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Economia & Impresa sociale 

La Bottega di Quartiere che in Barona recupera i neet

La proposta nasce all'interno di una nuova struttura del Centro Medico Santagostino in partnership con l'associazione Amici di Edoardo Onlus nel quartiere milanese dove, in un co-working sociale, i ragazzi vengono formati e occupati con contratti a tempo indeterminato

di Silvano Rubino

Ci sono Mohammed, che a 26 anni ha lasciato moglie e figli in Sudan e ora fa l’idruaulico, Sajjad, che a 16 anni ha lasciato il Pakistan ed è arrivato a piedi, da solo, in Italia, passando decine di frontiere e oggi è un “maggiordomo d’azienda”, Vasco che nella vita fa l’elettricista ma per l’occasione ha tirato fuori la sua macchina fotografica professionale e scatta foto a raffica. Ma ci sono anche uomini d’azienda e di finanza come Enrico Saraval, Luciano Balbo e Paolo Colonna, un manipolo di medici e psicologi, c’è un’istituzione della solidarietà milanese come don Gino Rigoldi, c’è Lella Costa – che è Lella Costa – c’è una regina del giornalismo e del bon ton come Lina Sotis seduta accanto ad altre sciure fresche di messa in piega. E poi altre 300 persone, tutte con il loro carico di diversità, nella stessa sala, per una sera. Una platea che più eterogenea non si potrebbe immaginare. Mentre la osservo dal fondo della sala penso che quella platea è la rappresentazione plastica di come si possa fare innovazione, mischiando le carte in tavola. Mischiando profit e non profit, finanza e sociale, lavoro e solidarietà. Mischiando le persone, le loro competenze, le loro possibilità.

Di cosa si tratta? È il 13 marzo e siamo al Cinema Anteo Citylife di Milano e – in occasione della proiezione del bellissimo film di Giacomo Gatti “Il Fattore Umano” – l’Associazione Amici di Edoardo Onlus e il Centro Medico Santagostino presentano la loro partnership.

Da responsabile marketing e comunicazione del Santagostino ho cercato, nei giorni precedenti, di spiegare al mondo il senso dell’iniziativa, ma non è stato facile. Non è stato facile far capire cosa c’entrassero una realtà sanitaria profit (seppure dalla marcata vocazione sociale vista la natura del suo investitore principale, il Fondo di impact investing Oltre), un’associazione di volontariato, un quartiere difficile della periferia milanese. Grazie a Vita, il giornale in cui ho lavorato per quasi nove anni e che da sempre si occupa di innovazione sociale, ho l’occasione di farlo.

I locali del nuovo Santagostino di via Walter Tobagi 6, ospitano, in una sorta di “co-working” sociale, anche la sede della “La Bottega di Quartiere”, una nuova impresa sociale, nata come spin off dell'Associazione – già fortemente radicata nel quartiere grazie all’esperienza ormai ventennale del Barrio’s. – in cui si formano e si occupano i cosiddetti Neet, ragazzi e ragazze esclusi dai percorsi formativi e lavorativi.

All'interno del centro il consueto modello Santagostino, scelto da 400mila persone in 10 anni di vita, ma con un occhio di riguardo alla popolazione anziana del quartiere: visite specialistiche a 60 euro; fisioterapia, osteopatia, riabilitazione a partire da 30 euro. Lo spazio della Bottega, invece, è la base operativa per le 18 persone in staff (16 ragazzi, un tutor, un'amministrativa): forniranno servizi – anche in questo caso a costi accessibili, 15 euro l'ora per le manutenzioni, 10 per i servizi alla persona, – alle persone del quartiere, anche in questo caso in particolare agli anziani. Cambieranno lampadine e aggiusteranno tubi, imbiancheranno pareti, faranno la coda alla posta, ma faranno anche gli assistenti digitali per l’uso degli smartphone e dei computer, baby sitting, pet sitting. Faranno anche i “maggiordomi d'azienda", aiutando i lavoratori a fare quelle cose che si rimandano sempre per mancanza di tempo: revisione auto, cambio gomme, lavaggio auto, ritiro dalla lavanderia, spesa, ritiro farmaci di base.

I ragazzi della Bottega sono assunti a tempo indeterminato (come tutti i dipendenti del Santagostino). La Bottega di Quartiere è un’impresa sociale con un capitale sociale di 20mila euro e un finanziamento da parte dei soci di 60mila euro. Il socio di riferimento dell’impresa è l’associazione Amici di Edoardo, con il 40% delle quote. Il resto arriva da Enrico Saraval e sua moglie Rosella, “anime” dell’associazione nata in ricordo del figlio Edoardo, Luciano Balbo, presidente del Santagostino (e di Oltre, il fondo di impact investing che lo ha promosso), Paolo Colonna, manager attivo da più di 30 anni nel private equity, don Gino Rigoldi e Leonardo Malvasi, responsabile dei progetti di Amici di Edoardo. Un quota arriva anche da bandi di Fondazioni del territorio.

L’obiettivo dell’impresa è andare in pari al terzo anno di progetto: a quel punto verrà "ceduta" ai ragazzi e l’associazione ne creerà un'altra in un altro punto della città, puntando a occupare in 5 anni un centinaio di persone.

Noi del Santagostino cosa ci abbiamo messo? Non solo il fatto che li ospitiamo in 70 dei 350 metri quadrati dei locali. Paghiamo l’affitto (circa 30mila euro all’anno), le spese condominiali, abbiamo pagato la ristrutturazione dei locali, il design e le grafiche degli spazi e delle vetrine. Dei 350mila euro di investimento per il nuovo spazio, il 10% circa è andato alla Bottega. Ma se la cosa si fermasse qui sarebbe semplicemente una donazione. Il che non sarebbe in linea con l’alto tasso di innovazione che caratterizza il Santagostino, da sempre. E invece con la Bottega di Quartiere sarà un lavoro comune costante, a cominciare dal fatto che a occuparsi della manutenzione di primo livello (dal rubinetto che perde al fissaggio di una tenda allo smontaggio di un mobile) del nuovo centro saranno proprio loro, i ragazzi dell’impresa sociale, che in qualche modo proseguiranno il loro lavoro di formazione stando a contatto e lavorando in una realtà complessa come un centro medico. Ma è solo l’inizio, perché una volta che tante persone così diverse si incontrano, è difficile farle smettere di progettare il futuro.


Le foto sono a cura di Vasco Dell'Oro


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