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Chiusa Biennale 2019, si è accolta la Prossimità

L’evento di Taranto segna la definizione e le caratteristiche di un percorso di crescita collettiva e culturale. Al centro dell’evento proprio l’azione propositiva e positiva dei corpi sociali che con le loro esperienze e pratiche hanno mostrato un’inedita natura propulsiva e generativa di soluzioni concrete a bisogni sociali. E ora si guarda alla nuova casa per Biennale 2021

di Redazione

Si è chiusa domenica 19 maggio la terza Biennale della Prossimità che ha visto oltre 700 persone impegnate a incontrarsi e scambiare, 17 promotori nazionali, 172 enti iscritti, 16 grandi temi di prossimità, 40 ore di confronto su focus specifici, 54 ore di esibizioni con 328 artisti 28 membri del comitato locale ma soprattutto “una prossimità che nelle sue sfaccettature e nei suoi volti è diventata più concreta” sottolinea una nota.

Il cammino di studio ed elaborazione sul tema della prossimità avviato in questi anni ha subito con queste giornate di Taranto un’evoluzione significativa. Sempre più chiara è apparsa nei diversi gruppi di lavoro, che in biennale sono stati chiamati aree di scambio, la definizione di un’area di pensiero e di azione – quella della prossimità appunto – che in più casi è stata definita come “la capacità di condensare verso un percorso comune il cammino del Terzo Settore, delle Istituzioni e del mondo produttivo”. Al centro proprio l’azione propositiva e positiva dei corpi sociali che con le loro esperienze e pratiche hanno mostrato un’inedita natura propulsiva e generativa di soluzioni concrete a bisogni sociali.
Tutto il percorso Biennale è accompagnato dal lavoro di un team di ricercatori che hanno evidenziato alcune delle caratteristiche delle azioni di prossimità. Il peso del finanziamento pubblico, anche se minore rispetto a quanto avviene nella gestione dei servizi, è comunque presente e significativo; ciò mette in evidenza che gli interventi di prossimità non si pongano in alternativa ma in partnership con l’ente pubblico, nella prospettiva di un’azione ispirata a principi di compresenza e collaborazione per lo svolgimento di attività di interesse generale. Non a caso le migliori esperienze di prossimità vedono coprotagonisti Enti di Terzo settore, imprese, istituzioni locali.

Spesso gli interventi di prossimità, pur radicati in storie uniche, son al tempo stesso replicabili e riproducibili. Come spiegano i ricercatori: numerosi interventi di prossimità, non solo nell’ambito del welfare, tendono ad essere presi ad esempio e riprodotti in varie parti del Paese. Dalle social street agli empori solidali, dalle iniziative di contrasto allo spreco alimentare a vantaggio degli indigenti, i modelli – che a Taranto si sono ritrovati – non hanno un marchio di fabbrica ma certamente una matrice comune e crescono attraverso processi di imitazione e diffusione.

A dare valore a Biennale non sono solo i numeri della partecipazione, ma la natura e la modalità con cui si è declinata. Alle organizzazioni, alle persone e ai gruppi è stato chiesto di essere costruttori durante 18 mesi di un programma nel quale le singole identità organizzative si sono fuse per lasciare spazio a un progetto comune. Quell’Io trasformato in Noi, quel riconoscersi in un marchio, quella della Biennale della Prossimità, del quale non si rivendica la paternità, ma la responsabilità comune di farlo crescere in coerenza ed efficacia.
Nessuna sessione a tema, ma una scelta precisa e cioè raccontare il valore della Prossimità nella rigenerazione degli spazi per la loro trasformazione in luoghi. In tanti, passeggiando per la Città Vecchia di Taranto, palcoscenico Biennale2019, l’hanno vista in festa. Certo, nella città vecchia ad alcuni splendidi palazzi si affiancano aree ancora sottoposte a degrado, ma anche queste ultime, percorse dalle attività e dal calore della Biennale, hanno acquisito una vita nuova.

Ed è così che i vicoli si sono trasformati in laboratori, la via Duomo che attraversa l’Isola è divenuta un salotto dove chiacchierare, le piccole piazze hanno assunto la veste di sala prove per gli spettacoli teatrali che sarebbero stati messi in scena. A rendere straordinario tutto questo la sorpresa e il calore del sud, con le case che si aprivano per visite guidate e i cestini con il caffè calati dai balconi per ristorare gli attori.
Questo fermento ma anche questo calore e colore ha lasciato sognare un percorso imminente di rinascita di questa splendida area. Sperando che non si tratti dell’ennesime voci destinate a smentirsi minando sempre più la fiducia degli abitanti, tutto lascia pensare che in pochi anni possano partire iniziative di investimento e riqualificazione, in cui, forse, il gruppo della Biennale potrebbe giocare un ruolo attivo.

A caratterizzare i contenuti delle aree di scambio (partecipazione, carcere, cibo, giovani, povertà, salute, comunità, luoghi, lavoro, ecosostenibilità, ambiente, beni comuni, innovazione civica, inserimento lavorativo, housing, impresa e migranti) vi è stato l’incontro tra esperienze portatrici di visioni e approcci differenti (poco consueti) allo stesso tema. Tra tutte forse quella più esemplificativa l’area dedicata ai “Comuni Fuori dal Comune”, dove i rappresentanti di amministrazioni diverse provenienti da tutta Italia si sono lasciati guidare in un approccio pionieristico all’esercizio dell’azione amministrativa. Adottando forme di co-programmazione e co-progettazioni, si sono resi disponibili ad accettare la sfida della prossimità. Quella che certamente la Regione Puglia e il Comune di Taranto hanno accolto con Biennale 2019.

All’emozione di uno scenario diverso è stata dedicata l’ultima sessione, quella della domenica mattina. Non una valutazione, che coerentemente gli organizzatori faranno nelle prossime settimane, ma il racconto di cosa la Prossimità può determinare nelle persone. Emozione nella cena di strada che ha accolto commensali disposti a condividere chiacchiere e cibo, il profumo del “riso patate e cozze” che Mimma, anima coraggiosa e intraprendente della città vecchia ha fatto assaggiare ai suoi vicini di tavola, l’emozioni delle donne Tarantine che hanno insegnato a grandi e piccini venuti da fuori qualche passo di “pizzica” (danza tradizionale popolare originalmente diffusa nel Salento), gli occhi lucidi di chi domenica mattina ha detto di aver trovato un po’ di speranza nella prossimità che sta invadendo l’Italia. Emozione che però ha lasciato spazio al progetto, in perfetto stile Biennale. Floriana, che ha vissuto la Biennale rappresenta chiaramente questa idea: «Ho avuto la contezza di quanta capacità, fantasia e determinazione si possa avere nel portare avanti progetti e sogni e di quante possibilità abbia l’Italia per affermarsi positivamente».
Biennale riprenderà il suo percorso di progettazione nei prossimi mesi, ma – conclude la nota – la pagina www.prossimita.net continuerà ad aggiornarsi con le tante iniziative collegate dedicate alla prossimità che a partire da Taranto si svilupperanno alla ricerca di una casa per biennale 2021 #staytuned.

Nell'immagine in apertura la cena di strada della Biennale 2019 a Taranto


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