Politica & Istituzioni

La svolta nazionalista? Sarebbe una retromarcia per l’agenda sociale

«In qualità di presidente del Cese, sto investendo molto per far sì che l’agenda dello sviluppo sostenibile, che muove dalle decisioni assunte in sede di Nazioni Unite nel 2015 e poi riprese dall’Unione Europea, diventi la strategia centrale del prossimo decennio». L’analisi di Luca Jahier

di Luca Jahier

I preparativi per il rinnovo del Parlamento europeo procedono a pieno ritmo. Si voterà dal 23 al 26 maggio per l’unico parlamento transnazionale al mondo. Negli Stati membri, circa 400 milioni di cittadini europei in età di voto saranno chiamati alle urne. Si tratta quindi di un’elezione cruciale per la vita di tutti noi europei. Tuttavia, ancor oggi, a 40 anni dalla prima elezione universale diretta del Parlamento europeo, lo scrutinio rimane poco capito e amato dagli europei.

Eppure è in Europa e tramite l’Europa che si può dare un nuovo impulso al continente. L’Unione europea deve cambiare marcia e di questo ne siamo tutti coscienti. Bisogna accelerare la transizione verso una società sostenibile, mettendo il benessere al centro del progetto della prossima legislatura.

In Europa, le disuguaglianze sono aumentate e l’economia europea è più disuguale oggi di quanto non lo fosse 40 anni fa. Tra il 1980 e il 2017, infatti, l’1% della popolazione più ricca ha visto accrescere il suo reddito due volte più velocemente del 50% della popolazione più povera guadagnando nell’ultimo anno circa l’11% del reddito europeo. Nel 2017, il 10% della popolazione più ricca ha guadagnato il 34% di tutto il reddito europeo mentre nel 1980 ne guadagnava il 30%.

Sebbene in Europa le disuguaglianze siano aumentate, siamo riusciti meglio degli Stati Uniti a creare una crescita inclusiva. Infatti, nel nostro continente, la metà più povera della popolazione ha comunque visto salire il suo reddito medio del 40% mentre negli Stati Uniti, i più poveri, hanno sostanzialmente lo stesso reddito di 30 anni fa. In Italia gli andamenti sono simili alle altre grandi economie europee (come Francia, Germania, Spagna), ma comunque il quadro generale dimostra che bisogna fare di più.

In qualità di presidente del Cese, sto investendo molto per far sì che l’agenda dello sviluppo sostenibile, che muove dalle decisioni assunte in sede di Nazioni Unite nel 2015 e poi riprese dall’Unione Europea, diventi la strategia centrale del prossimo decennio, all’orizzonte del 2030. Nel prossimo decennio, dobbiamo mettere il turbo per creare un vero e proprio Rinascimento, come quello che ha permesso l’avvento dell’era moderna nel secolo di Leonardo da Vinci, di cui festeggiamo il cinquecentesimo anniversario della morte, proprio quest’anno. Abbiamo bisogno di quello che chiamo una rEUnaissance.

L’agenda 2030 è la strategia che ci permetterà di realizzare questa rEUnaissance, perché è una strategia win-win per imprenditori, sindacati e per tutti i cittadini. Gli imprenditori europei rafforzeranno la loro competitività a livello mondiale se saranno in grado di primeggiare nei settori legati allo sviluppo sostenibile (economia circolare, energie rinnovabili, automobili elettriche).

Ma soprattutto l’agenda dello sviluppo sostenibile è anche una straordinaria agenda sociale, che potrebbe proprio essere il contratto sociale del XXI secolo, i cui contorni sono già tracciati da un gran numero dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (i famosi “Sustainable Development Goals”) : no alla povertà (Sdg 1); sì ad un’educazione di qualità accessibile a tutti (Sdg4), sì ad un lavoro decente per tutti e ad una crescita economica (Sdg 8), sì ad una drastica riduzione delle disuguaglianze sociali, che minano la coesione sociale e le nostre democrazie (Sdg 10).

Negli ultimi anni, il Cese è stato molto attento alla dimensione sociale del progetto europeo. Tale attenzione si è concretizzata in tre iniziative: la prima è stata quella di accompagnare tutto il percorso, di costruzione prima e di adozione dopo (nel corso del Vertice sociale di Göteborg del 17 novembre 2017), del Pilastro europeo dei diritti sociali. Come Cese, stiamo ora spingendo in maniera risoluta affinché il Parlamento europeo e soprattutto il Consiglio adottino gli strumenti legislativi che la Commissione ha adottato, nella scia delle decisioni di Göteborg.

Oggi abbiamo una direttiva sulla conciliazione vita professionale-vita familiare e ne avremo una sulle condizioni di lavoro in un mercato occupazionale in trasformazione ed infine assisteremo alla creazione dell’Autorità del mercato del lavoro, strumento utilissimo per gestire la partita del distacco dei lavoratori. Taluni avrebbero auspicato progressi ancora più sostanziali nel campo sociale, ma io ritengo che il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker abbia davvero rilanciato l’agenda sociale.

Ora dobbiamo consolidare questo rilancio ed imprimergli nuovo vigore. Le nostre società devono adattarsi allo stesso tempo alla globalizzazione, al cambiamento climatico, alla rivoluzione digitale.

Andando a votare dobbiamo evitare di essere manipolati. È inutile sottolineare che la crisi sociale è stata sfruttata da nazionalisti e populisti. Che sia chiaro: una svolta autoritaria ci farebbe tornare indietro, non andare avanti. Ecco perché queste elezioni, più delle altre, sono cruciali per le generazioni future.

Come scrisse la scrittrice inglese JK Rowling, «non abbiamo bisogno della magia per cambiare il mondo: abbiamo già dentro di noi tutto il potere di cui abbiamo bisogno, abbiamo il potere di immaginare le cose migliori di quelle che sono». Questo è il mio augurio e convinzione per la prossima legislatura.


*Luca Jahier è presidente del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese)


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