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Lavoro femminile, raccolta fondi e inclusione sociale: la fotografia del Terzo settore

Tre approfondimenti relativi all'ultimo aggiornamento al censimento sul non profit: le lavoratrice retribuite sono oltre il 65% del totale dei lavoratori, salgono gli enti attivi nella raccolta fondi e sono 73 mila (pari al 21,7% del totale) le istituzioni che orientano la loro attività a persone con specifici disagi

di Redazione

Componente femminile

Le 336.275 istituzioni non profit attive in Italia (al 31/12/2015) contano sul contributo lavorativo di 5,5 milioni di volontari, 788 mila dipendenti e 294 mila lavoratori esterni, con un incremento rispetto al Censimento del 2011 pari rispettivamente al 16,2%, al 15,8% ed all’8,5% per i lavoratori esterni.

La componente femminile è costituita da circa 2,3 milioni di volontarie (41,1% del totale) che crescono del 25,7% rispetto al 2011 (rispetto alla crescita complessiva di tutti i volontari pari al 16,2%) e di 712 mila lavoratrici retribuite (pari al 65,8% del totale), in crescita dell’11,7% rispetto al 2011 (a fronte di una crescita complessiva pari al 13,7%) (prospetti 1a e 1b).

Il prospetto 1 presenta la distruzione delle risorse umane impiegate nelle diverse Regioni.
Il prospetto 2 presenta la distruzione delle risorse umane impiegate nei settori di attività.

Raccolta fondi

Le istituzioni non profit che nel 2015 hanno svolto attività di raccolta fondi ammontano a 72 mila unità, pari al 21,4% di quelle rilevate, in crescita di circa due punti percentuale rispetto al 2011 (prospetto 3).

Le istituzioni che attivano forme di raccolta fondi sono presenti in misura superiore al dato nazionale nei settori della Cooperazione e solidarietà internazionale (77,2%), della Filantropia e promozione del volontariato (53,7%), della Religione (41,1%), dell’Assistenza sociale e protezione civile (34,2%), dell’Ambiente (32,8% rispetto al 2011), della Sanità (30%).

La modalità più utilizzata nel 2015 è stata la realizzazione di eventi e/o manifestazioni pubbliche (64,9%) a seguire il contatto diretto (47,1%) e la vendita di beni e prodotti (21,7%) (prospetto 4). Cresce la quota di istituzioni che realizzano forme di raccolta fondi tramite siti web e social media (23,2% a fronte dell’11,7% rilevato nel 2011) ed emergono le nuove modalità di crowdfunding e corporate fundraising (scelte rispettivamente nel 4,9% e nel 4,4% dei casi).

Orientamento al disagio

Sono 73 mila (pari al 21,7% del totale) le istituzioni non profit che orientano la loro attività a persone con specifici disagi. Sono presenti in misura prevalente rispetto al valore nazionale nei settori dell’Assistenza sociale e protezione civile (66,3%), dello Sviluppo economico e coesione sociale (50,8%), della Cooperazione e solidarietà internazionale (45,7%), della Sanità (41,6%) (prospetto 5).

Il prospetto 6 evidenzia le diverse categorie di disagio a cui le istituzioni si orientano. La metà delle istituzioni non profit che erogano servizi a persone disagiate si occupano di disabilità fisica e/o intellettiva (52%) e il 25,7% si occupa di persone in difficoltà economica. Le altre principali categorie a cui si rivolgono le istituzioni non profit dedite al disagio sono: persone con disagio psico/sociale (19,5%), minori in difficoltà (17,4%), immigrati e minoranze etniche (14,4%).


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