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Monica, Abdo e gli altri: storie di volontariato

Rete Scuole Migranti del Lazio, sostenuta dal Csv regionale, racconterà molte esperienze in un convegno previsto a Roma il 24 maggio. Come quella di Roberto, giovane Rom che riceveva pacchi viveri e ora li prepara per altre persone povere

di Paola Springhetti

«A casa non mi sopportano perché parlo sempre di questi bambini», dice con autoironia Monica Adriana Huerta. Lei è una volontaria nell’associazione Dialogo di Aprilia, vicino a Roma. I bambini sono quelli che frequentano il laboratorio linguistico dove ogni settimana lei insegna l’italiano.
Monica è messicana. È arrivata a Bologna nel 1992 con una passione per le lingue che l’ha portata a imparare, oltre all’italiano, perfino il siciliano (regione dove è vissuta per un certo periodo con il marito), perché «bisogna conoscere la lingua madre di chi ti accoglie». La decisione di fare volontariato è arrivata più tardi: la vita ad Aprilia era troppo “tranquilla”, con la figlia sempre a Roma per l’università, il marito tutto il giorno al lavoro. Aveva già esperienza di insegnamento, anche se con i “grandi” (ha insegnato italiano L2 all’università della Bassa California), ma soprattutto, spiega, «sono sempre stata una persona a cui piace imparare e a cui piace insegnare». Ha fatto qualche primo tentativo e ha visto che i bambini erano molto interessati. «Mi sono innamorata di loro, – confessa, – e ho continuato. Pian pianino mi sembrava di scoprire questo contesto, che ormai è internazionale, di conoscere realtà nuove». Imparare e insegnare, per lei, vanno di pari passo.

Al laboratorio dell’associazione Dialogo, ogni sabato partecipano bambini che vengono da Tunisia, India, Venezuela, Egitto. L’impegno è tanto, anche perché l’insegnamento dell’italiano è solo il punto di partenza per la conoscenza della nostra cultura e di quella degli altri bambini, e le lezioni diventano un vero e proprio laboratorio di convivenza. «Loro chiedono soprattutto aiuto per i compiti, ma poi escono tanti discorsi, – spiega Monica. – Se un bambino arabo chiede perché a Pasqua si fa festa, devo trovare il modo di rispondere. Se chiedono il significato di una parola è facile spiegare, ma se, dopo avere visto un film, un bambino chiede: “È vero che dopo la morte si va in Paradiso? Ma bisogna essere musulmani per andarci?”, è tutta un’altra storia».

Monica racconterà la propria esperienza al convegno “Immigrati con-cittadini. Buone pratiche per la vita in comune”, che si svolgerà il 24 maggio a Roma, promosso da Rete Scuole Migranti (coordinamento di associazioni sostenuto dal Csv del Lazio), università RomaTre, Oxfam Italia, Centro interculturale Città di Torino, Centro Come. Un’occasione per ascoltare molte storie di migranti impegnati nel volontariato e nella cittadinanza attiva, singolarmente, in gruppi o in associazioni.

Come quella di Roberto Ademi, che il volontariato ha cominciato a farlo da adolescente: aveva forse 13, forse 14 anni. Di origini Rom, Roberto è nato e cresciuto in uno dei campi più grandi di Roma: il Casilino 900 più volte sgomberato e più volte rinato. La sua storia è anche più dura di quella degli altri Rom: aveva solo 10 anni quando la mamma è morta. Crescere solo, e di fatto dimenticato dagli altri parenti, è difficile, anche se ti accoglie una casa famiglia. La sua buona stella è stata Susanna, una volontariato della Comunità di Sant’Egidio, che già aiutava la sua mamma ed è di fatto diventa per lui una seconda madre.
Susanna lo portava con sé nelle attività che svolge per Sant’Egidio: «Aiutavo a distribuire i pacchi per i poveri, o a organizzare le docce per i Rom. Facevo quello che c’era da fare, – racconta Roberto. – Poi, verso i 18 anni, i pacchi ho cominciato a farli io…». Quell’esperienza lo ha segnato: «Era bellissimo. Mi sembrava di restituire quello che avevo ricevuto. Certe cose le avevo provate sulla mia pelle: quando vivevo nel campo con mia madre ricevevamo spesso i pacchi. Poi sono passato dall’altra parte e, se posso fare qualche cosa per gli altri, perché non dovrei farlo?»

Oggi Roberto ha 28 anni e fa servizio civile nelle biblioteche. Nella biblioteca Aldo Fabrizi di San Basilio e nella Renato Nicolini di Ponte Galeria si occupa del progetto “Letture ad alta voce”, destinato ai bambini da 0 a 6 anni e ai loro genitori. «Spesso vado nelle scuole elementari e materne: leggiamo libri, raccontiamo storie, poi giochiamo per far raccontare le loro esperienze. Mi piace, perché mi accorgo che capiscono il messaggio e che trasmettiamo emozioni. I bambini sono ricettivi, anche se ci vuole molta pazienza per lavorare con loro…».
Quando finirà il servizio civile Roberto spera trovare un lavoro migliore di quelli che ha fatto fino ad ora (si è mantenuto facendo il cameriere o il barista). Ha un diploma di ragioneria e un master in marketing alberghiero della Regione Lazio, parla tre lingue: il serbo, l’italiano e l’inglese. Ma comunque continuerà a fare volontariato: «Quello che c’è fare, lo farò», ripete.

Abdo Ageza vive a Roma, ha 21 anni, parla poco e ha un grande amore per l’atletica, che pratica regolarmente. Cosa c’è di meglio del mettere al servizio degli altri la propria passione? Abdo è un giovane egiziano, arrivato in Italia a 14 anni, su un barcone, solo. È cresciuto in casa famiglia, dove un operatore (ma lui lo chiama “amico”) gli fa conoscere Sport senza frontiere. Oggi Abdo fa il pizzaiolo a Ponte Milvio, ha conquistato l’autonomia e dà una mano all’associazione, quando ce n’è bisogno. L’esperienza più bella – che sicuramente ripeterà anche quest’anno – l’ha fatta nel luglio scorso, quando ha speso le sue ferie nel Joy Summer Camp di Sport senza frontiere sul Terminillo, per insegnare le discipline sportive ai bambini, in particolare quelli delle zone terremotate del Centro Italia, che lì erano ospitati gratuitamente. “Bellissimo”, dice. Bella l’amicizia con gli altri allenatori e volontari, bello il rapporto con i bambini. Bello soprattutto «vedere che i bambini sono felici».

Altre storie di cittadini di origine straniera impegnati nel volontariato si possono leggere nel sito della Rete Scuole Migranti., che ha iniziato a raccoglierle proprio in preparazione del convegno del 24.


Tutte le immagini sono tratte dal sito "Scuole migranti" – In apertura volontari di Retake


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