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Cure palliative pediatriche: il grande ritardo

La legge italiana le ha riconosciute prima di altri Paesi. Eppure su 35mila bambini che avrebbero bisogno di cure palliative, vi accede solo il 10%. È un problema? Certo, perché - come la Commissione Affari Sociali della Camera, al termine della sua indagine conoscitiva - affidarsi ai servizi per gli adulti è una "non risposta" clinica. I bambini rimangono in ospedale, spesso lontano da casa, per troppo tempo. Al contrario a Padova, dove c'è una rete integrata, il 73% dei piccoli continua ad andare a scuola

di Sara De Carli

Nonostante la legge, in Italia solo il 10% dei bambini che avrebbero bisogno di cure palliative, trova una risposta adeguata. Lo scrive nero su bianco la Commissione Affari Sociali della Camera, che ha approvato all’unanimità il documento conclusivo sull’Indagine conoscitiva sull’attuazione della legge 15 marzo 2010, n. 38, in materia di accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, con particolare riferimento all’ambito pediatrico.

Sono 35mila circa i bambini bisognosi di cure palliative ma nonostante l’Italia sia stata «uno dei primi Paesi ad essersi dotato di una legge ad hoc che stabilisce il diritto di ogni cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore», «siamo in grande ritardo rispetto ad altri Paese europei nella sua applicazione».

E se alcuni punti delle conclusioni valgono per le cure palliative tout court (nuova concezione delle cure palliative, che non dovrebbero essere interpretate esclusivamente come cure di fine vita, ma anche come cure da somministrare a un malato inguaribile e complesso; necessità che le cure palliative specialistiche si spostino dall’ospedale al domicilio; hospice che si deve configurare non solo come luogo di ricovero ma anche come luogo di rientro di pazienti con cronicità gravi nonché come ricovero “di sollievo” per la famiglia), ecco i punti salienti delle conclusioni.

  1. Le CPP sono state riconosciute circa venti anni dopo quelle rivolte all'adulto. Questo innesca una proposta di risposte assistenziali non dedicate ma mediate dai servizi per l'adulto, riproponendo una situazione di iniquità di diritto e di “non risposta” nella realtà clinica.
  2. La specificità del paziente pediatrico è inconfutabile e la delega agli specialisti di CP per adulti non porta a una reale presa in carico assistenziale e fa sì che la presa in carico del paziente pediatrico eleggibile alle CPP non venga per nulla realizzata – i bambini rimangono in ospedale e spesso lontano da casa anche per molto tempo – o venga attuata in casi del tutto eccezionali e quasi sempre limitati alla sola fase di stretta terminalità. L’assistenza pediatrica dovrebbe essere organizzata a dimensione di bambino, in un ambiente molto simile alla casa. Come modello di assistenza pediatrica, si può prendere l’organizzazione dell’hospice di Padova, che si presenta come ospedale “liquido”, distribuito su tutto il territorio regionale, dove ogni giorno più di 150 bambini gravemente ammalati sono gestiti presso il proprio domicilio.
  3. Dall’indagine risulta in generale una carenza a livello nazionale di 244 posti letto in hospice, con regioni in surplus accanto ad altre regioni in grave deficit. Resta particolarmente critica la situazione delle reti di cure palliative e terapia del dolore pediatriche, fortemente carenti in quasi tutto il territorio nazionale. La disomogeneità della rete delle cure palliative comporta necessariamente il ricorso a cure fuori dalla propria regione di residenza, specialmente per le cure pediatriche. La mancanza di un centro dedicato porta a un’assenza di punti di riferimento chiari e competenti nonché il ricorso a servizi non specifici o a cercare soluzioni alternative fuori regione e fuori dal SSN.
  4. Risorse economiche e di personale dedicate adeguate. Purtroppo le CPP e la TD sono ancora considerate non necessarie alla cura del bambino malato e, pertanto, frequentemente è limitato il riconoscimento di risorse ad esse dedicate, sia a livello economico che di personale. L'esperienza di questi anni ha indicato come nelle regioni in cui è stata deliberata una quota economica – di solito limitata a pochissimi anni e non superiore a 300.000-400.000 euro per anno – l’attivazione dell’organizzazione e lo svolgimento delle funzioni del Centro e della rete di TD e CPP, l'assistenza ai bambini eleggibili e alle loro famiglie è presente e funziona
  5. La formazione accademica è pressoché inesistente. Si potrebbe pensare all’introduzione della figura del professor of practice, un docente poco utilizzato nelle università italiana, ma ampiamente presente nel mondo anglosassone, che è chiamato a trasmettere le proprie competenze professionali agli studenti in medicina. Occorre parallelamente assicurare una migliore formazione degli operatori interessati: medici ospedalieri, infermieri, medici di medicina generale e pediatri di famiglia.

Due le missioni svolte dai parlamentari, una presso l’hospice pediatrico “Casa del bambino” di Padova e una all’hospice presso il presidio Pausilipon di Napoli.

A Padova l’hospice pediatrico si trova in una struttura intermedia, alternativa all’ospedale, in cui i piccoli pazienti e le loro famiglie vengono accolti nei momenti di bisogno. E’ una struttura residenziale di altissima specializzazione, che garantisce cure a patologie per definizione inguaribili. I posti letto a disposizione dell’hospice pediatrico sono tre per i ricoveri, cui si aggiunge un posto letto per i day hospital. In ogni stanza di degenza – si tratta di stanze singole, con bagno – si trova un secondo letto dove può dormire un genitore e una poltrona. Sono a disposizione, inoltre, strumenti che consentono la preparazione di cibi. Nella medesima struttura, che si articola su più piani, sono presenti una cucina per le famiglie che intendono utilizzarla, un salottino, una “sala musica” per i momenti di svago. I ricoveri sono più di 250 l’anno e hanno una durata media non superiore a tre giorni. Oltre ai ricoveri, ogni giorno l’équipe multidisiciplinare specialistica dell’hospice ha in carico ben 130 pazienti pediatrici residenti nel territorio della regione Veneto. In sostanza, il Centro funge da coordinatore e da consulente specialista per il pediatra, per l’infermiere del distretto e per il personale dell’ospedale periferico, garantendo visite a domicilio programmate e una reperibilità telefonica continuativa per problemi urgenti. Il Centro, inoltre, è il punto di riferimento per la formazione di base e specialistica in terapia del dolore e cure palliative pediatriche per tutti gli operatori sanitari della regione Veneto. Organizza, altresì, percorsi formativi per genitori, volontari e operatori scolastici. L’obiettivo, quindi, verso il quale l’organizzazione della rete è finalizzata, è favorire le cure domiciliari nella gestione della malattia, limitando la permanenza del ricovero in hospice e considerando il ricovero in ospedale come extrema ratio. Tra i risultati ottenuti attraverso l’applicazione di questo modello, si sottolineano: l’elevata frequenza scolastica dei bambini in carico (73% dei casi); la ripresa o la continuazione dell’attività di lavoro o di studio da parte delle madri dei bambini in carico (circa il 64%); il luogo di morte dei bambini in carico (il 75% muore a domicilio, il 20% in hospice, solo il 5% muore in ospedale).

La seconda esperienza è quella del presidio ospedaliero Pausilipon dell’azienda sanitaria Santobono-Pausilipon, una struttura in fase di costituzione e sviluppo, essendo attiva dal 2015. Ha un accesso indipendente esterno, che consente l’accesso a familiari e amici senza i vincoli di orario e altre limitazioni che le regole ospedaliere di norma impongono. Al tempo stesso, la sua allocazione garantisce ai piccoli pazienti un accesso rapido a tutti i servizi di diagnosi e terapia presenti nel presidio. Allo stato attuale, dispone di due stanze di degenza, ciascuna con il proprio bagno e con un letto per il paziente e una poltrona letto per un genitore, e servizi dedicati, un soggiorno living, dove possono essere accolti altri familiari in visita, una cucina completamente attrezzata e un’altra camera arredata, che offre la possibilità di pernottamento per l’altro genitore. Nell’insieme, si presenta come un ambiente a basso impatto di medicalizzazione e rispecchia, nelle sue caratteristiche principali, quelle di una abitazione/residence. Tra i progetti più interessanti realizzati presso l’hospice, sono stati riportati quelli concernenti, rispettivamente: la prevenzione del burn-out all'interno dell'équipe di cure palliative attraverso gruppi di sostegno, l’attività divulgativa nell’ospedale e nelle scuole, l’applicazione per misurare il dolore nel bambino, la realizzazione di un percorso di cure palliative neonatali. Il numero atteso di bambini da seguire in cure palliative è di oltre 1.000: l’hospice pediatrico “Alma Mater” ha finora accolto 31 pazienti affetti da patologie oncoematologiche in fase palliativa, sia in ricovero ordinario che in day hospice.

Foto Unsplash


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