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Oltre il mecenatismo, alla cultura serve più fundraising

Scuola di Fundraising di Roma con Ales spa, Anci e Centro per il Libro e la Lettura promuove un evento - venerdì 12 aprile alle Terme di Diocleziano - dedicato al sostegno dei privati al patrimonio culturale. Nonostante l’Art Bonus la raccolta fondi a favore di quello che è uno dei principali asset italiani è ancora inadeguata

di Redazione

Nel nostro Paese si vive un paradosso, a fronte della più importante e grande offerta di cultura nel mondo, e nonostante l’ottimo risultato dell’Art Bonus, l’Italia ha un livello di fundraising ancora non all’altezza del suo patrimonio culturale. Questo è dovuto anche al fatto che i diversi attori coinvolti, donatori compresi, non hanno una visione comune dell’importanza della raccolta di fondi per la cultura: filantropia strategica, donazioni, sponsorizzazioni, crowdfunding, investimenti sociali.
È questa una delle ragioni che ha spinto la Scuola di Fundraising di Roma, con Ales Spa (gestore dell’Art Bonus) Anci, Centro per il Libro e la Lettura del Mibac e la direzione dei Musei del Mibac a organizzare l’evento “Più fundraising, più cultura” in programma il 12 aprile a Roma.

Obiettivo dell’evento quello di favorire l’assunzione da parte dei principali stakeholder della cultura di una strategia comune di fundraising (filantropia istituzionale, sponsorizzazioni, mecenatismo, donazioni di comuni cittadini) in grado di rispondere alla importante sfida della sostenibilità economica dei beni e delle attività culturali del nostro Paese.

Massimo Coen Cagli, direttore scientifico della Scuola di Fundraising di Roma sottolinea come il paradosso italiano ha come risultato il fatto che «mentre la Tate Gallery ha entrate da fundraising di 42 milioni di euro l’anno, il British Museum di 27 milioni di euro e il Louvre di 20 milioni di euro, in Italia, ad esempio, gli Uffizi registrano entrate di 1,4 milioni di euro (fonte: bilancio pubblico), e Paestum ha raccolto ad oggi, circa 200mila euro. Sono senza dubbio risultati positivi rispetto alla media, ma evidentemente ancora non all’altezza del valore del nostro patrimonio. Complessivamente il fundraising (erogazioni filantropiche, mecenatismo e sponsorizzazioni) incide per l’11% sul bilancio delle Fondazioni culturali mentre per i musei autonomi incide solo per il 3% (14° rapporto Federculture). Negli Stati Uniti i musei hanno mediamente entrate di fundraising pari al 60% del totale delle entrate, al livello internazionale la media è stimata nel 40% delle entrate totali. Significativo anche notare che solo 5 istituzioni culturali italiane hanno istituito un fondo presso la King Baudouin Foundation (che permette la raccolta da statunitensi sfruttando i benefici fiscali Usa), mentre sono 9 quelli tedeschi, 23 quelli francesi e ben 28 quelli olandesi».

L’evento di venerdì 12 (Sala Ottagona delle Terme di Caracalla – ore 10) è diviso in tre sessioni. La prima vede come protagonisti i fundraiser: a loro il compito di illustrare, sulla base della loro esperienza concreta, i fattori di ostacolo e di facilitazione che caratterizzano il fundraising culturale.
La seconda, partendo da questi fattori, cercherà di individuare le linee di politica del fundraising che ogni interlocutore pubblico o privato della cultura (fondazioni, amministrazioni, aziende, istituzioni e organizzazioni culturali, enti di formazione) dovrebbe attivare nel suo contesto per migliorare in qualità e in quantità il fundraising.
La terza sessione ha il compito di individuare azioni concrete che il MIbac e in particolare il Sistema Museale Nazionale possono porre in essere per favorire l’adozione del fundraising da parte degli oltre 5.000 musei italiani e delle migliaia di altre istituzioni culturali.

Venerdì 12 aprile sarà la prima volta che in Italia si mettono intorno allo stesso tavolo molti e qualificati interlocutori (mondo delle fondazioni, delle amministrazioni locali e centrali, delle società che forniscono servizi al mondo della cultura, delle aziende, degli enti di formazione, dei professionisti del settore), non solo e non tanto per portare il loro qualificato punto di vista, ma soprattutto per concordare tra di essi cosa il nostro Paese debba fare per dotarsi di un buon sistema di fundraising culturale (al pari di altri paesi) e assumersi una responsabilità di farlo concretamente.

«L’evento si pone nel tempo come “osservatorio” permanente sul fundraising per la cultura”, un luogo che periodicamente renda conto dell’avanzamento delle politiche di fundraising, valuti i suoi impatti e fornisca utili indicazioni e strumenti per lo sviluppo quali- quantitativo della raccolta di fondi in Italia, permettendo un costante confronto tra tutti gli stakeholder-chiave», conclude Coen Cagli.

In allegato il programma


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