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Economia & Impresa sociale 

Hong Kong importa la valutazione d’impatto made in Italy

La Fondazione Zancan sarà partner di un grande progetto promosso dall'università cinese dell'enclave del sud est asiatico. Ne parliamo con il direttore Tiziano Vecchiato: «Un’occasione straordinaria e un segnale importante»

di Redazione

L’università cinese di Hong Kong (la più importante delle otto del territorio autonomo dell’enclave a sud est della Cina) ha avviato qualche giorno fa il progetto MEL (Monitoring, Evaluation, Learning) per rimettere a nuovo le modalità di valutazione, gli indici di performance, di costo/risultato e di costo/efficacia dei progetti sociali.

Si tratta di un investimento triennale con un forte coinvolgimento interno (vari dipartimenti coinvolti con indirizzo sociale e tecnologico), esterno (enti finanziatori pubblici e privati, organizzazioni non governative) e internazionale (università e centri di studio di altri Paesi). Saranno tre anni di rimessa a nuova della teoria e della pratica della valutazione made in Hong Kong, con un robusto monitoraggio delle azioni progettuali, con ideazione di nuovi servizi, soluzioni di pianificazione e management, investimenti in comunicazione e analisi di impatto. Il governo strategico di Mel è affidato al Department of Social Work dell’università. Sono previsti premi annuali per le migliori pratiche, altre incentivazioni e valorizzazione dei risultati su scala locale e internazionale.

Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan lo scorso 13 aprile è stato invitato come key speaker al convegno di avvio organizzato dall’ateneo con una relazione sul tema: “MEL culture & GIA approach to make the difference: European Experiences” (GIA sta per: Generative Impact Assessment). Lo abbiamo intercettato al suo rientro in Italia.

Partiamo dal titolo della relazione: qual è l’approccio europeo e occidentale alla valutazione?
La cultura della valutazione ha avuto una grande accelerazione quando la matrice tecnica proposta da Leon Rosenberg nel 1969 è stata utilizzata da enti pubblici americani, agenzie delle Nazioni Unite e dall’Unione Europea (con il logframe matrix) per orientare la progettazione. Ha cioè adottato un format universalmente utilizzato per la progettazione e la rendicontazione in nord America e in Europa. La grande quantità di risorse investite in azioni “progettuali” ha comportato una crescita incrementale della domanda di rendicontazione, ma con un effetto collaterale importante: la rendicontazione e la valutazione si sono intrecciate e confuse e ha vinto la valutazione di processo, a scapito di quella di esito. Chi mette a disposizione risorse chiede giustamente conto del loro utilizzo. Quando lo fa in modo amministrativo privilegia la tracciabilità delle azioni e dei loro costi, ma lascia in secondo piano la domanda su quanto i talenti messi a disposizione hanno fruttificato. Nella parabola il padrone definisce “malvagio” il servo che gli restituisce il valore ricevuto perché è giustamente interessato alla moltiplicazione del valore e non soltanto alla sua corretta amministrazione. Questa contraddizione si riproduce in tutte le valutazioni che si accontentano di verificare gli indici di processo e di output ma non quelli di esito.

Quali gli effetti collaterali determinati da questo approccio e quali le sfide da affrontare?
Il dibattito in Europa negli ultimi anni si è concentrato sugli strumenti e sulle metriche per misurare l’impatto sociale (La finanza che include: gli investimenti ad impatto sociale per una nuova economia, Rapporto Task Force G8 nel 2014) lasciando intendere che nelle misure di impatto si incorporano anche quelle di esito. Tecnicamente non è così, visto che i benefici di impatto sono più estesi (sono appunto sociali) ma meno intensi rispetto ai benefici per i diretti destinatari degli investimenti progettuali. Con i format di rendicontazione amministrativa si privilegia l’accountability e si consente ai progettisti di “surfare” da progetto a progetto (anche se hanno pregressi indici di outcome e di impatto inconsistenti) ma sanno produrre rendicontazioni accurate e coerenti con il logic model tradizionale, che consente di consumare quantità ingiustificate di risorse. Per fortuna nel nostro Paese stanno emergendo crescenti perplessità su questo andamento, in particolare nel mondo delle fondazioni di origine bancaria.

Cosa si sta muovendo in Oriente?
Qualcosa di interessante sta avvenendo a Hong Kong, un territorio ad elevata intensità demografica, dove molte pratiche di erogazione sono finalizzate a progetti sociali per ridurre le grandi disuguaglianze che caratterizzano quell’area. L’Università cinese ha avviato un progetto triennale ambizioso per rimettere in discussione le attuali modalità di monitoraggio e valutazione dei progetti. Hanno coinvolto tutte le NGOs del territorio in un grande esperimento “MEL (Monitoring, Evalution, Learning)”, insieme con le imprese finanziatrici, i grandi media, in dialogo con centri di studio e ricerca di altri Paesi. Il focus è sullo sviluppo dei servizi, il rendimento delle risorse, l’utilizzo dei social, la valutazione di esito e impatto. Le azioni sono facilitate da una banca di indicatori (Oucome/Impact Indicator Bank), soluzioni digitali e comunicative facilitanti la condivisione delle migliori pratiche, una Ocop (Online Community of Practices) e molta condivisione con training e tutoraggio finalizzati.

Fondazione Zancan che contributo darà a questo progetto?
L’invito dell’Università cinese di Hong Kong a collaborare insieme con altre università (Melbourne, Sydney, fra le altre) è una sfida oltre misura per noi, ma è anche un’occasione straordinaria per vivere in presa diretta le potenzialità di questa iniziativa. Per loro quello che sta avvenendo in Italia è interessante per capire il futuro della valutazione. Sanno che abbiamo contribuito a prepararlo, a partire dal 1971, con i due seminari del prof. Alfred J. Kahn e la pubblicazione in italiano del suo “Theory and Practice of Social Planning”. Le successive pubblicazioni e scambi internazionali hanno consolidato questo sforzo, con eventi realizzati in vari Paesi e lo scorso anno alla Luiss e in Senato (la conferenza internazionale su “Effective Measures to Cope with Poverty: Lessons from Italy and Other Countries”). Il nostro contributo proseguirà dando risposte alle domande che ci sono state rivolte: con quali metriche misurare i risultati sociali, come farlo in ambienti collaborativi, imparando insieme, come farlo con tutti gli enti interessati alla valutazione e ad “essere valutati”, come farlo con soluzioni sostenibili, con migliori indici di costo/efficacia, con particolare attenzione alla valutazione di “impatto sociale generativo”.

Come saranno condivisi i risultati?
Il progetto metterà in campo uno sforzo tecnologico considerevole per facilitare il passaggio dai problemi alle soluzioni e utilizzarle. L’obiettivo è ridurre la differenza tra teoria e pratica, evitando le scorciatoie, tra queste le pratiche di storytelling senza numeri e i dati di esito e impatto. Il logic model chiuso razionalmente è venuto da est, quello aperto potrebbe venire dal confronto a 360 gradi: tra est e ovest, nord e sud. Ci vorrà tempo, è una strada obbligata che ci riserverà non poche sorprese. L’appuntamento è tra tre anni, quando saranno discussi i risultati di Mel in una conferenza internazionale, ma già ora è operativo un learning environment, aperto a tutti gli aventi interesse per condividere problemi e soluzioni.


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