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Raccogliere fondi con l’emotional fundraising

Basate sulle neuroscienze e il funzionamento del “limbo”, alcune tecniche che puntano a emozionare i potenziali donatori si dimostrano spesso efficaci. Il Csv di Reggio Emilia ha attivato uno specifico servizio di consulenza

di Redazione

Le emozioni generano azioni: cioè fanno agire e, in alcuni casi, reagire. E sono uno strumento fondamentale del volontariato per promuovere non solo le attività ma anche le raccolte fondi. Per queste ultime sono anzi l’elemento che può fare la differenza: senza provare emozioni non si può decidere di donare. Ne sono così convinti al Csv “Dar Voce” di Reggio Emilia, che hanno attivato ogni martedì pomeriggio uno specifico servizio di consulenza proprio sulla così detta emotional fundraising, la raccolta fondi emozionale.

L’idea si riferisce ad alcuni studi sulle neuroscienze che hanno conferito una base oggettiva al funzionamento della parte del cervello che si chiama “limbo”. È quella che guida in noi la percezione di sensazioni come la felicità, la sorpresa, la rabbia, la tristezza, la paura: i principali motori della nostra azione. Le neuroscienze hanno così aperto la strada a una vera e propria rivoluzione, influenzando il modo di fare raccolta fondi.

“Quando un’organizzazione di volontariato propone la propria causa – dice Diletta Naldoni, che con Anna Ganapini e Cecile Derny si occupa del servizio nel Csv – deve emozionare il più possibile la persona che ha difronte, deve ‘trasmettere solidarietà’. Attraverso l’emotional fundraising si cerca di diffondere il messaggio attraverso codici subliminali legati a forme, colori e suoni, affinché arrivi alle persone e permetta loro di capire l’oggetto della donazione”.

Secondo Dan Hill, autore di “Emotionomics: leveraging emotions for business success” (2007), ciascuna delle sensazioni sopra elencate permette di capire la persona a cui ci rivolgiamo e come poterla sensibilizzare, creando un rapporto di fiducia che si fortifica nel tempo. “Lo schema di una campagna di raccolta fondi, – continuano le operatrici di Dar Voce, – dovrebbe quindi includere: il bisogno/problema (con vari aspetti emozionali fra cui la rabbia, la paura, la sorpresa); la risposta o soluzione (che dovrebbe trasmettere emozioni positive connesse alla felicità, al sentirsi bene tramite la risposta possibile); la richiesta di una donazione (per sostenere la soluzione presentata e alleviare, curare, migliorare il bisogno o il problema).

Nella raccolta fondi, insomma, la razionalità determina solo in parte le scelte dei cittadini: il ruolo che il Csv propone è dunque spiegare e far adottare le tecniche esistenti per attivare le emozioni dei possibili sostenitori del volontariato.


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