate di cura e di accessi del medico. Ma confrontando i dati con i risultati dell’Indagine sullo stato di attuazione delle reti locali di cure palliative – Dgr 560/15 della Regione Emilia-Romagna, si nota come nel periodo 2016 – 2017 la copertura infermieristica e medica h24, 7 giorni su 7 come prevista dalla Dgr 560/15 e dal Decreto 12 Gennaio 2017 (nuovi Lea) sia presente in un numero molto limitato di reti e soltanto Ant sia in grado di fornire un servizio dedicato e continuativo per 365 giorni l’anno. Questo mostra chiaramente come dai dati contenuti nel rapporto al Parlamento non sia possibile risalire all’effettiva qualità delle cure erogate. A testimoniare questo è anche la situazione della Toscana dove, si legge sempre nel documento, la rete intercetta il 33% dei pazienti oncologici deceduti. Ma il trend sarebbe più positivo se entrassero nella statistica anche i 358 pazienti assistiti nel 2015 da Ant in Toscana senza alcun rimborso dalle Asl locali».

«Rispetto a questa evidente difficoltà nell’erogazione delle cure palliative domiciliari» – conclude Pannuti – «ci auguriamo possa influire l’approvazione dell’emendamento sull’idoneità ad operare nelle reti per i medici già in servizio ma sprovvisti dei requisiti indicati nel decreto del 28 marzo 2013. Ma la possibilità di poter contare su di un numero maggiore di medici palliativisti, oggi davvero insufficienti per rispondere ai bisogni dei pazienti, non potrà essere utilizzata al meglio fintanto che non sarà accompagnata da una chiara e ferma volontà da parte dei decisori di riconoscere le eccellenze assistenziali presenti in Italia e proporle come modelli di riferimento in grado di contrastare le disomogeneità ancora troppo penalizzanti per i malati e per le loro famiglie».