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Sanità & Ricerca

Medicina riabilitativa, la frontiera dei Big Data nell’esperienza di Maugeri

Un algoritmo legge le terapie farmacologiche, le informazioni dei biomarcatori dopo un ictus, i movimenti di un anziano o l’efficacia del lavoro di recupero permettendo di migliorare la gestione dei paziente

di Redazione

Robot, esoscheletri, protesi come la mano bionica che il cervello riesce a guidare, intelligenza artificiale: all’Innovation in rehabilitation technologies, workshop organizzato al San Martino di Genova da ICS Maugeri Genova, Dibris dell’Università di Genova e Polo Ligure di Scienze della vita, in evidenza molti sistemi capaci di venire in soccorso di una popolazione sempre più anziana, spesso malata cronica, certamente fragile.

Oltre 140 studiosi arrivati da tutto il mondo, anche grazie a un raduno, della Federazione mondiale di neuroriabilitazione WFNR.

Una parte importante, però, nella giornata di lavori, l’hanno avuta i Big Data, cui era dedicata un’intera sessione.

L’enorme massa di informazioni che scaturisce dalle cure può oggi essere analizzata con grandi capacità di calcolo, per ottenere una lettura analitica della salute, mettendo in atto i necessari correttivi. Non sarà il doctor Google a curarci – visti gli errori che molti pazienti fanno affidandosi ai motori di ricerca – sarà piuttosto il “dottor Algoritmo” a darci una mano.

Un algoritmo per le terapie farmacologiche di 10mila pazienti

È il caso del lavoro presentato da Riccardo Bellazzi, direttore di un Laboratorio di ricerca in bioingegneria all’IRCCS Maugeri Pavia e ordinario dell’ateneo della città pavese, con la responsabile delle farmacie del gruppo Maugeri, Anna Losurdo, e la direzione sanitaria dell’Istituto, che ha cominciato ad analizzare, per sei anni, dal 2012 al 2018, i trattamenti farmacologici di 9.691 pazienti unici, per il 52% maschi (di 13.634 ricoveri in ospedale), la cui età al ricovero variava da 65 a 102 anni. Obiettivo: misurare l’aderenza terapeutica agli standard ma anche correlare le terapie ad altri fattori, come il rischio cadute, migliorando quindi una delicatissima parte della gestione paziente.

«Puntavamo», dice Bellazzi, «all'analisi retrospettiva automatizzata del rispetto dei criteri STOPP, Screening Tool of Older Persons, – che la comunità medica internazionale si è data per verificare la potenziale inappropriati delle prescrizioni e che consistono in 65 regole relative alle terapie di pazienti di età superiore ai 65 anni».

«Il servizio di farmacia ospedaliera Maugeri», spiega «ha fornito i codici ATC (Anatomico, terapeutico e chimico, lo schema di classificazione internazionale) corrispondenti ai farmaci in ogni regola STOPP, mentre i medici hanno fornito codici ICD9-CM, (di classificazione delle malattie)». La ricerca, ancora in corso, fornirà, prima in Italia, dei feed-back molto precisi sulla gestione farmacologica dei pazienti.

Anziani monitorati, grazie ai dati

Francesca Odone, associato di Computer science, all’Università di Genova, ha invece parlato di “Ambient Assisted Living (AAL)” ossia di tecnologie specificamente rivolte agli anziani, e di ricerche effettuate all’Ospedale Galliera del capoluogo ligure, dove è stato allestito un confortevole appartamento «in cui i pazienti sono monitorati da un sistema di sensori, tra cui medici, indossabili, ambientali e anche dispositivi visivi ambientali».

Qui i Big Data sono quelli che affluiscono dal monitoraggio: con l’obiettivo principale «di valutare la fragilità e il benessere generale, e fornire uno strumento statistico per quantificare la motilità, le attività quotidiane e, in generale, la sua qualità della vita, in accordo con le attuali pratiche cliniche. In particolare», ha proseguito la professoressa, «il sottosistema basato su dati visivi viene sfruttato per fornire un'analisi multidimensionale che incorpora la valutazione della motilità del paziente e le attività della vita quotidiana».

Big Data dall’infinitamente piccolo, in alternativa alle immagini

E ai Big Data punta dritta la nanomedicina, stavolta per offrire una possibilità di applicare la medicina riabilitativa di precisione dopo un ictus o dopo altri tipi di cerebrolesione acquisita.

Se ne occupa il progetto di ricerca internazionale “ABISens” che coinvolge l’IRCCS Maugeri di Pavia e l’ICS Maugeri Genova, con alcuni centri di ricerca spagnoli e catalani, sui nanomateriali e le neuroscienze, e l’Università di Bordeaux.

«Lavoriamo sulle gravi cerebrolesioni acquisite», ha spiegato il nanotecnologo Renzo Vanna, «che di solito producono gravi menomazioni e la cui diagnosi, oggi, così come la prognosi e l'efficacia dei trattamenti riabilitativi, vengono principalmente valutate da esami clinici, neuroimaging e test elettrofisiologici durante una lunga degenza ospedaliera».

I nanotecnologi di Pavia, col gruppo internazionale di cui fanno parte, stanno individuando e quantificando, i biomarcatori che distinguono una lesione cerebrale e quelli che indicano l’attivazione di processi riabilitativi nei mesi successivi al trauma. «Si tratta di una vera sfida», ha osservato il ricercatore, «individuare e quantificare biomarcatori di recupero nei biofluidi. Perché una valutazione affidabile richiede il monitoraggio di un pannello di più biomarkers con un'adeguata solidità analitica. In secondo luogo, un test basato sul sangue sarebbe l'opzione migliore perché i prelievi con fluido cerebrospinale (CSF) non sono fattibili per test ripetuti a lungo termine».

D'altra parte, i biomarcatori del cervello possono essere trovati nel sangue ma solitamente a concentrazioni molto basse. “Lo scopo del nostro progetto", ha concluso Vanna, "è sviluppare una nuova piattaforma nano-biosensoriale in grado di identificare e quantificare più biomarcatori cerebrali – tre micro RNA e tre proteine ​​inizialmente selezionati – nel sangue e con elevata sensibilità”. La grande messe di dati, in arrivo dall’infinitamente piccolo, fornirà risposte preziose.

Post-ictus, modelli costruiti sui dati per leggere la capacità di recupero
E dell’analisi dei dati che arrivano dalle attività robotizzate riabilitative ha parlato Vittorio Sanguineti, professore al Dibris di Genova. Bio-ingegnere, Sanguinetti ha esaminato le numerose informazioni di 49 pazienti post-ictus, riabilitati dall’IRCCS Maugeri di Veruno (No), attraverso robot. Pazienti che, ha spiegato, «hanno praticato l'allenamento assistito da spalla-gomito, consistente in una sequenza di movimenti planari, da punto a punto, che raggiungevano i movimenti nel piano orizzontale in diverse direzioni. Il compito consisteva in una sequenza di movimenti di raggiungimento, punto-punto, nel piano orizzontale. I bersagli erano disposti come i vertici di figure geometriche». La ricerca punta a creare modelli computazionali che siano predittivi della possibilità di recupero del paziente.


Nella foto di copertina

professor


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