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I volontari ad alta competenza che “amministrano” chi non ce la fa

A Reggio Emilia in un solo anno vi sono state più di 3.000 richieste di amministrazione di sostegno, spesso affidati a persone disponibili e motivate con il progetto “Non più soli”, coordinato dal Csv. La storia di Giovanna e dei suoi tre casi difficili gestiti in contemporanea

di Adriano Arati

Tre persone da aiutare in contemporanea, tre casi difficili che necessitavano dell’amministratore di sostegno, la figura prevista dalla legge 6 del 2004 per assistere chi non è in grado di provvedere ai propri interessi. Tre casi e una risposta unica: Giovanna, volontaria competente e motivata. È una storia, la sua, che mette in luce un volontariato complesso e impegnativo.

Giovanna vive a Reggio Emilia e fa parte del gruppo di “Non Più Soli”, il progetto coordinato dal Centro di servizio per il volontariato “Dar voce” per l’amministrazione di sostegno della provincia reggiana, uno dei più avanzati portati avanti in questi anni. In sette anni di esistenza, Non Più Soli ha raccolto volontari con competenze alte, in grado sia di affiancare i soggetti che possono necessitare dell’amministratore di sostegno sia le loro famiglie, i servizi sociali, gli enti locali e la struttura del welfare comunitario.

Esistono volontariati e volontariati, e operare nelle fragilità ricoprendo questo ruolo non è certo un percorso semplice, né adatto a tutti. La forza di Non Più Soli è proprio quella di aver trovato un gruppo nutrito di donne e uomini con esperienze personali e professionali di spessore, capaci di confrontarsi sia con le difficoltà personali sia con le complessità legislative e regolamentari connesse alle varie forme di tutela.

Giovanna è l’esempio più efficace. Si è trovata a seguire negli stessi mesi come amministratore di sostegno tre persone molto diverse fra loro. Il primo è Mario, 72 anni, ex alcolista abbandonato dalla famiglia per violenze domestiche di cui lui era l’autore. Lucia, invece, è una 84enne senza rapporti con la famiglia: «I parenti, – racconta Giovanna, – erano presenti ma non avevano rapporti con lei già da molto tempo, era stata allontanata, evitata perché aveva avuto uno stile di vita “poco morale”, tanto da essere emarginata anche a livello sociale nel contesto paesano in cui viveva». Il terzo è il 65enne Claudio, «alcolista, dipendente da gioco, frequentatore di locali notturni, aveva una famiglia completamente a suo carico, una moglie affetta come lui da dipendenza da alcol e gioco d’azzardo, un figlio con problemi psichiatrici ed una figlia che si era allontanata in giovane età».

Tre quadri di desolazione sociale, «casi complessi ed articolati nelle relazioni, – continua Giovanna. – Non c’era un grande patrimonio da amministrare ma legami da recuperare o da gestire, vizi e cattive abitudini da contenere e soprattutto vicinanza e partecipazione da riconoscere a queste persone socialmente emarginate».

Un’esperienza che ha messo Giovanna alla prova: «Non posso dire che sia stato facile, sia dal punto di vista emotivo che nella gestione del tempo. Erano tre, con storie e caratteri diversi, ed io volevo ascoltarli, comprendere il loro malessere, il loro bisogno di attenzione. Mi sentivo di doverli aiutare percorrendo un cammino fuori da quel sentiero pieno di ostacoli che era stata la loro vita, anche se in forme diverse, facendo in modo che la mia presenza non fosse invasiva ma sempre accogliente del loro essere».

Giovanna non si è fermata e ora è di nuovo iscritta al registro dei volontari del progetto Non più soli, pronta a ripartire. La provincia di Reggio Emilia sfiora i 600mila abitanti, i nuovi accessi allo sportello dell’amministratore di sostegno nel 2018 hanno superato quota 3.000, segnale di una necessità forte. La risposta si è concretizzata in 700 servizi erogati, a cui aggiungere le centinaia degli anni precedenti, molti ancora in svolgimento.

Un sostegno al tessuto sociale e pure un “risparmio sociale” calcolato in milioni di euro: queste prese in carico evitano spesso cause e procedimenti penali lunghi e dispendiosi, per i privati e per lo Stato.

Perché una macchina simile possa procedere, la necessità primaria è quella di un volontariato “alto”. Forse la definizione può spaventare, ma è innegabile che in una contemporaneità sempre più frammentata, con esigenze sempre più ampie e peculiari, anche i percorsi solidali devono potersi differenziare. Per fare l’amministratore di sostegno occorrono capacità personali e competenze tecniche. E sempre più il volontariato si sta adeguando per dare risposte all’altezza.


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