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Lo scivolone del Besta sul cervello da curare

“Per curare il suo cervello, ci serve il tuo aiuto", diceva la campagna 5 per mille dell'Istituto Neurologico Besta. Peccato che la foto fosse quella di un bambino con la sindrome di Down. Immediata la protesta delle associazioni: «non si deve 'cercare una cura', ma sviluppare una cultura inclusiva. Si illudono le famiglie che esista una ricerca capace di trasformare i loro figli». La campagna è già stata ritirata. Ma resta la domanda sul come sia stato possibile pensare a un tale messaggio...

di Sara De Carli

La Sindrome di Down come malattia da curare? Passi se lo dice la “sciura Maria” al bar, ma non che lo dica il Besta, uno dei più quotati centri in Italia di ricerca neurologica. Eppure è successo. A denunciarlo sono, insieme, Aipd, CoorDown, Coordinamento Down Lombardia e Ledha: la campagna di comunicazione è apparsa in grandi affissioni a Milano e sul canale Youtube dalla Fondazione I.R.C.C.S. Istituto Neurologico Carlo Besta, per promuovere il 5 per mille. Nella foto c’era un bambino con i tratti tipici di persona con sindrome di Down, accompagnata dalla frase “Per curare il suo cervello ci serve il tuo aiuto”. «Si tratta di una campagna dal contenuto offensivo e ingannevole, che rimanda il messaggio di una “malattia curabile” e dunque la falsa convinzione che ci siano strade scientifiche percorribili per ridurre il danno cognitivo, che tipicamente accompagna la persona con sindrome di Down», hanno scritto subito le associazioni. Aipd, CoorDown, Coordinamento Down Lombardia e Ledha hanno chiesto che la campagna venisse ritirata immediatamente, nel giro di 24 ore, per limitare il danno procurato da un simile messaggio. Più le pubbliche scuse.

Intorno alle 15,30 sul canale YouTube della Fondazione Carlo Besta appare un video in cui Andrea Gambini, presidente della Fondazione, comunica di aver ritirato la campagna. Gambini, commissario della Lega di Varese, è stato nominato al vertice della Fondazione Besta da pochissimo tempo, a dicembre 2018: probabilmente non ha ancora ben compreso dove si trovi. «Abbiamo iniziato l’altro ieri con una campagna piuttosto forte, con un bimbo con la sindrome di Down, in cui si chiedeva di sostenere la ricerca attraverso la composizione del puzzle. Ho deciso di ritirarla. Voglio precisare che io sono padre di un bambino con sindrome di Williams, non era mio intento offendere nessuno». Sul sito della Fondazione c’è già una nuova campagna (peraltro, a mio modesto parere molto più bella). Retromarcia quindi, a cominciare dai social, ma lo scivolone resta. Come può una grande realtà come la Fondazione dell'Istituto Neurologico Besta, da tutti stimata, veicolare un messaggio di questo tipo? È questo il punto. Tant’è che tutti – nella mobilitazione critica – avevano sottolineato proprio la sorpresa e l’aspetto culturale. Per Paolo Grillo, Presidente di AIPD Nazionale, «il messaggio trasmesso attraverso questa campagna oltre a essere sbagliato – la sindrome di Down non è una malattia e non ha una cura – rischia di confondere le famiglie e di illuderle che esista una ricerca capace di trasformare i loro figli. Aipd da 40 anni lavora per valorizzare le capacità delle persone con sindrome di Down, affinché possano inserirsi in una società che, da parte sua, non deve 'cercare una cura', ma piuttosto sviluppare una cultura inclusiva. La campagna della Fondazione Besta evidentemente non indica questa direzione».

«Come mamma e come rappresentante di migliaia di persone con sindrome di Down ritengo gravissimo il fatto che ancora nel 2019 si debba reagire con forza a messaggi fuorvianti e così violenti, che veicolano pregiudizi e false credenze, per giunta diffusi da chi invece dovrebbe dare corretti messaggi», afferma Antonella Falugiani, Presidente di CoorDown. Per Gian Marco Gavardi, presidente del Coordinamento Down Lombardia «le persone con sindrome di Down testimoniano quotidianamente la loro possibile inclusione, grazie anche al lavoro delle Associazioni. Tutto questo non può e non deve essere messo in dubbio da comunicazioni errate come questa». Mentre la Ledha, attraverso il suo presidente Alessandro Manfredi, aveva messo in luce il tema dei diritti: «Oltre che falso e scientificamente infondato, il messaggio è gravemente lesivo dei diritti e della dignità delle persone con disabilità. Per questo motivo LEDHA diffida la Fondazione dal proseguire la diffusione della sua campagna pubblicitaria. Chiediamo l'immediata rimozione di tutti i manifesti e le scuse della Fondazione. Ci riserviamo la possibilità di valutare possibili azioni legali che, tuttavia, vorremmo non dover intraprendere in considerazione della grande stima per il lavoro svolto dall'Istituto Neurologico Besta».

«Non riesco a ritrovare in quel messaggio l'Istituto Besta che conosciamo bene, i ricercatori con cui abbiamo lavorato tanto, le linee su cui abbiamo condiviso tanta coprogettazione», sottolinea verso sera anche Rita Viotti, presidente di AGPD Onlus. «Sono andata a guardare anche le precedenti campagne del 5 per mille, centrate sul trasformare i sogni in realtà attraverso la ricerca, molto in linea con il lavoro dell'Istituto… questa sembrava dimenticare il lavoro pregresso. Suggerirei al neopresidente della Fondazione di rafforzare il confronto con l'Istituto e chi ci lavora».


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