Cooperazione & Relazioni internazionali

Guerra in Libia: aprire corridoi umanitari europei

Il numero dei morti dall’inizio della crisi in Libia: è giunto a 300, tra cui ci sono 90 bambini e 100 donne. Gli sfollati sono circa 40 mila. Ieri il Papa ha fatto un appello perché specialmente le donne, i bambini e i malati possano essere al più presto evacuati attraverso corridoi umanitari. Un invito oggi rilanciato da Comunità di Sant'Egidio e Tavola valdese

di Redazione

Oggi il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, sarà presente all’aeroporto militare di Pratica di Mare per accogliere un gruppo di 147 richiedenti asilo, provenienti da Misurata, in Libia, arrivati in Italia grazie a un corridoio umanitario.

Ieri Papa Francesco ha fatto un appello nel corso del Regina Coeli in piazza San Pietro richiamando ad usare corridoi umanitari per evacuare i profughi dai centri di detenzione in Libia.

“La situazione dei profughi in Libia è resa ancora più pericolosa dal conflitto in corso. Faccio appello perché specialmente le donne, i bambini e i malati possano essere al più presto evacuati attraverso corridoi umanitari”, ha detto il Pontefice.

Secondo i dati dell’associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi), si aggrava il numero dei morti dall’inizio della crisi in Libia: è giunto a 300, tra cui ci sono 90 bambini e 100 donne. Gli sfollati, secondo l’Amsi, sono circa 40 mila, di cui il 50% donne e il 25% minorenni.

Anche per questo i presidenti della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, e della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Luca Maria Negro, hanno scritto al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per avanzare la proposta di un “corridoio umanitario europeo” e dichiarare la loro pronta disponibilità a collaborare alla sua realizzazione sulla base dell’esperienza realizzata in Italia negli ultimi tre anni. Per conoscenza la lettera è stata inviata anche alla Viceministra per gli Affari Esteri e la Cooperazione Emanuela Del Re e al Sottosegretario Andrea Molteni presso il Ministero dell’Interno.

Il meccanismo proposto è analogo a quello adottato per i “corridoi umanitari” che si stanno realizzando sulla base di un protocollo tra la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, la Comunità di Sant’Egidio, la Tavola valdese e i ministeri dell’Interno e degli Esteri, sottoscritto per la prima volta nel 2015 e rinnovato nel 2017. Grazie a questo accordo, che prevede il rilascio di “visti umanitari” ai sensi dell’art. 25 del Trattato sui visti di Schengen, sono giunti in Italia oltre 1600 richiedenti asilo, in massima parte siriani, provenienti dal Libano. I ministeri competenti hanno sottoscritto un accordo analogo anche con la Comunità di Sant’Egidio e la Conferenza episcopale italiana per un altro contingente di 500 profughi provenienti dall’Etiopia. Sull’onda della “buona pratica” realizzata in Italia, sono stati aperti corridoi umanitari anche in Francia, in Belgio e Andorra per un totale di quasi 2.500 arrivi finora in Europa.

“La nostra proposta nasce da questa esperienza realizzata sul campo – spiegano Negro e Impagliazzo – e ha come obiettivo l’arrivo in Europa di 50.000 profughi in due anni ripartiti tra i paesi che intendano dare concreta attuazione ai loro impegni internazionali in materia di asilo e di diritti umani. L’Italia dovrebbe fare da capofila di questo programma, aprendo un altro corridoio dalla Libia, per almeno 2.500 persone all’anno. Per parte nostra – aggiungono i due leader religiosi – abbiamo già avviato dei rapporti con Terres des Hommes e altre ONG che operano in Libia per dare concreta attuazione a questo progetto che parte dall’Italia ma che si rivolge ai paesi e alle istituzioni europee. Di fronte alle notizie che arrivano dalla Libia, con migliaia di profughi esposti non solo a ricatti, violenze e torture ma anche alla violenza degli scontri militari, non possiamo rimanere fermi a guardare. Forti degli incoraggiamenti ricevuti da papa Francesco, ultimo dei quali domenica scorsa, da varie chiese sorelle in Europa e dal Consiglio Ecumenico delle Chiese rinnoviamo quindi la nostra disponibilità ad operare da subito per tutelare la vita, l’incolumità e i diritti umani di migliaia di profughi ostaggio di violenze ogni giorno più diffuse e brutali”.


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