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Segni dei tempi: Hoda Barakat è la prima donna a vincere il Booker arabo

Il dodicesimo Arab Booker, sostenuto dalla Booker Prize Foundation di Londra e finanziato dall'Abu Dhabi Tourism and Culture Authority, è stato assegnato alla scrittrice libanese Hoda Barakat. È la prima volta per una donna. Nel 2011, la saudita Raja Alem era stata insignita del premio ma solamente in condivisione con il marocchino Mohammed Achaari

di Marco Dotti

Il Premio Internazionale per la narrativa araba, il dodicesimo "Arab Booker", sostenuto dalla Booker Prize Foundation di Londra e finanziato dall'Abu Dhabi Tourism and Culture Authority, è stato assegnato alla scrittrice libanese Hoda Barakat. È la prima volta per una donna. Nel 2011, la saudita Raja Alem era stata insignita del premio ma solamente in condivisione con il marocchino Mohammed Achaari.

Nata nel 1952, in un villaggio maronita nel cuore della montagna libanese che ha dato i natali allo scrittore Gibran Khalil Gibran (1883-1931), Barakat ha ricevuto il premio per il suo romanzo Barid Al-layl, pubblicato nel 2017 dall'editore Dar Al-Adab di Beirut, e tradotto in Francia da Actes Sud con il titolo Courrier de nuit. Il romanzo scritto in forma epistolare, racconta di lettere e di condanne, di censura e regime, e verrà tradotto in italiano per i tipi della Nave di Teseo.

Commenta Barakat, che dal 1989 ha scelto la via dell'autoesilio: «Sono molto felice perché questo premio è importante, permette di essere visibile ovunque nel mondo arabo, eppure sono molto lontano da questa regione, sia fisicamente che mentalmente. Sono davvero felice che il mio romanzo epistolare sia stato premiato, perché il mio lettore è arabo e io scrivo in arabo».

Dopo essere fuggita dalla guerra civile in Libano, Hoda Barakat risiede oggi negli Stati Uniti, dove insegna all'Università di Dartmouth, New Hampshire. Ma, ricorda, «per scrivere in arabo, la posizione geografica non importa».

«Ho cominciato a scoprire l'arabo dopo la scuola, perché insegnare l'arabo non lo valorizzava. Era ripugnante: tutte le materie erano insegnate in francese e questa lingua era fatta apposta per essere odiata, come se non valesse la pena studiare. Inoltre, il passaggio dal libanese parlato all'arabo scritto era complicato, c'erano chilometri e si doveva viaggiare da soli. Ciò che mi ha fatto amare l'arabo è stato un risveglio, un innesco. Mi sono reso conto nei primi anni '70 che questa lingua era magnifica, grazie a tutto ciò che si stava scrivendo in quel momento. Era il tempo del nuovo Nahda (Rinascimento) con autori come Youssef El-Khal o Ounsi El-Hage».

Un premio, quello a Hoda Barakat, che sta facendo molto discutere i media e la società civile del mondo arabo.


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