Welfare & Lavoro

Rondine, l’incubatore delle nuove leadership

Da vent'anni, in questo borgo toscano, i giovani provenienti da Paesi in guerra sperimentano la trasformazione creativa del conflitto. Un "metodo" che è arrivato anche all'Onu

di Redazione

Per entrare a Rondine, nel curriculum devi avere scritto “nemico”. Franco Vaccari, che dell’Associazione Rondine Cittadella della Pace è fondatore e presidente, lo dice senza girarci attorno: «Noi accettiamo i giovani che vengono dai luoghi di guerra. Il titolo per venire a Rondine è: “Essere nemico di qualcun altro”. Se non sei nemico, a Rondine non ci stai». Russi e ceceni, pakistani e indiani, palestinesi e israeliani… in vent’anni più di 200 giovani sono entrati come nemici in questo piccolo borgo medioevale in provincia di Arezzo, Rondine, per uscirne – due anni dopo – trasformati in leader di pace. Un esempio è Maria Karapetyan, una giovane armena che ha frequentato Rondine Cittadella della Pace nel biennio 2013/2015: rientrata nel suo Paese è diventata attivista per i diritti civili e dopo soli due anni è stata una delle protagoniste della rivoluzione di velluto armena. Oggi è in Parlamento e può cambiare la storia del suo Paese. Per sostenere percorsi come quello di Maria, l’Associazione Rondine ha lanciato il manifesto Leader for Peace. Lo ha fatto dal palazzo delle Nazioni Unite, lo scorso 10 dicembre, in occasione dei 70 anni della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Ha chiesto a tutti i Paesi di togliere dal bilancio della difesa la cifra corrispondente a un’arma, spostandola sulla formazione di un leader di pace: l’Italia è stato il primo Paese a firmare. Dopo vent’anni di esperienza infatti è maturato ormai un “metodo Rondine” che, insegnando ad affrontare il conflitto e a gestirlo, sviluppando nuovi modelli relazionali e lavorando su competenze specifiche, realizza di fatto un “altro” modello di leadership.

Noi accettiamo i giovani che vengono dai luoghi di guerra. Il titolo per venire a Rondine è: “Essere nemico di qualcun altro”

Franco Vaccari, fondatore e presidente dell’Associazione Rondine Cittadella della Pace

Il “metodo Rondine” è stato oggetto di una ricerca realizzata dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e dall’Università degli Studi di Padova, pubblicata nel volume Dentro il conflitto, oltre il nemico.

«Rondine offre al mondo un nuovo metodo universale per la trasformazione creativa dei conflitti con una efficacia scientifica riconosciuta», ha detto il presidente Vaccari. «Occorre una grande forza per guardare le ferite dell’odio e il veleno dell’inimicizia, per divenire portatori di una speranza che libera il carico di futuro che rischierebbe di restare imprigionato nel passato, genera un cambiamento nelle relazioni interpersonali, immagina successive e progressive ricadute culturali, sociali e politiche, alternative concrete, a partire dalla domanda che costituisce il nucleo inviolabile della persona (e che si potrebbe definire il “super diritto/dovere” di ognuno): “Cosa posso fare io?”, “Cosa possiamo fare noi?”». Un’intervista a Luca Alici, curatore del volume.

Cos’è Rondine? Lei afferma che non è né un mero luogo di giustizia, né un mero laboratorio di pace, ma un “incubatore politico”…
Rondine è un luogo in cui si scende nei meandri dell’umano e si riscopre la “grammatica” comune dell’umano: ciò fa sì che ognuno possa trovarvi qualcosa di significativo per la propria vita. Nello specifico, l’idea di definirlo un “incubatore politico” nasce in parte dalla mia “deformazione professionale” (insegno filosofia politica), ma soprattutto dal tentativo di legare l’esperienza di Rondine a una nuova rivendicazione del primato del politico in quanto esperienza dell’essere tra e dell’essere con. Rondine si prende cura di un “modo” di guardare la politica che oggi ancora non riesce a “respirare e nutrirsi autonomamente”, soprattutto nei paesi di provenienza dei ragazzi della World House. E lo fa “solo” per un periodo, rigenerando così giovani cittadini pronti a tornare alla vita insieme.

Rondine è un luogo in cui si riscopre la “grammatica” comune dell’umano. È esperienza dell’ “essere con

Luca Alici, docente di filosofia politica

E la “trasformazione creativa del conflitto”?
Tecnicamente è l’espressione con cui Franco Vaccari intende mettersi nella scia di alcune delle grandi scuole di trasformazione del conflitto, evidenziando però lo specifico di Rondine: convivenza, decostruzione del nemico, generatività del conflitto, progettazione sociale. Più in generale potremmo dire che è il modo in cui Rondine racconta la propria mission, dedicata a distinguere “violenza” e “guerra” attraverso un ripensamento del tema del conflitto che parte della riscoperta della fiducia: reimmettere dosi di fiducia nelle relazioni non significa eludere il conflitto, bensì trasformare lo sguardo sul conflitto, fino a giustificare un approccio positivo nei suoi confronti. La nostra ricerca in tal senso ha messo in luce il valore dell’attraversamento del conflitto, “misurando” i cambiamenti che articolano la relazione tra identità e comunità e “verificando” la portata generativa delle categorie della giustizia riparativa fuori da un contesto penale.

Cosa dice Rondine anche a chi non è espressamente interessato al tema della pace e della convivenza?
Innanzitutto che nessuno può disinteressarsi al tema della pace e della convivenza, perché la sfida della convivenza pacifica deve riguardare ognuno e deve tornare a coinvolgere ogni persona. In secondo luogo che l’incontro tra convivenza e pace rischia di finire sotto una coltre di retorica e da questo va salvato: la pace come assenza di guerra è possibile, la pace come eliminazione della violenza forse no. Perciò la convivenza è la costruzione di un equilibrio difficile, che va continuamente rinnovato perché mai acquisito definitivamente, come la promessa d’amore tra due sposi. E per farlo serve credere che gli esseri umani vivano nella modalità del collegare e non del dividere, del riparare e non dell’usa e getta.

Quali sono le competenze specifiche che i ragazzi a Rondine formano e qual è il cuore del percorso formativo proposto?
Mi piacerebbe rispondere che a Rondine non si maturano competenze ma si decostruiscono inganni e si fanno crescere conoscenze. Al di là della provocazione, credo che una delle questioni stia proprio qui: accanto a un percorso che, grazie alle relazioni che Rondine ha con una serie di atenei italiani, ogni studente compie per completare il proprio personale itinerario di studi (laurea o master), ognuno è chiamato soprattutto a vivere il percorso formativo di Rondine, che prima di tutto è occasione di incontro e progetto di convivenza. In questo tempo lungo (due anni) e in uno spazio comune (il borgo) si arriva al cuore di una riscoperta della comune umanità, figlia di una più autentica conoscenza di sé e dell’altro.

Si tratta di un metodo riproducibile, che ha valore oggi per la società anche al di là dei piccoli numeri di chi arriva a Rondine? In altre parole, Rondine dovrebbe o potrebbe diventare un modello replicabile?
Questa, sulla soglia dei venti anni, è la sfida di Rondine e il motivo per cui nel testo virgolettiamo sempre l’espressione “metodo Rondine”: si apre un vero e proprio bivio. Di sicuro Rondine è un luogo e non sarà mai altri luoghi. Si tratta di capire cosa è “replicabile” e come. Al momento è “replicabile” senz’altro un messaggio che ha trasformato l’illusione utopica in una realtà possibile. Da qui in avanti si tratta di capire davvero cosa affidare alle vite delle persone che sentono di essere assediate da un conflitto o possedute da un conflitto di cui non si rendono conto e rendere così un’esperienza di alcuni qualcosa di più di una testimonianza per tutti…


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