Welfare & Lavoro

Mortara, gli “accalappiasogni” che costruiscono il dopo di noi

Ormai vicini ai tre anni dall'approvazione della legge 112/2016, ecco le riflessioni degli operatori dei servizi diurni della Cooperativa Come noi di Mortara

di Redazione

Ormai vicini al terzo compleanno della Legge 112/2016, ancora in attesa di un primo monitoraggio nazionale sulla sua applicazione e che il Rapporto al Parlamento, atteso per il giugno 2018, fotografasse il suo primo vero pieno anno di attuazione, ecco che maturano le prime esperienze sul campo. E con esse le prime riflessioni. Quella che segue viene dai servizi diurni della Cooperativa Sociale COME NOI di Mortara (PV) e si rivolge a tutte le persone con disabilità, ai loro genitori e agli operatori dei servizi per aprire un confronto sulle prospettive di emancipazione promosse dalla legge 112. Parla di “Bi-Sogni”. Bi-Sogni di emancipazione e di libertà.

Questo progetto nasce da tante idee, del presente, del passato e del futuro. Nella testa di tutti – utenti, famigliari e operatori – girano tante idee e progetti: il compito degli operatori è andare alla ricerca dei “fili rossi” che li mettono in comune. «Il nostro filo rosso è ormai da tempo legato al portare in evidenza il desiderio insito in ogni essere umano di farsi la propria vita, ricercando la propria indipendenza», scrivono gli operatori di Mortara. «È importante vivere nella certezza dell’amore dei propri genitori, ma lo è altrettanto essere liberi dalla paura del domani in cui i nostri genitori non ci saranno più. Da circa 20 anni nei nostri Centri si respira l’esigenza di pensare, progettare e costruire, tutti uniti nella ricerca di un benessere maggiore».

Così, dicono di sé gli operatori, «siamo diventati Accalappiasogni»: perché «i sogni spesso sono fili fuggevoli, immersi nella fragilità, nella paura, nei silenzi, in risate fatte insieme nella rabbia e nella noia, nel grido di dolore dell’incompreso. Abbiamo l’onere e il bisogno di accalappiarli, per dargli forma e anima».

L’opera allegata, nella sua semplicità, racconta questa urgenza. Tempera blu, rossa e bianca, «per creare i vortici dei nostri pensieri». Fili bianchi, per i pensieri in evidenza, di tutti i giorni. Fili rossi per i desideri, più o meno coscienti, che ci uniscono rispetto «al desiderio di indipendenza e di avere un posto che posso chiamare “casa mia”, non quella di mamma e papà, dei nonni o dei fratelli». E poi le case, «alcune sono finite, complete, hanno cuori al loro interno e nomi scritti sopra, un fiocco rosso in cima a indicare la cura che uno mette nella propria casa e un altro nastro rosso a cui è legata una chiave, simbolo della fiducia nella nostra capacità di emancipazione». Altre case ancora non esistono se non nel «desiderio e nei sogni di chi vorrebbe acquisire una maggiore indipendenza»: «non ci sono ancora le chiavi per aprirle, ma sono già lì, tutte intorno, perché nei nostri sogni c’è già chi ha aperto la porta di casa ed è pronto a farle vivere portandoci il cuore»: questo è il presente, fatto di aspettative e desideri. Infine ci sono le case vuote, «appena abbozzate, come abbozzati e incompiuti sono i desideri di chi, consciamente o meno, sta pensando al suo futuro». «Questo sarà il nostro futuro, il futuro a cui sentiamo di dover dare voce, per dare risposte concrete ai nostri pensieri».


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