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Carcere, “Fantastic Planet”?

È stato questo il "claim ossessivo" della performance fatta da Andrea Bianconi a San Vittore con 10 detenute. Era la prima volta che succedeva in un carcere. Intervista all'artista che racconta: «Fantastic Planet è dentro di noi, non fuori. E in carcere ha ancora più valore»

di Anna Spena

È curiosa una performance artistica che ripete a raffica l’espressione “Fantastic Planet”. Non è curioso a prescindere, ma è strano se l’espressione – letteralmente pianeta fantastico – la si pensa ripetuta a voce alta dentro un carcere. L’idea è stata dell’artista Andrea Bianconi che in collaborazione con Casa Testori, in occasione dell’ArtWeek milanese, ha realizzato una performance “Come costruire una direzione” all’interno del celebre Panopticon da cui si dipartono i sei raggi della struttura penitenziaria del carcere di San Vittore a Milano.

Ad accompagnarlo alcune donne della compagnia del CETEC Dentro/Fuori San Vittore, di cui fanno parte le detenute. Cosa può avere di fantastico il pianeta, se il pianeta di queste donne, come quello degli altri detenuti che hanno assistito alla performance, è il carcere? Che cos’è la vita senza libertà? Lo hanno spiegato bene Elisa, Elena, Marta, Martina, solo per citarne alcune, tutte donne che ci somigliano, accompagnate da Bianconi e dalle guide del Laboratorio Donatella Massimilla, Vlad Scolari e Gilberta Crispino ha dato il via alla performance leggendo un bellissimo estratto dal libro di Luca Doninelli “Conversazioni con Testori”, dove Testori racconta, con gli occhi del bambino, il primo incontro con due carabinieri.

Il progetto include anche una mostra di 50 disegni esposti per un mese nel lungo corridoio che porta alla rotonda del Panopticon e che hanno come motivo dominante proprio la freccia. La freccia nella grammatica di Bianconi è una sorta di felice ossessione, che dà forma all’insopprimibile bisogno di desiderare. La freccia è energia liberante, ma è anche direzione: quindi indica un percorso possibile, che è unico e irripetibile per ciascuno, un segno positivo portato dentro un ambiente segnato per sua natura da dinamiche opposte. Ma come spiega Bianconi, «l’arte ha in sé sempre un’apertura al futuro anche quando veicola messaggi drammatici. Per quello che mi concerne, il titolo della mostra dà un’indicazione chiara, che sento istintivamente mia: tendo a guardare al bene e non al male. Per me l’arte è un fatto di coraggio che stimola altro coraggio nelle persone».

Cosa può avere di fantastico il pianeta, se il pianeta di queste donne, come quello degli altri detenuti che hanno assistito alla performance, è il carcere?
Fantastic Planet è il pianeta della nostra immaginazione. E tutti possiamo pensare a lui. Può essere dentro di noi. Può essere uno sguardo. La malinconia. Fantastic Planet è dentro di noi, non fuori. È legato alla nostra immaginazione, al desiderio. Ho voluto che le detenute lo ripetessero perché la massima forma di libertà, per me, è l’immaginazione. E se vivi in carcere, l’immaginazione è l’unica cosa che hai a disposizione. Immaginazione come riscatto. Come voglia di viaggiare con la mente.

Pensare questa performance con le detenute è stato un modo per provare a dare ad ognuna quello che non ha. Ho provato, attraverso questo lavoro, che anche se in carcere, noi eravamo dentro ad un carcere, cosi che loro potessero ballare, correre, saltare.

Quando hai iniziato a preparare la performance, non sei stato curioso delle loro vite?
Non mi sono posto le domande. Volevo solo fare gruppo e ho cercato di fare gruppo. Hanno storie pesanti, tutte. E l’obiettivo era, anche se per un tempo definito, fargli dimenticare quella condizione di reclusione. Anche durante le prive io ero parte di loro, e loro di me. È inutile pensare a quello che c’è prima. A prescindere da tutto devono avere le loro dignità di persone. Durante la performance hanno sorriso, le ho viste felice. Entusiaste: è stata una cosa fortissima.

L’arte ha valore salvifico?
Io credo che determini l’esistenza. Perché ci fa capire la condizione dell’essere umano. L’arte in quel contesto sta parlando di vita e di umanità. E quindi quello è il luogo migliore dove possa stare.

Foto: Enrico Amici


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