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60 volti per 60 storie della Milano invisibile

In un libro fotografico i ritratti che raccontano il mondo sommerso delle persone senza dimora che vivono nel capoluogo lombardo. Il volume “Umani a Milano per Progetto Arca” realizzato da Stefano D’Andrea ricorda anche i 25 anni della Fondazione a fianco degli ultimi

di Antonietta Nembri

«Tutto quello che possiamo dare a un altro è il nostro volto e la nostra storia», per Stefano D’Andrea – autore e ideatore di Umani a Milano, lo storytelling della città che dalle pagine di Facebook e dall’online è diventato un libro – si tratta di un’esperienza vissuta. Ispirandosi a Humans of New York del fotografo Brandon Stanton, D’Andrea ha passato quattro anni a chiedere ai passanti di scattare loro una foto. Ma è stato l’incontro con Progetto Arca a permettere a D’Andrea di attraversare lo specchio e riuscire a incontrare i cosiddetti invisibili: persone che vivono e nostre stesse strade ma che spesso facciamo fatica a vedere.

Le loro storie e i loro volti, insieme a quelli di operatori e volontari sono prima approdati su Fb grazie al progetto (qui la news ) di sensibilizzazione nel febbraio del 2018 e poi dalla campagna che ha visto oltre 87mila persone interagire con i post è nato il libro (nell'immagine la copertina).

«Quando l’ho riletto mi sono commosso», ha ammesso D’Andrea, autore dei testi «non dei racconti lunghi, sono quasi delle didascalie». Mentre raccoglieva le testimonianze e le scriveva non si era commosso «stavo facendo un lavoro». Ora a libro pubblicato e presentato osserva come la realizzazione di questa opera lo abbia fatto pensare. «Mi sono come specchiato in tante possibili vite parallele che avrebbero potuto essere la mia. Sono stato fortunato, sono fortunato: nel mio Paese non c’è la guerra, non ho dovuto fuggire», ha ammesso. E per rendere concreta l’idea ha portato un esempio: «L’altro giorno ero in libreria e dovevo andare in bagno, capita. Per accedere però bisognava pagare un euro… ecco se io avessi avuto solo un euro avrei dovuto scegliere se comprarmi un panino o andare in bagno… Questo è non avere più niente».

Uno specchio composto da sessanta volti – «la cosa più difficile è stato scegliere le storie e i ritratti da far entrare nel libro», ha osservato D’Andrea – nei quali ciascuno può riconoscere una parte di sé come guardando attraverso una parete d’acqua.
Per scelta non sono stati messi i nomi «Le persone non specificano come si chiamano o da dove provengono: sono informazioni inutili, perché sono importanti solo il percorso che li ha portati lì e le parole che usano per descriverlo», continua l’autore, ma ogni ritratto è accompagnato da una parola, come “shampoo” o “ragù”, un’espressione come “vacca boia” o “sono sempre io” e da brevi racconti che offrono uno spaccato delle vite di chi ai bivi della vita ha imboccato strade impervie, strade sbagliate, vicoli ciechi. C’è l’ex badante arrivata in Italia dall’ex Jugoslavia negli anni 90 e che oggi che vive in un ricovero “questo mi consente di avere un letto e da mangiare… anche shampoo, sapone e carta igienica: sono cose che per comprarle bisogna avere i soldi”.
C’è il giovane eritreo “nato e cresciuto in corso Vercelli” che racconta di come si è messo a disposizione di Progetto Arca e della non discriminazione vissuta “i miei erano arrivati qui cinquant’anni fa, quando c’era un altro clima” poi nel 2016 “scappare sui barconi e venire a cercare fortuna in Italia, ho creduto giusto mettermi a disposizione per dare una mano… per noi eritrei l’aiuto nei confronti del prossimo è quasi obbligatorio…”.


"Cioccolatini" – foto di Stefano D'Andrea

C’è i giovane senegalese identificato dalla parola “Adesso” e poi un uomo albanese che si è giocato tutto alle slot che vuole “provare ad avere dei soldi in tasca e non giocarseli” e il sessantenne che dalla chiusura della ditta ha iniziato a scivolare, sempre più, fino a dormire alla stazione Garibaldi….

Nella quarta di copertina Tito Faraci scrive “In questo volume ci sono le persone con le loro storie … E ci sono i volti. Queste persone ci guardano negli occhi. E noi dobbiamo guardarli, questi occhi. Soffermarci sugli sguardi”.

In occasione della presentazione del libro a Palazzo Marino, l’assessore Majorino ha osservato «la passione per la vita vera» che emerge dal libro che è un «progetto che racconta del legame con le persone». Da parte sua Alberto Sinigallia, presidente di Progetto Arca ha voluto ricordare gli inizi «siamo nati come volontari di Fratel Ettore. La passione che accomuna tutti noi l’uomo. Per Fratel Ettore era impossibile pensare che un uomo non vivesse se non nella felicità. E Umani a Milano è una visione: crediamo che l’uomo sia uomo al di là della condizione».
Per Sinigallia il libro fotografico di D’Andrea (ed. Gribaudo, 2019, pp 158, € 19,90) è un’opera d’arte che «mischia le carte. La foto è solo di quell’istante: l’uomo è senza pellicola». Per lui poi il comun denominatore che emerge dai ritratti di Stefano D’Andrea è che sono «storie di dignità e di rispetto l’uno verso l’altro. Attraverso ogni ritratto si racconta la storia di tutti noi di Progetto Arca».

I testi del libro sono tutti di Stefano D’Andrea, le immagini oltre che di D’Andrea sono di: Eleonora Rettori, Giada Fabiola Terenzio, Marianna Quartuccio (foto in apertura) e Ambra Zeni.