Attivismo civico & Terzo settore

Nicita (Agcom): «Vietare la pubblicità non significa vietare il gioco»

Linee guida dell’Agcom sul divieto di spot e sponsorizzazioni dell'azzardo hanno fatto discutere. Abbiamo chiesto ad Antonio Nicita, commissario dell'Autorità, di spiegarci i nodi, risolti e irrisolti, del provvedimento. «Vietare la pubblicità non significa vietare il gioco e nemmeno lasciare il giocatore senza informazioni ex-ante. Bisogna evitare quella che gli economisti chiamano selezione avversa, lasciando senza informazioni chi abbia deciso di giocare»

di Marco Dotti

La pubblicità dell'azzardo legale è stata ufficialmente vietata dall'articolo 9 del "Decreto dignità", approvato l'estate scorsa. Un divieto che dovrebbe diventare pienamente operativo il 14 luglio prossimo, quando scadrà il periodo di transizione previsto dalla norma per i contratti in essere prima dell'approvazione del decreto stesso. Dovrebbe inoltre scadere anche lo spazio di "tolleranza" per le sponsorizzazioni dei brand di scommesse per le squadre di calcio. Sarà così? Le cose sembrano – e sono – sempre più complicate di quanto a prima vista appaiano.

Nel frattempo, Agcom, l'Autorità garante per le comunicazioni a cui la legge ha attribuito la funzione di controllo, ha emanato delle Linee guida che, a noi, sono parse porose ed eccessivamente malleabili rispetto alla ratio della norma. Abbiamo chiesto al professor Antonio Nicita, che insegna Politica Economica presso l'Università La Sapienza di Roma e si è insediato come Commissario Agcom nel gennaio 2014, di chiarirci i dubbi e indicarci le questione a tutt'oggi aperte.

Professor Nicita, partiamo dalle Linee guida, che cosa sono?
Mi permetta di dire che, al riguardo, ci sono state alcune interpretazioni errate o forzate, in un senso o nell’altro. Dal punto di vista giuridico, generalmente, funziona così: una norma stabilisce dei principi e attribuisce l’enforcement a un’autorità. Poiché la norma è di carattere generale, l’autorità emana un regolamento per disciplinare i sotto casi e l’articolazione del presidio normativo, anche per dare certezza giuridica ai soggetti interessati dalla norma.

In questo caso, però, la norma contenuta nel Decreto Dignità è molto netta e definita, nel senso che definisce e copre molti casi (l’insegna, il marchio, le sponsorizzazioni) e li vieta…
Infatti da subito in Agcom non siamo andati nella direzione di un regolamento, proprio perché la norma è molto chiara e assoluta. Peraltro l’Autorità, anche con apposite occasioni di confronto pubblico alle quali ad esempio abbiamo invitato un esperto come il prof. Luigino Bruni, ha in passato sottolineato la necessità di intervento sulla pubblicità dei giochi d’azzardo in tv.

Siamo quindi andati nella direzione delle Linee guida, dopo una lunga e ricca consultazione, che sono più generali, flessibili e adattabili in via evolutiva, anche a seguito dei casi concretamente osservati.

A nostro avviso servivano delle linee guida perché le tipologie di giochi sono moltissime e diverse in termini di pubblicità, informazione, luoghi di gioco, soggetti coinvolti (la schedina non è uno skill game, una scommessa non è un Gratta & Vinci). Date queste linee guida, l’enforcement si realizzerà caso per caso, con opportune correzioni di tiro, e si definirà in progress, in base alle segnalazioni che arriveranno all’Agcom e che ci aiuteranno a definire categorie di casi sempre più tipizzate.

Ci sono però delle eccezioni contemplate dalle Linee guida?
La prima eccezione che è stata valutata è quella della mera insegna. Qui si intende un’insegna che non deve indurre al gioco, che non dovrebbe cioé costituire un elemento di pubblicità al gioco d’azzardo. La seconda eccezione, che voi su Vita avete evidenziato, è la differenza fra pubblicità e informazioni commerciali che però abbiamo caratterizzato come un’esigenza che va poi specificamente definita nei casi concreti, in funzione del tipo di gioco.

Occorre evitare due rischi, in qualche modo opposti: evitare che l’informazione sulle modalità e sulla natura del gioco d’azzardo sia una forma occulta di pubblicità, ma anche evitare che eliminando ogni tipo di informazione utile a illustrare il tipo di gioco si finisca per sottrarre elementi informativi essenziali a coloro che intendano comunque giocare. Sappiamo bene quanto questa distinzione dia difficile e per questa ragione abbiamo solo delineato il principio.

Vietare la pubblicità non significa vietare il gioco e nemmeno lasciare il giocatore senza informazioni ex-ante. Bisogna evitare quella che gli economisti chiamano selezione avversa, lasciando senza informazioni chi abbia deciso di giocare.

Ex post, ex ante

Come distinguere pubblicità e informazioni utili?
Le informazioni commerciali sono informazioni su come si gioca, su cosa si rischia, e non solo su cosa si vince, ma anche su cosa si perde. In teoria questo tipo di informazioni dovrebbe essere indirizzato a coloro che già abbiano deciso di giocare. Mi spiego: se un soggetto vuole giocare a un gioco, chiedo informazioni su quel gioco. Naturalmente tra il caso teorico e la pratica c’è una zona grigia difficile da determinare.

Vietare la pubblicità non significa vietare il gioco e nemmeno lasciare il giocatore senza informazioni ex-ante. Bisogna evitare quella che gli economisti chiamano selezione avversa, lasciando senza informazioni chi abbia deciso di giocare

Antonio Nicita

La questione, dunque, se non capisco male è: come si fa a decidere che gioco giocare se non conosce il gioco?
È proprio questo il punto e qui sta la difficoltà. Ed è per questo che bisogna distinguere, in concreto, i vari tipi di gioco e i vari casi. Generalmente, ci si informa andando in luoghi, fisici o online, specifici o attraverso il passaparola. Le informazioni commerciali vengono ex post, ovvero dopo che un soggetto abbia segnalato o rivelato, con le proprie azioni, che intenda giocare o anche che abbia almeno intenzione di informarsi sul gioco. Mentre la pubblicità è una comunicazione sintetica e accattivante che avviene ex ante, si rivolge ad un pubblico indistinto che include soggetti che, in assenza di richiami e segnalazioni, magari non avrebbero scelto di giocare.

Cartelloni, insegne, spot

Vede dei problemi in questa impostazione?
Nel caso di un gioco online tutto questo è più facile da disciplinare, perché Agcom potrebbe ad esempio agire come nel caso dei servizi premium che vengono offerti dagli operatori di comunicazione per i quali è previsto un doppio click che confermi la volontà dell’utente e dia la possibilità di abbandono senza costo in caso di errore. Online o in giochi digitali è facile avere una tracciabilità del fatto che il soggetto prima ha chiesto e, poi, riceve l’informazione e la proposta di gioco. Le cose si complicano se passiamo a un ambiente fisico, un tabaccaio o un bar. In questo caso è davvero difficile stabilire se l’informazione è arrivata prima o dopo la richiesta del soggetto. La mia risposta potrebbe essere quella di trovare, per ogni tipologia di gioco, una soluzione concreta a questo problema e tipizzarla, avendo in mente i principi stabiliti dalle linee guida.

Tutti i cartelloni con le vincite esposti nelle tabaccherie («vinti 1000 euro», etc.) sono informazione o pubblicità secondo Agcom?
Si tratta, mi sembra, di iniziative artigianali dei rivenditori che non hanno contenuto informativo, in quanto andrebbe anche detto allora quanti giocatori hanno perso. Si tratta quindi sicuramente di forme di pubblicità, per quanto auto-organizzate e pertanto sono escluse dalle eccezioni delle linee guida. Diverso appare invece il caso delle quote esposte nelle sale scommesse, che sono luoghi deputati a quello. Quindi il contesto è rilevante. Per quello che riguarda i luoghi specifici dedicati al gioco, varcata una soglia, quindi avendo accettato di entrare in quell’ambiente per giocare le informazioni a quel punto appaiono necessarie per il gioco stesso.

Questa distinzione fra locali specializzati e generalisti, che oggi è ancora porosa (pensiamo a tabaccai, bar, autogrill), non regge però per quanto riguarda la pubblicità sulle reti televisive dove tutto è generalizzato. La distinzione a mio parere diventa veramente problematica: non ci sono soglie da varcare, tutti sono esposti a tutto e persino un’informazione apparentemente tecnica può diventare un fattore scatenante per cadere o ricadere nella spirale dell’azzardo…
Non c’è dubbio che oggi la situazione è molto complessa e variegata, ma sono convinto che proprio la tipizzazione consentirà chiarezza e selezione, man mano che l’Autorità interverrà. Il problema, sui canali tv, si pone a mio avviso per le trasmissioni televisive dedicate a giochi, anche quelle peraltro molto variegate e differenziate, anche tra canali nazionali, sui quali peraltro l’Autorità è già attiva con il proprio monitoraggio, ed emittenti locali. O per le trasmissioni che, al loro interno, hanno spazi dedicati alle scommesse. Ma anche qui il punto è arrivare a una mappa di decisioni che, nel concreto, definisca il territorio del divieto e ci faccia capire quali sono le esatte caratteristiche di una pubblicità e quali quelle di una informazione secca e non persuasiva, magari integrando con un suggerimento che pure è pervenuto sulle informazioni circa i rischi concreti di vincere ma anche di perdere.

Pubblicitò o informazione? La questione è aperta

È il problema della commistione fra calcio e scommesse, su cui si è arenato, fino all’articolo 9 del Decreto Dignità, ogni tentativo di bloccare completamente la pubblicità. Per far salvo questo binomio (calcio e scommesse) si tentò anche di distinguere fra “reti generaliste” e non, con la conseguenza di creare zone franche, anche rispetto ai limiti orari del divieto precedente quello del luglio scorso…
Una possibile soluzione è che nei luoghi fisici “generalisti” non possa essere fatta pubblicità, mentre possa essere fatta informazione (inlcuse d esempio le quote) nei luoghi specializzati. Il caso si complica laddove in luoghi “generalisti” siano previsti spazi specializzati. Anche qui il tema, a normativa vigente, è evitare che il divieto alla pubblicità si traduca in divieto al gioco.

Lo stesso deve valere, a mio avviso, per i canali televisivi, dove la comunicazione però deve avere certe caratteristiche altrimenti ricadrebbe nel divieto. Il vero punto discriminante sarà la casistica e la tipizzazione del divieto, che avverrà quando arriveranno le segnalazioni ad Agcom e e decisioni che terranno conto del contesto specifico. Si crea un caso, si decide e si crea il precedente: immagino che ci sarà un tabaccaio o un direttore di rete che, rivolgendosi a Agcom, chiederà “posso mostrare questo cartello? Posso comunicare questa cosa?” , arriveranno segnalazioni e Agcom si pronuncerà.

Nel caso del cartello del tabaccaio quale sarà la risposta?
A mio avviso nel caso del cartello del tabaccaio, la risposta non potrà che essere negativa se l’informazione si configura come induzione o almeno come informazione parziale. Nel caso della televisione, si dovrà capire meglio il discrimine tra informazione e pubblicità che è molto sottile secondo me, da sempre e non solo per i giochi. In linea generale, però, direi di concentrarci sulle quattro famiglie problematiche che abbiamo affrontato in Agcom:

  1. la questione “pubblicità” e luogo fisico del gioco, in particolare sul tema delle insegne. Abbiamo in questo caso trovato ragionevole che un’insegna informativa di un locale di gioco non si configuri come pubblicità, salvo ovviamente i casi contrari;
  2. la distinzione fra pubblicità e modalità di gioco e fra informazione date ex posted ex ante. Ci rendiamo conto sia una distinzione problematica, ma andava fatta: potremmo pensare che nessuna informazione possa essere data ex ante, ma solo su richiesta del soggetto. Nella nostra intenzione l’informazione viene data sempre a chi abbia deciso di informarsi o di giocare, ma dobbiamo stabilire una casistica;
  3. le informazioni specifiche sulle scommesse, sia nei luoghi “generalisti” sia nelle trasmissioni “generaliste” devono essere monitorate e vanno capite e definite le specifiche condizioni all’interno delle quali queste informazioni possono essere date senza diventare tutt’altro, ovvero promozione e pubblicità del gioco a un pubblico indistinto;
  4. le televendite. A parte la mia personale contrarietà al concetto di televendita come chiaramente separato dalla pubblicità, il problema è che in Italia questa categoria si è configurata, anche nei casi storici affrontati da Agcom, come qualcosa di diverso rispetto alla pubblicità e cioè come esecuzione di un contratto di compravendita. Nel caso dle gioco il discrimine è poroso e personalmente su questo discrimine nutro personalmente dei dubbi, perché vedendo un tizio che vince si può generare induzione al gioco. E’ una mia valutazione personale, ma è un tema sul quale immagino si dovrà ragionare sui casi specifici.

Queste sono le aree più problematiche.

Web e oltre

Sul tema dell’indicizzazione sul web cosa possiamo dire?
Una cosa molto semplice e chiara nella formulazione delle linee guida: sui social e sui motori di ricerca, se ricerco il sito della società di gioco come risultato dell’algoritmo e non come risultato della sponsorizzazione non siamo nell’ambito del divieto. Il sito sponsorizzato è vietato, ma l’indicizzazione normale che non sia il risultato di finanziamento dello sponsor non rientra in questo caso.

In sintesi come possiamo definire l’approccio al divieto di pubblicità da parte delle Linee guida?
Essendo delle linee guida possono evolvere caso per caso. L’approccio è stato comunque quello di non aprire varchi nel divieto, ma operare in chiave analitica tutti gli aspetti evitando che divieto alla pubblicità significhi divieto o impossibilità di gioco da un lato o divieto a fornire informazioni a giocatori intenzionali potenziali dall’altro e poi lavorare caso per caso, creando una serie di precedenti concreti e tipizzati che permettano a tutti di orientarci meglio. La legge ha dato a Agcom il potere di controllo, ma – a meno di casi particolari – data la vastità del territorio nazionale e delle modalità di gioco non si potrà che agire su segnalazione, in particolare coinvolgendo la Guardia di Finanza.

È evidente che facendo le prime decisioni su casi tipizzati, chiariremo i casi specifici e questo chiarimento detterà la linea operativa per tutti, anche sui territori. Il contributo di tutti i soggetti interessati a vario titolo, dalle società alle associazioni, sarà per noi prezioso.


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